L'ANALISI
08 Febbraio 2023 - 05:25
CREMONA - Rodimenti, Diabete, Il porto dell’ansia, La caduta dei capelli, Horror vacui, Mezza pensione, Natali di sangue, Il gomito del diavolo, Troppo tardi?, Una pensione e mezzo. Sono i titoli dei capitoli della vita di un uomo che si autodefinisce «Il facendo finta» e che «corrispondeva in tutto agli obiettivi che non si era dato». E sono, soprattutto, i titoli di alcuni dei capitoli del libro nichilista, parzialmente autobiografico, scritto sul filo dell’ironia che spesso vira nella comicità, «Per futili motivi», di Sapo Matteucci, giornalista al suo esordio come romanziere dopo una lunga lista di libri «oggettivi», come li definisce, di cucina e cibo, oltre a una felice incursione nel cinema: con Nicolò Bassetti ha scritto «Sacro Romano Gra», dal quale il registra Gianfranco Rosi ha tratto il film «Sacro Gra», Leone d’oro alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2013. Matteucci ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista per la rubrica «Tre minuti un libro» online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.
«Questo romanzo registra quello che accade in una una famiglia di oggi cosiddetta disfunzionale 2.0: genitori avanti negli anni inseguono una figlia quindicenne particolarmente vivace, con la sua educazione digitale, con i suoi primi amori, indisciplinata, che li rende molto ansiosi. Su questo sfondo ci sono animali domestici, cani e un coniglio e la vita quotidiana». Un capitolo dopo l’altro, le sventure non mancano di certo al povero protagonista, «un uomo al tramonto» - come scrive Sandro Veronesi nel risvolto del libro - che ha lasciato il lavoro e pensa di trovare la libertà perché sa che esiste la libertà da e non quella di, il cui mito è essere come Oblomov».
Ovvero, il personaggio dello scrittore russo Ivan Aleksandrovič Gončarov che illuminandosi di pigrizia, conduce una vita estatica. «Un uomo - prosegue Matteucci- che faceva dell’inettitudine e dell’immobilità una bandiera, diventando una sorta di nichilista bonario. E che pensava che non valesse la pena di vivere cercando di affermarsi, di arricchirsi, e che, addirittura, l’amore fosse un’attività troppo onerosa. Uno dei primi grandi antieroi della letteratura moderna». Il protagonista di «Per futili motivi» voleva diventare tutto questo, invece è costretto a fare molto perché, come la moglie peraltro, è impotente di fronte alla figlia.
Quest’uomo rappresenta in qualche modo l’uomo d’oggi? «No, è l’altra faccia dell’uomo d’oggi, cioè l’archetipo di un uomo stanco di tanti falsi idoli o di falsi miti. Un uomo che aveva la vocazione alla letteratura, ma che non è mai riuscito a portarla fino in fondo. Sente che la vita nella letteratura lo aiuterebbe a vivere meglio nella vita reale». La cifra stilistica di questo libro è effettivamente l’ironia nel senso che alla fine l’ironia ci salverà… «Forse per riuscire ad andare fuori da certe angosce è meglio scherzarci su e vivere nel limbo dell’incertezza. Tutte le volte che ho deciso nell’immediato ho sbagliato. Il mio protagonista assomiglia a quello del Colibrì di Sandro Veronesi, uccello che non fa che agitarsi per restare fermo. Con una differenza, che il mio personaggio pensa sempre, come dice Ungaretti, che un’illusione possa farci coraggio, invece quello di Veronesi nemmeno si illude, però agisce» conclude Matteucci.
«Madri, padri, cani, figli, conigli, rotture di co... danzano in queste pagine con traboccante, dissipante vitalità, descritti da un occhio che ama senza alternative e da una lingua che batte con grazia le piste della grande letteratura», scrive Veronesi del romanzo, che - continuando nella citazione- «racconta senza infingimenti il tramonto di un uomo - il suo tramonto - come solo grandi scrittori ogni tanto riescono a fare, alla fine della loro carriera. Solo che della carriera di Sapo Matteucci questo romanzo è l’inizio, perché si tratta del suo esordio. Nella zona di guerra più banale e crudele della nostra avventura terrena, la famiglia, là dove ogni cosa è destinata a diventare conflitto, recupera la gioia originaria che tutti perdiamo di vista, quella dell’essere al mondo, e canta il legame esilarante e struggente con tutto ciò che al mondo lo trattiene».
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