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LIVE 'LUCE'. L'INTERVISTA

Mannoia e Rea: voce e pianoforte sabato 2 al Ponchielli

Grandi successi e l’improvvisazione jazz si incontrano in una perfetta alchimia sonora

Luca Muchetti

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24 Novembre 2023 - 09:07

Mannoia e Rea: voce e pianoforte sabato 2 al Ponchielli

Danilo rea e Fiorella Mannoia

CREMONA - I successi di Fiorella Mannoia - che normalmente vengono suonati solo a fine serata - sono solo uno degli ingredienti di Luce, nuovo tour della cantante romana, nuovamente al Ponchielli la sera del 2 dicembre (ore 21).

Una scaletta che accanto alla produzione di Mannoia pone tante interpretazioni di brani di Fossati, Dalla, De Gregori, Cocciante, Battisti, Battiato, Pino Daniele, Vasco, Jannacci, Paolo Conte, Beatles, U2, viene sostenuta stavolta da un solo musicista: Danilo Rea, il pianista jazz più amato dai cantautori italiani. Un concerto per soli piano e voce che va in senso contrario rispetto a un momento in cui il mondo della musica pop è sempre più concentrato su spettacolari e ultramoderne produzioni.

Da cosa nasce questa voglia di tornare alla musica nuda?
Danilo Rea: «Abbiamo tolto tutto quello che è esteriorità: luci ed esagerazioni, siamo tornati all’essenza di due persone che salgono sul palco e si mettono a fare qualcosa di emozionante, con testi importanti scelti per l’occasione, testi che fanno parte del repertorio con cui siamo cresciuti».
Fiorella Mannoia: «Siamo tornati all’essenza anche scenograficamente, con candele che circonderanno sul palco e nient’altro. Un pianoforte, una voce: è tutto».

Un concerto simile è comunque sempre una prova impegnativa, anche per una cantante come lei.
Mannoia «Io e Danilo ci conosciamo da 30 anni, e ogni volta che ci siamo trovati a cantare e suonare insieme sui vari palchi si creava un’intesa speciale, qualcosa che non succede spesso. Questo anche per merito della sua grande sensibilità. È un jazzista anomalo, meraviglioso come jazzista ma sempre attento alla melodia, un amante delle belle canzoni italiane. Ci siamo detti tante volte che avremmo dovuto fare una tournée insieme. All’inizio sì, ho avuto un momento di timore, non dire di paura, ma timore di trovarmi ‘sola’ sul palco. Però sapevo che quella magia si sarebbe ricreata anche in questi concerti. Oggi dopo tante date posso dire che non solo quella magia si è ricreata, ma che si è anche rafforzata. Sul palco siamo un respiro solo, ci ascoltiamo e ci veniamo dietro l'un l'altra. Ogni sera è diversa ed emozionante».
Rea «Che poi la difficoltà è solo iniziale… perché ci si rende conto che nell’ascolto reciproco siamo inaffondabili. Il ‘respiro solo’ di cui parla Fiorella può essere anche una grande pausa, ma è dalla pausa - se non c’è paura ma fiducia reciproca - che nasce una nuova interpretazione. È per questo che non esiste una sera identica all’altra. Chiunque salga sul palco certamente lo fa con l’attenzione e la preoccupazione di chi vuole emozionare il pubblico. Quando si è in due è più difficile, ma allo stesso tempo è più facile».

Quanto spazio c’è per l’improvvisazione? E una dimensione così minimale vi lascia libertà totale oppure vi costringe a delle scelte?
Rea: «Io mi sento liberissimo, è come avere carta bianca. Ci sono alcuni brani leggermente più difficili, ma riesco ad aprire spazi di qualsiasi genere. Non c’è stata una vera attenzione a cosa è più o meno jazz. Questo spettacolo è realmente per il 50% improvvisato dal momento che quando noi ci ascoltiamo, cambia tutto. Muta il modo di cantare di Fiorella e quindi anche il mio modo di andare appresso al cantato, e di nuovo il suo modo di cantare muta a seconda di come io suono».

Due amici di Fiorella, Samuele Bersani e Frankie Hi-NRG, sono stati protagonisti di un confronto pubblico sull'utilizzo dell’autotune, in particolare nella musica trap. Al di là del mezzo e dell’occasione che ha fatto nascere quel botta e risposta, qual è il vostro atteggiamento verso generi che producono canzoni, ma che fanno riferimento a sistemi e canoni molto diversi da quelli della canzone classica?
Rea: «Questo tipo di musica è nata molti anni fa, quando tanti musicisti hanno anche perso un po’ di lavoro a causa dell'introduzione di strumenti elettronici. Ricordo di come la fatidica batteria elettronica a un certo punto ha imposto a tutti i batteristi di suonare come fossero delle macchine. Da qui siamo passati ai campionamenti, alla musica in mano ai deejay. Un cambiamento radicale. Io non ho nulla contro il rap, sono un grande fan di Eminem, rapper che ritengo un super musicista. Non apprezzo invece certi eccessi della trap, così come l’autotune quando viene utilizzato come copertura per un cantante che non sa cantare. Non mi piacciono poi certi testi aggressivi che vanno a impattare sulla società. Herbie Hancock per dire utilizzava il vocoder già negli anni Ottanta. Ogni mezzo insomma può essere creativo, la violenza no».
Mannoia: «Il mio scoramento non è tanto sull'autotune, anzi, cantate con l'autotune quanto ve pare! C'è chi lo usa perché non sa cantare, chi lo usa perché è di moda. Quello che non mi piace è il livello dei testi: stupidi quando va bene, preoccupanti come incitamento alla violenza quando va male. Il linguaggio poi è poverissimo. Roy Paci ha rivolto un appello alla responsabilità indirizzato a questi ragazzi, che scrivono cose che viaggiano in un mondo parallelo, al quale noi adulti non sappiamo stare dietro. Ragazzi, avete milioni di streaming, e in un momento come questo dovete rendervi conto che quello che dite può diventare pericoloso. Non sono bacchettona, ma è una faccenda da affrontare».

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