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Pandiani, la banda Ventura ha fame di verità

Da latitanti a investigatori: è la quarta avventura della ‘squadra’

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

11 Giugno 2025 - 05:30

CREMONA - Possono quattro ex galeotti super ricercati in Francia trasformarsi in sagaci investigatori capaci di risolvere misteri che la polizia non ha saputo risolvere per incapacità o per mancanza di volontà? Assumersi cioè la missione di dare giustizia a delle vittime di crimini dimenticati? La risposta è se, in qualche modo, sono costretti a farlo da un misterioso uomo, Numero Uno. Un ex poliziotto che non accetta il fatto che serenamente in libertà ci siano colpevoli di omicidi. Costretti in quanto costui sa esattamente chi sono sono e da dove vengono e li ricatta: o lavorano per lui o li denuncerà facendo saltare le coperture che sono riusciti a darsi costruendosi nuove identità e vite finalmente felici in Italia, a Torino più precisamente.

PREMIO SCERBANENCO

Loro sono la cosiddetta banda Ventura, dal cognome del componente che hanno ‘eletto’ come ‘guida’. Oltre a lui, che di nome fa Max, ci sono Abdel Solani, Sanda Giordano e Vittoria Merz. Uomini e donne segnati da scelte difficili e da un passato scabroso a cui la vita ha dato ora una seconda occasione. Li ha creati Enrico Pandiani, già autore della fortunata serie Les Italiens e di quella della detective Zara Bosdaves, e ora, con ‘Rimorsi’ sono alla quarta indagine. Il primo episodio, ‘Fuoco’, gli ha fruttato il prestigioso Premio Scerbanenco.

IL RICATTO DI ‘NUMERO UNO’

«Quello che mi interessava - spiega -, oltre a scavare nella personalità di questi quattro personaggi, era l’idea che il nuovo impegno fosse per loro l’obbligo a scontare la condanna che non hanno trascorso in galera. Attraverso questo lavoro, che per evidenti motivi deve per forza rimanere sotto traccia, scatterà in tutti un desiderio di redenzione, di rimettere cioè le cose a posto, per se stessi e per i morti ancora in attesa di verità». Devono compiere un’operazione che li porta a riflettere anche sul limite invalicabile fra la legge e la giustizia, sempre molto difficile da individuare. «Non è detto che i due concetti vadano insieme sempre, anzi uno potrebbe escludere l’altro». Cosa unisce il ritrovamento di un cadavere occultato per anni dentro un muro, un enigmatico incidente d’auto, un inafferrabile pirata della strada, una famiglia disgregata, una rapina sanguinosa e un misterioso club per scambisti? Nulla. O meglio, nulla in apparenza. Perché il bandolo della matassa c’è, è lì a portata di mano. Manca solo qualcuno sveglio abbastanza da saperlo afferrare. Perlomeno finché non entra in campo Numero Uno, l’impenetrabile capo dell’agenzia investigativa Best che spedisce gli ex criminali a ricomporre le tessere di un complicato puzzle.

QUATTRO VITE PERICOLOSE

Max, Abdel, Sanda e Vittoria si ritrovano ancora una volta a cedere al ricatto e a mettere a repentaglio la loro stessa vita per non perdere ciò che a fatica sono riusciti a costruire: un’esistenza normale, ordinaria, che spazzi via per sempre un passato che bramano di lasciarsi alle spalle. Ma chi sono questi moderni giustizieri? Il loro creatore ce li presenta così: «Max Ventura non è un capo ma una guida, ruolo che gli è stato riconosciuto fin dall’inizio, forse perché è il vero delinquente del gruppo. Lui rapinava le banche, probabilmente ha ucciso, quindi conosce l’ambiente criminale molto bene e ha un’animaccia nera che ha relegato in fondo alle scarpe, ma che ogni tanto salta fuori e va tenuta ancora sotto controllo. Nella sua nuova vita ha un ristorante che gestisce con la compagna Federica. Poi c’è Sanda, la più giovane, donna di colore ed ex prostituta dal passato terrificante, per la quale le arti marziali sono state un modo di sopravvivenza. È una che non si tira indietro, che si accende subito. Molto colpita dal dolore delle donne, quando lo vede, non riesce a trattenersi. E infatti il prologo del romanzo la vede protagonista di un’azione di vendetta contro uomini che vessano e violentano giovani prostitute. Nella sua nuova vita ha una palestra nella quale insegna le arti marziali assieme a Salvo, il suo compagno».

CATTIVE COMPAGNIE

Il terzo personaggio è l’algerino Abdel. «A farlo finire nei guai la passione straordinaria per le macchine d’epoca. Nel senso che le rubava e aveva messo in piedi un traffico pazzesco; lo hanno beccato, è finito in galera. Nella nuova vita invece possiede un’officina specializzata nella riparazione dei questi gioielli su quattro ruote, lo fa in maniera meravigliosa. Ogni tanto ne compra qualcuna poco costosa, la rimette a posto e la vende. Ha una relazione con un importante avvocato torinese che condivide con lui la passione per le auto d’epoca. Infine c’è Vittoria, il personaggio forse più complesso. Appartiene a un ceto sociale più elevato degli altri. Viene da una famiglia quasi aristocratica con la quale ha avuto incomprensioni insanabili e dalla quale è scappata, andando a vivere a Parigi. Nella Ville Lumière ha però frequentato cattive compagnie e alla fine è stata lei a pagare per tutti. Una donna affascinante, che però non si cura della propria bellezza. Ha una figlia, Matilde, che considera la sola cosa bella della sua vita e alla quale è molto attaccata. Oggi la piccola ha 16 anni, conosce tutto della madre ed è l’esperta informatica del gruppo, che ogni tanto aiuta. Perché lei vorrebbe fare l’hacker. Ma devono anche tenerle una mano sulla testa perché ci si può ficcare nei guai seri facendo quel mestiere lì». Un mix esplosivo ma vincente per un’indagine inquietante.

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