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Beppe Severgnini: la terza età condizione che va saputa indossare

‘Socrate, Agata e il futuro, l’arte di invecchiare con filosofia’: con la consueta ironia (e la complicità della nipotina) il ‘sarto’ ci prende le misure

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

21 Maggio 2025 - 05:25

CREMA - «Credo che questa zona d’Italia in cui noi viviamo, il Cremasco e il Cremonese, sia una grande scuola. Gli anziani in campagna non erano insopportabili, capivano il cambio delle stagioni perché lo vivevano e forse un agricoltore comprende i cambi della stagione della vita più di altri. Ho ancora nella casa di campagna due seggioline, una con scritto FS, che sta per Francesco Severgnini mio bisnonno, l’altra con GS, Giuseppe, mio nonno omonimo. I molto anziani le mettevano accanto al fuoco avendo un compito importante: tenerlo vivo. Erano altri tempi, ma mi sembra che in tutto questo ci fosse una grande saggezza».

Il ricordo è di Beppe Severgnini, cremasco doc e, per usare una citazione contenuta nel libro, «un provinciale internazionale tornato a casa». La premessa così come l’autodefinizione è necessaria per cogliere a fondo il messaggio di ‘Socrate, Agata e il futuro, l’arte di invecchiare con filosofia’, libro-saggio per mesi in vetta alla classifiche di vendita. In un Paese che invecchia, 240 pagine di riflessioni e aneddoti utili per non incorrere nel rischio-umarell, prototipo di anziano saccente che osserva il lavoro altrui con l’aria di quello che le sa tutte. Severgnini ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.

DON'T BECOME AN OLD BORE

La vita, insegna l’induismo, si divide in quattro periodi: il primo serve a imparare, guidati da un maestro; il secondo a realizzare sé stessi; il terzo a insegnare e trasmettere la conoscenza; l’ultimo per prepararsi al congedo. Molti, oggi, non ammettono il quarto stadio. Nonostante l’età, continuano a sgomitare, spingere, accumulare. Inseguono cariche e gratificazioni sociali. Non sanno rallentare, ascoltare, restituire. Con l’aiuto di una nipotina che insegna il disordine quotidiano, Severgnini riflette sul tempo che passa e gli anni complicati che stiamo attraversando.

«Le cose per cui verremo ricordati – scrive – non sono le cariche che abbiamo ricoperto e i successi ottenuti. Sono la generosità, la lealtà, la fantasia, l’ironia. La capacità di farsi le domande giuste». Don’t become an old bore, non diventare un vecchio barbogio: ecco l’imperativo. L’autore invita a «indossare con eleganza la propria età». Per farlo serve anzitutto comprendere il potere della gentilezza, imparare dagli insuccessi, allenare la pazienza, frequentare persone intelligenti e luoghi belli, che porteranno idee fresche. Serve accettare che c’è un tempo per ogni cosa, e la generazione dei figli e dei nipoti ha bisogno di spazio e incoraggiamento. Non di anziani insopportabili. Il problema è tutto lì.

«Un cattivo invecchiamento è prima di tutto un cattivo spettacolo», assicura Severgnini. Che nel risvolto di copertina ammette candidamente che la nipotina Agata «provvede all’educazione del nonno». Il primo comandamento per non mettere in scena il cattivo spettacolo di cui si parlava è proprio nel rapporto nonno-bambina.

Spiega il giornalista scrittore: «È un gioco di specchi in cui entra anche il Socrate del titolo, una brutta statuetta tornata da uno dei miei viaggi di cui Agata, che ha appena compiuto 3 anni, si è impossessata facendone uno dei suoi giocattoli preferiti. Gli ha messo in testa un palloncino a forma di coniglio e gli parla. E quando una bambina nata a Crema nel 2022 parla con un filosofo nato 400 anni prima di Cristo, la saggezza greca per antonomasia, penso che io sono nel mezzo e se quei due si parlano devo cercare di capire cosa si dicono e cosa dicono a me. E la prima cosa è: c’è un modo di invecchiare migliore di altri. Senza Agata, questo libro rischiava di essere noioso. Il merito del successo è suo perché ha una leggerezza e forse anche un ottimismo che solo un nonno guardando una nipotina può sentire». Una leggerezza che porta Severgnini a farsi delle domande terapeutiche su come invecchiare senza fare danni.

Beppe Severgnini con la nipotina Agata sulla Vespa, simbolo di libertà


SORRIDERE DELL’IMPERFEZIONE


Ogni capitolo pone una questione e dà una risposta. La gentilezza, la cura delle parole, il potere della pazienza, tra gli altri. Con una premessa: «Si parte dagli inequivocabili esempi di cattivo invecchiamento. Ti guardi in giro e li vedi. Quelli che alzano la voce, che a una certa età diventano volgari e aggressivi, cinici». Non mancano però segnali divertenti: «Quelli che guidano col cappello, che portano il borsello - a proposito: mia moglie Ortensia me lo ha assolutamente vietato- e bloccano il marciapiede perché per mandare messaggi col telefono abbassano gli occhiali sul naso, si fermano e rallentano l’intera circolazione pedonale».

Su tutto c’è l’antidoto dell’ironia, «un modo di guardare le imperfezioni del mondo e sorriderne. A una certa età è importante». Poi la forza del ricambio. «Quando accompagnavo mio padre per una passeggiata a Crema e vedevamo un neonato, più di una volta si è fermato di fianco alla carrozzina dicendo al bambino o alla bambina ‘Tu arrivi io vado’. E un uomo quasi centenario che dice una frase del genere vuol dire che ha capito tutto. Purtroppo molti altri non se ne fanno una ragione». Le lezioni sono anche altre, come quella sul gioco delle idee con il quale si può rimanere creativi anche in un’età che avanza continuando a farsi domande.

«Se si comincia a disinteressarsi dell’America, del mondo, dell’Europa, poi si finisce per infischiarsene dell’Italia, del suo governo, e poi della regione, della provincia e della città in cui si vive. A quel punto ci si chiude in salotto a mettere in ordine i telecomandi e si è fregati». Sulla strada di un invecchiamento felice si possono incontrare molti i nemici. Primi tra tutti gli stupidi, che Severgnini definisce perfino affascinanti.

«Penso che siano estremamente istruttivi. Basta non esagerare nell’averci a che fare e ricordare sempre anche che sono una delle categorie più pericolose in circolazione perché fanno cose dannose per gli altri e per sé». Altro esercizio consigliato è non farsi contagiare dai rassegnati. «Si dovrebbe provare a incoraggiarli. Non ne posso più di certi miei coetanei per cui tutto va male, tutto fa schifo, tutti sono orribili e basta. Ma non vi ricordate che a vent’anni avevate la luce negli occhi? È una perdita di compassione quella che loro trasmettono. Credo che sotto sotto ci sia una grande ansia, in qualche caso una paura anche giustificata, perché passa il tempo».

Agata nello studio del nonno

IMPARIAMO AD ASCOLTARE

L’arroccamento su se stessi, tra l’altro, porta all’incapacità di capire il valore autentico della libertà. «Rinunciando alla quale si abbandona anche la possibilità di esplorare nuove occasioni, di vivere fino in fondo, delegando ad altri le scelte più importanti. La libertà l’hanno conquistata i nostri genitori e noi abbiamo vissuto una vita in pace, girando, viaggiando, incontrando persone diverse anche nella nostra Italia. Una vita senza guerre. Il progetto di Donald Trump, un anziano problematico che sta alla Casa Bianca, per cui conta solo il potere e a governare è la legge del più forte, è pericolosissimo, perché è questo clima che per secoli ha portato alle guerre. Il mondo funziona perché ci sono i trattati, le norme, i commerci e e la libertà, garanzia di pace». Ne discende che gli anziani hanno la responsabilità di rinnovare nelle nuove generazioni la voglia di libertà. «Ci vuole pazienza. Pazienza e ascolto. Anzi, più che parlare, saper ascoltare».

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