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Mille e una solitudini all’ombra di un delitto

De Giovanni torna con il commissario Ricciardi nella Napoli del 1937 alla vigilia della guerra. Un tango meraviglioso di Gardel la colonna sonora sulle vite di uomini soli con se stessi

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

10 Gennaio 2024 - 05:20

CREMONA - «Trovarsi da soli è una cosa, sentirsi soli un’altra: il sentimento della solitudine è qualcosa che tutti conosciamo bene, che ci accompagna. E anche in un periodo come il Natale, momento in cui è ambientato questo romanzo, può venire a galla con forza. Ho voluto riconoscere in ogni personaggio della serie del commissario Ricciardi una particolare solitudine, una particolare lesione: sono tutti insieme, però sono soli». Racconta dunque le diverse forme di solitudine, ma anche il desiderio di libertà e la potenza dell’amore, Maurizio De Giovanni nel nuovo romanzo, Soledad, il 14° dedicato al commissario, dalla sua prima apparizione nel 2006, e il secondo di tre sull’evoluzione della sua vita tra il 1939 e il 1940. Ognuno ha il nome di un tango, il primo era Caminito uscito nel 2022 e il terzo sarà Volver.

De Giovanni ne parla nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito e su YouTube. «Soledad è un tango meraviglioso di Gardel su un testo veramente bellissimo di Alfredo Le Pera, che lo aveva scritto successivamente alla morte della giovane moglie e quindi ha una tenerezza, una dolcezza e una solitudine che assume il significato di attesa per chi non potrà tornare mai più», spiega. «Nella sfera argentata dell’orologio le ore che agonizzano si negano al passare. C’è una sfilata di strane figure che mi contemplano con aria beffarda», recita il testo di Le Pera. «Questa canzone fa capire una cosa importante: la solitudine non è una situazione, ma una condizione. Non è essere soli, ma sentirsi soli», spiega De Giovanni. Soledad porta il lettore in una Napoli colpita dal gelo nel Natale del 1939, mentre in Europa infuria la guerra.

In quei giorni Ricciardi indaga sull’omicidio di una giovane, Erminia Cascetta, che voleva essere libera e amava la vita. In Soledad, lo scrittore napoletano racconta anche l’illusione di poter tenere fuori dall’Italia la guerra. Qualche legame con questi anni? «Non ho scritto tenendo conto dell’attualità, ma non è che il mondo cambi più di tanto. Sono situazioni che viviamo purtroppo con dolorose ricorrenze- sottolinea-. Era un momento terribile, noi eravamo gli alleati più forti di un Paese che due mesi prima aveva invaso uno stato sovrano. La Germania era entrata in Polonia in maniera proditoria, violentissima, nel settembre di quell’anno. Eppure il governo continuava a dire che non saremmo entrati in guerra; però gli stanziamenti militari erano sempre più imponenti e sempre più diciamo univoci. C’erano poi le leggi razziali operative da un anno. Pensare che non saremmo entrati in guerra ormai era difficile per tutti, anche i più ottimisti sapevano bene che si andava velocemente in quella direzione. Le guerre in Europa in realtà non si sono mai fermate. Noi oggi parliamo di quella in Ucraina come se fosse un fatto nuovo, ma appena ieri ci sono stati i conflitti nella ex Jugoslavia e prima ancora la Guerra Fredda, che era una condizione di conflitto vero e proprio in cui ci siamo trovati per 40 anni. Gli scontri non si sono mai evoluti in una condizione di pace totale. La guerra non si è mai allontanata da noi più di tanto, purtroppo. E questa considerazione forse è la più amara di tutte».

De Giovanni scrive di un periodo in cui si può morire a sette anni perché si sogna il sapore in bocca di una fetta di salame. «Il riferimento è a un capitolo in cui ho fatto una scelta stilistica abbastanza particolare. Ho preso degli stralci del giornale di quel dicembre del 1939 e attorno a quei pezzi ho costruito tre storie di persone in forte antitesi tra l’aria di festa conclamata dal regime, un'atmosfera di festeggiamenti bella e apparentemente spensierata, all’interno della quale però c’erano tragiche storie di persone di miseria e di sfruttamento. Credo che la narrativa debba avere anche il ruolo non di dare risposte ma di porre domande e fare in modo che il lettore cerchi queste risposte dentro di sé». Erminia è una donna libera, che sceglie di vivere nonostante la condizione generale non lo consenta. «Ho voluto parlare, più che di omicidi di donne, di frustrazione del loro desiderio di autodeterminazione. Anche la voglia di libertà è una forma di solitudine».

L’invito dello scrittore è a riflettere anche su questo concetto: «Facciamo delle scelte che sembrano libere, ma in realtà sono più che condizionate. La verità è che la libertà è una merce molto molto rara, difficile da incontrare». Non l’ha Ricciardi, ‘vittima’ della sua misteriosa capacità di percepire le ultime parole di chi è vittima di morte violenta, naufrago dentro se stesso dopo la morte della moglie e con una bimba da allevare; e non l’ha Maione, il suo fido assistente, impelagato in una situazione drammatica che gli tocca le persone più care. Perché entrambi amano e «l’amore - dice ancora De Giovanni - è una dipendenza, una grande debolezza. È prendere se stessi e mettersi in mano a qualcun altro. Quindi Maione col figlio e Ricciardi con la figlia e con la moglie che non c’è più contraggono degli obblighi, così come li contrae la 'femmenèlla' Bambinella nei confronti della sua amica selvaggiamente picchiata».

Ed è vero per tutti i personaggi che ruotano attorno al protagonista. Strane figure che lo contemplano con aria beffarda, appunto e che «formano una carovana interminabile», sempre per citare Le Pera.

Lo stesso vicequestore Garzo, per 13 romanzi burocrate ottuso e simbolo della stupidità del potere, in questo romanzo all'improvviso diventa un personaggio che ispira tenerezza per l’amore verso la propria famiglia in condizioni di gravi difficoltà. «Questo dimostra che qualsiasi personaggio sottoposto al calore dell’amore può cambiare anche la grana di cui è fatto. È stata una scoperta per me come autore e devo ammettere di essere molto contento anche di questo incontro con un personaggio che da antipatico torna a essere una persona che sa decidere nei momenti difficili».

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