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IN SCENA AL PONCHIELLI. IL VIDEO

Nel cerchio magico del rock

Il tributo dei Big One ai Pink Floyd regala uno show che attinge a piene mani al campionario sonoro e visivo della band

Luca Muchetti

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redazioneweb@laprovinciacr.it

09 Marzo 2025 - 08:36

CREMONA  - Una messa in scena potente e rigorosa, sonorità fedelissime all’originale e persino una voce paurosamente vicina al timbro e alla pasta di David Gilmour. La seconda volta dei Big One al teatro Ponchielli, ieri sera a due anni di distanza dalla precedente esibizione, è un successo annunciato.

Il nuovo tour, pensato per omaggiare i trent’anni dall’uscita di Pulse (e i trentuno di The Division Bell), fa tappa a Cremona portandosi dietro, oltre alla musica visionaria e senza tempo della formazione britannica, anche un campionario visivo e scenografico che attinge a piene mani dall’immaginario nato e cresciuto in seno alla formazione.

pink

Lo show è pensato in due tempi: il primo forgiato attorno all’ultima parte di carriera dei Pink Floyd (Shine on you crazy diamond, Coming back to life tra le altre) con qualche salto indietro nel tempo (The wall), la seconda invece è imperniata su The dark side of the moon, forse l’album simbolo che oggi viene più naturalmente associato alla formazione.

L’esibizione di Big One si caratterizza per un estremo e devozionale rispetto per la musica dei Pink Floyd. Asciuttissimi e quasi un passo indietro a se stessi in scena, i musicisti della formazione nata nel 2005 e presto divenuta una delle tribute band più apprezzate a livello europeo preferiscono affondare nei giochi di luce, nei visual proiettati alle spalle del palco, al centro del tipico cerchio che veniva montato in mezzo alla scena negli spettacoli dei Pink Floyd.

Un palco che si spande per tutta la sala, con giochi di laser che colpiscono e immergono nel blu, rosso e verde l’intero teatro a più riprese.

«Dovendo riproporre un classico - aveva spiegato il chitarrista e la voce del gruppo Leonardo de Muzio -, pensiamo che sia necessario farlo con gli strumenti giusti. Gli strumenti sono importanti quando hai già delle idee in testa. Dalle chitarre all'amplificazione, fino alle tastiere, cerchiamo di restare fedeli a quelli utilizzati dai Pink Floyd, per rendere al meglio la loro musica.

La musica dei Pink Floyd è molto diversa dalla musica di quegli anni, si è creata una nicchia e quindi non si è mai mischiata ad altri generi, non si confonde, affiora molto facilmente, è come se avesse avuto una strada preferenziale. Loro sperimentarono tanto, oggi c’è poco da sperimentare.

Purtroppo io credo che oggi abbiamo tutti i mezzi per creare facilmente musica, ma - mi spiace dirlo - forse mancano le idee. Mio padre era un amante della musica, e ho ascoltato per la prima volta The dark side of the moon proprio fra le mura di casa, credo attorno al 1975. Con quei suoni, insomma, sono cresciuto. Col tempo mi è venuta la voglia di ricreare quelle sonorità, così differenti dalla musica che si sarebbe ascoltata dopo. Questo progetto è arrivato insomma come una cosa molto naturale».

Dopo Rock at the Opera, altro fortunatissimo concerto di una settimana fa tenuto nello stesso teatro, con i Big One il grande rock torna a riempire il Ponchielli proponendo indirettamente anche qualche riflessione sulle modalità con cui il filone del classic rock - al di fuori e oltre i concerti degli ultimi grandi nomi in circolazione, avvicinabili sì ma solo accettando prezzi dei biglietti sempre più esorbitanti - continui a vivere in celebrazioni più popolari e accessibili, ma spesso di alta qualità come quella ascoltata ieri.

Nella stagione del Ponchielli si tratta della terza serata in calendario in cui si omaggiano mostri sacri della musica internazionale o italiana.

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