L'ANALISI
21 Ottobre 2023 - 07:48
CREMONA - «La cultura va cambiata, ma con una educazione della sicurezza vera: non ci sono categorie sulla strada, ma ci sono persone, c’è un padre, una madre, un nonno, un figlio e non c’è l’automobilista o il ciclista». A dirlo è Marco Scarponi, presidente della Fondazione Michele Scarponi, ospite ieri pomeriggio in redazione a La Provincia di Cremona e Crema. La Fondazione è nata nel 2018 con la finalità di ricordare il campione di ciclismo attraverso progetti che hanno come scopo la sensibilizzazione e l’educazione a un corretto comportamento sulla strada. «Il tema è complesso – ha spiegato Marco Scarponi – e riguarda quotidianamente tutti. La questione è culturale: se l’Italia fa peggio di altri paesi è perché è sbagliato il nostro approccio alla strada. Abbiamo legittimato comportamenti errati, giorno dopo giorno, che portano alla fine a scontri che sono violenze, omicidi. Noi siamo ad esempio un paese che uccide sulle strisce pedonali. Il lavoro da fare è lunghissimo, proprio perché è culturale e deve iniziare a farci vedere la strada da un altro punto di vista».
Su quali aspetti ritiene necessario un intervento per riuscire a cambiare proprio questa prospettiva di comportamento stradale per una vera sicurezza?
«Se guardiamo ad esempio il modello inglese, vediamo che i pilastri sono i controlli, l’educazione e le infrastrutture, come l’adeguamento e la manutenzione: noi invece siamo deficitari in tutti questi aspetti. Prima iniziamo e prima arrivano i risultati. Lo Stato deve essere il locomotore che traina questo cambiamento. Come lo è stato ad esempio anche in Spagna, con una politica precisa e decisa sulla sicurezza stradale. Come fare da noi? Sarebbe ora di iniziare un vero lavoro educativo strutturato nelle scuole, già a partire dalla materna, e farlo a tappeto. Vanno aumentati i controlli. E poi c’è da compiere un lavoro importante di comunicazione. Non vedo in televisione spot su questo argomento, oppure, quando ci sono non colpiscono, non hanno l’impatto che invece devono avere. Eppure, in Italia la violenza sulla strada è la prima causa di morte per le persone sotto i 50 anni».
A Cremona si è puntato molto sulle ciclabili: bastano per risolvere il problema della sicurezza stradale?
«Le ciclabili servono, vanno bene, ma bisogna distinguere i ciclisti, perché non sono tutti uguali, c’è chi usa la bicicletta per andare a fare la spesa, chi fa il cicloturista e chi per sport e le necessità sono differenti. E non possiamo neppure pensare che si possano fare ciclabili ovunque. È la cultura di base della strada quella che va cambiata. E dobbiamo poi pensare che è il ciclista a non essere protetto. Ciò non significa che deve essere maleducato, ma anche lui deve rispettare le regole, che però vanno aggiustate. Abbiamo disegnato strade per le auto e non per le biciclette. Poi è evidente che c’è l’educazione e deve essere uguale per tutti. Però noi siamo abituati a guardare l’altro sempre dal nostro punto di vista, chi è in auto guarda chi va in bici e viceversa: è la cultura di base che va cambiata e bisogna creare una sicurezza vera».
La Fondazione Michele Scarponi da cinque anni sta lavorando in prima linea su questo importante tema: è cambiato qualcosa in quest’ultimo periodo?
«Sono cinque anni che giro l’Italia, incontro i ragazzi nelle scuole, e dico che certe parole stanno cambiando, anche se al momento non ci sono ancora risultati sul campo. Però almeno si parla di città a 30 km/h, di quanto sia orribile morire sulla strada. C’è da iniziare a fare capire a tutti che non è un incidente quello che succede sulla strada, ma una violenza, perché non si spiegano in modo diverso i numeri. Si sta muovendo qualcosa. E lo Stato ha progetti, che deve applicare, anche se si scontrano con una cultura che pensa al parcheggio o vuole togliere l’autovelox. Il lavoro da fare è togliere l’idea dell’automobile dal centro della strada e metterla insieme agli altri protagonisti e iniziare a capire che tutti quanti devono conviverci. Si mette al centro solo l’automobile e il più debole si deve adeguare al più forte: bisogna iniziare a rimodulare lo spazio, anche per iniziare a vedere le nostre città più belle».
La sua presenza a Cremona è stata voluta dal Comitato provinciale: c’è sempre un appoggio dal mondo sportivo alle iniziative sul tema della sicurezza stradale?
«Dico che finalmente la Federazione sta ampliando la visione, perché si parla di un tema che riguarda tutti sulla strada e i corridori stanno sulla strada ogni giorno. Federciclismo deve iniziare a fare questo lavoro come priorità, perché ci sono sempre meno bambini che praticano questo sport e il motivo è strettamente legato alla sicurezza, e poi perché muoiono anche ciclisti tesserati. Sono molto contento quando vengo invitato, come a Offanengo, dai presidenti della Federazione, ma il ciclismo sportivo deve iniziare a intervenire su questa problematica in modo deciso. Ed è ora di iniziare a fare gruppo tutti insieme, non soltanto divisi, perché deve esserci una vera forza che richiama questo cambiamento culturale».
Il tema “La strada è di tutti, a partire dal più fragile. Educazione al corretto comportamento stradale” è stato al centro del convegno che si è svolto ieri sera nella sala polifunzionale dell’oratorio San Giovanni Bosco di Offanengo. Una serata informativa che è stata organizzata dal comitato provinciale in collaborazione con il gruppo sportivo Avis di Offanengo del presidente Angelo Oneta, il comitato regionale e la Fondazione Michele Scarponi. Oltre a Marco Scarponi, hanno presenziato il dibattito diversi volti noti del mondo del ciclismo, campioni ed ex campioni, così come membri della Federazione.
Numerosi gli sportivi e appassionati di ogni età presenti in sala, un pubblico che ha seguito con grande interesse i punti dibattuti durante la serata offanenghese. Sono intervenuti i presidenti di Federciclismo, Antonio Pegoiani per il comitato provinciale e Stefano Pedrinazzi per il regionale. In apertura anche il saluto istituzionale di Gianni Rossoni, sindaco di Offanengo. Il focus dell’argomento della sicurezza stradale e mobilità sostenibile è stato sviluppato da Marco Scarponi. Un tema su cui sono intervenuti l’ex ciclista professionista, due volte campione del mondo nel 1991 e 1992, Gianni Bugno, il commissario tecnico della nazionale della pista Marco Villa, le due campionesse cremonesi Marta Cavalli e Federica Venturelli. La serata di sensibilizzazione ha fatto emergere e consegnato al pubblico importanti temi di riflessione per una sicurezza stradale che richiede un cambio culturale.
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