L'ANALISI
AL TEATRO PONCHIELLI: IL VIDEO
15 Aprile 2023 - 08:47
CREMONA - La prima metà di concerto è il nobile e raffinatissimo incedere del Trio in mi bemolle maggiore Op.1 n.1 di Ludwig van Beethoven a segnare il passo, un trionfo di idilliache armonie suonate con gusto e sensibilità. La seconda è un rovesciamento di campo, una capriola spettacolare e che lascia campo libero alla sorpresa, alla tecnica e al coraggio. Sul palco del Ponchielli ieri sera sono saliti Giovanni Sollima, a buon titolo uno dei violoncellisti italiani più straordinari e atipici di sempre, affiancato da altre due eccezionali musiciste: Clarissa Bevilacqua al violino e Carlotta Maestrini al pianoforte. Annunciato come un concerto ‘a due tempi’ - la prima classica, la seconda più pop e moderna - lo spettacolo di ieri sera ha costruito un unico corpus di grande musica riuscendo a far dialogare ciò che apparentemente poteva sembrare inconciliabile.
Accanto alla prima lunga composizione in scaletta firmata dal compositore tedesco, il trio guidato da Sollima sceglie di accostare prima l’imprevedibile nu metal dei System Of A Down con Chop Suey! - canzone che dell’album Toxicity del 2001 rappresenta uno dei passaggi più famosi -, quindi Short Trio Stories, firmata dallo stesso Sollima, e infine Ara Batur, lunga composizione della band islandese Sigur Rós, una delicatissima e meditabonda partitura che nel 2008, al tempo della sua pubblicazione, rappresentò forse il capitolo più pacato dell’album Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust. Chop Suey! diviene un infernale assalto di archi impazziti inframmezzato dagli accordi gravi del pianoforte (l’accoglienza in sala al termine del brano è esplosiva), Short Trio Stories è un intricato sogno musicale firmato dal respiro veloce e dalle movenze incalzanti. Ara Batur viene presentato da Sollima come «un brano informale scritto in una lingua che non esiste, e che narra un viaggio per mare di una persona che si perde, o che incontra se stessa» e finisce per essere magicamente cantato dall’intero teatro, grazie alla melodia semplice e lineare che tutti imparano in tempo reale.
Giovanni Sollima si fa ancora una volta interprete di un modo di intendere e praticare l’arte musicale che poco ha a che fare con ingessature classiche, totem e tabù, e molto racconta invece di un concetto alto, altissimo di musica popolare, nell’accezione più ‘pop’ del termine. Che suoni brani del repertorio classico, che si lanci nella più imprevedibile delle riletture di musica alternative - qualunque cosa queste terminologie possano indicare in tempi come quelli attuali: artisticamente confusi, musicalmente stratificati e omogeneizzati allo stesso tempo - il violoncellista abbandona cliché e approcci preconfezionati al pentagramma in favore di una dedizione e di un rispetto totale tanto di ciò che sceglie di suonare quanto del suo pubblico. Non c’è ironia sottintesa nell’abbandonare i percorsi della classica in favore di autori lontani da quel tipo di mondo. Non c’è alcun ‘sentire esotico’, tipico invece di quei musicisti classici che si avvicinano al pop come semplice divertissement di qualità ma sempre inteso come intermezzo fra un capitolo e l’altro di un repertorio ritenuto ben più solido. Il credo artistico di Sollima è volto alla musica totale.
Animato da una infinita curiosità, diviene esplorazione musicale attualissima e lontana dalle mode del momento. Ma c’è molto poco di intellettuale o di concettuale nella sua performance: vederlo sul palco è un’esperienza capace di sottolineare anche la dimensione più fisica del rapporto con lo strumento. Elementi, questi, che probabilmente spiegano anche la composizione decisamente trasversale del pubblico che segue il violoncellista palermitano con costante interesse ed entusiasmo. L’ultima esibizione cremonese di Sollima risale allo scorso anno, quando al Museo del Violino tenne un concerto insieme a Mario Brunello: una esibizione la cui scaletta era interamente retta da un sottile filo rosso sul tema del falso e della falsificazione.
Protagonista con lui anche Bevilacqua, classe 2001, forte di un debutto al Pritzker Pavilion di Chicago davanti a migliaia di persone quando aveva appena nove anni. Appassionata di violini storici, è la più giovane violinista ad esibirsi regolarmente con la preziosa collezione Stradivari del Museo del Violino di Cremona. Maestrini invece, classe 2005, frequenta il Corso di Alto perfezionamento presso la Scuola di musica di Fiesole. Già vincitrice di numerosi premi, è stata più volte ospite negli Stati Uniti e dal 2019 è sostenuta da Musica con le Ali, che si occupa di far spiccare il volo ai migliori giovani talenti della musica classica.
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