L'ANALISI
MUSICA A CREMONA: IL VIDEO
03 Dicembre 2023 - 10:33
CREMONA - Una scaletta di successi strepitosi, tratti dalla grande canzone italiana e internazionale per una interpretazione appassionata e soffusa. È un concerto che ridefinisce il concetto di stile ed eleganza quello che Fiorella Mannoia e Danilo Rea hanno portato ieri sera sul palco del teatro Ponchielli. Annunciata da una lunga parentesi pianistica in solitaria di Rea, nella quale fra le altre melodie si riconoscono anche quelle di Parole Parole, My Favorite Things e Il pescatore, Mannoia guadagna il palco - lo sfondo è un fondale di volta in volta rosso, blu e nero costellato da centinaia di candele a terra - cantando le prime parole di Oh che sarà e di Come si cambia.
«È una grande gioia tornare qui, in quello che io considero un po’ anche il mio teatro dopo i tanti fortunati debutti che ho tenuto qui. Questo è un tour speciale, io e Danilo tante volte ci eravamo ripromessi di fare qualcosa insieme. Finalmente ci siamo riusciti, vi canteremo le canzoni della nostra vita, quelle che ci hanno formato, quelle del nostro cuore». Poche parole per abbandonare del tutto e senza paure i compositi arrangiamenti con la quale l’avevamo ascoltata nella sua ultima apparizione di un anno fa. Le note di pianoforte del jazzista più amato dai cantautori, la voce della cantante e le scenografie calde e ridotte all’osso bastano per ricreare la magia di un modo di fare musica e la ricchezza di un mondo in cui canzone fa sempre rima con letteratura.
«Diamo valore al tempo solo quando il tempo è di meno - ragiona stretta in un lungo abito rosso e abbracciata dalla lunga corona di candele -. Quando si arriva alla nostra età iniziamo a fare pulizia attorno, per lo meno se si arriva qui con un po’ di saggezza. Iniziamo a dare peso solo cose importanti, così come alle persone. Rimangono gli amici veri: come Danilo e come Ivano Fossati, che è poi l’autore di questa canzone». Le note sono quelle di C’è tempo, uno dei capitoli più perfetti della carriera del cantautore ligure. Mannoia fa suo ogni singolo verso, restituendone una versione di straordinaria potenza.
Di amico in amico: «L’umanità si è sempre posta domande filosofiche. Nessuno sa dare risposte. Continuiamo a parlare di cosa sia l’amore: lo abbiamo cantato, visto al cinema, lo abbiamo vissuto. Dove si prende e dove si dà? E poi cos’è la felicità? Il mai compianto Lucio Dalla ha provato a spiegarlo». Felicità diventa un tenerissimo dialogo fra le note grandi e piene di pathos di Rea e le cadenze regolari e nette del cantato di Fiorella. Il songbook della serata al Ponchielli è affollato e da togliere il fiato, perché arrivano anche Messico e Nuvole di Paolo Conte, Sally di Vasco Rossi, e Besame Mucho, «una canzone degli anni Quaranta: la scrisse Consuelo Velázquez a nemmeno vent’anni, e mai avrebbe immaginato che sarebbe diventata una delle canzoni più famose al mondo».
E poi Insieme di Mina, La donna cannone di De Gregori, La cura di Battiato. Fino al finale, con Quello che le donne non dicono, successo-simbolo il cui testo Mannoia ha voluto modificare dal vivo dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. E ‘Ti diremo ancora un altro sì’ diventa prima un ‘forse’ e poi un secco ‘no’, «perché quando una donna, in qualsiasi circostanza, in qualsiasi vestito dice no, è no. Insegnatelo ai vostri figli». Il concerto è una dichiarazione, come si diceva, soprattutto a un modo di intendere la musica: «Entrare in queste canzoni per noi è un piacere - ha spiegato Mannoia dal palco -, perché oggi queste canzoni non le scrive più nessuno. Immaginerete cosa voglia dire per noi: un piacere ma anche un dovere. Un dovere affinchè gli autori non vengano dimenticati. Fatelo anche voi, fatele ascoltare ai bambini perché entreranno nel loro cuore».
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