L'ANALISI
13 Settembre 2025 - 11:17
CREMONA - Interpretare l’improvvisazione. È un apparente paradosso quello andato in scena ieri sera al teatro Ponchielli con l’esecuzione dello storico Köln Concert di Keith Jarrett a cura di Maurizio Baglini, musicista classico qui alle prese con una delle opere più celebri di sempre quando si parla di album per pianoforte jazz.
Che l’occasione sia di quelle che poche volte capitano, lo suggerisce anche il particolare e temporaneo assetto della sala. Il pianoforte è posizionato al centro della platea, spoglia di poltrone a causa dei lavori di rinnovamento.
Il pubblico presente quindi circonda e troneggia sul musicista e il suo strumento in una transitoria sospensione degli ordinari equilibri del teatro. La storia del Köln Concert è nota anche fra i non appassionati: nel 1975 Jarrett arriva a Colonia per tenere un concerto. Lui è esausto, il pianoforte che trova sul palco (diverso da quello richiesto) è scordato e con un pedale rotto. Si è a un passo dalla cancellazione all’ultimo minuto, ma un’accordatura d’emergenza e le parole dell’organizzatore spingono Jarrett ad esibirsi comunque.
Il concerto, totalmente improvvisato, verrà registrato e pubblicato in un album destinato a scrivere la storia della discografia jazz. Seguiranno richieste di trascrizioni, richieste alle quali Jarrett si opporrà spiegando che il concerto «doveva andarsene così come era venuto». Ma anche in questo caso cambierà idea. Baglini, pianista molto apprezzato a livello internazionale, convinto sostenitore di un pianismo rigoroso ma capace di rinnovare le modalità di approccio al pentagramma, offre - insieme a una musica splendida e senza tempo - una implicita riflessione sulla trascrizione e sulla riproposizione di un’opera frutto dell’arte di un momento, un dialogo a distanza, forse, anche fra classica e jazz.
Un gioco di specchi, dato che lo stesso Jarrett pubblicò numerosi album di musica classica (da critico verso quei musicisti classici che vedeva come troppo ingessati) soprattutto per l’etichetta Ecm.
È stata una serata speciale per tanti motivi: rara è infatti l’occasione per vedere il teatro privo dei posti a sedere in platea, con l’intera area adibita a palcoscenico, mentre l’intero ricavato dell’appuntamento, molto partecipato tanto da aprire il loggione, andrà a sostenere l’intervento di sostituzione delle poltrone e dei velluti. Tanti gli smartphone alzati prima dell’inizio del concerto per immortalare un colpo d’occhio difficilmente dimenticabile sulla sala, dominata dal paglierino del legno e dalla grande macchia scura del pianoforte visto dall’alto.
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