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MUSICA. L'EVENTO

StradivariFestival, con Capossela meraviglie di riti remoti

All'MdV con il Bestiario ispirato a un erudito del XIII secolo. «Mi riconosco nei valori antifascisti»

Luca Muchetti

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16 Ottobre 2022 - 13:37

CREMONA - «Il violino ha tante vocazioni, dal diavolo all’acqua santa. La sviolinata calza bene al discorso amoroso. Per questo abbiamo portato il Bestiario d’amore anche qui».

Cosa sia l’amore, Vinicio Capossela, se lo chiede da molti anni, almeno fin da quando nel 1994 firmò la canzone divenuta un classico Che coss’è l’amor. Per alcuni un altro Vinicio, ancora immerso nelle atmosfere fumose alla Tom Waits e pienamente cantautore, creatura notturna avvistabile solo in club dotati di pianoforte molto più che bardo dei giorni nostri, o celebrante di riti collettivi concertistici, o cantore di meraviglie di tempi remoti, di stramberie e di mostruosità dei secoli scorsi.

Le tappe del viaggio musicale che lo hanno condotto un po’ alla volta e con sempre più convinzione alla riscoperta delle radici, della tradizione popolare, ma anche della musica colta, sono ormai molte, e lo spettacolo incentrato sul Bestiario d’amore andato in scena ieri sera all’auditorium del Museo del Violino è la dimostrazione di quanto Capossela - 56 anni, nato in Germania da genitori irpini e poi cresciuto a Scandiano, dove verrà notato da Francesco Guccini - sia oggi una scheggia impazzita nel panorama artistico italiano.

In pochi, anzi, probabilmente nessuno si potrebbe permettere di portare in scena buona parte di un’opera da 20 minuti scritta da un erudito francese del XIII secolo, Richart de Fornival, in cui le conoscenze sul mondo animale vengono applicate al discorso amoroso umano, riempiendo sale da concerti un po’ ovunque nella Penisola.

Come sempre colto e guascone, Capossela ripropone il suo Bestiario con una grande prova di coraggio in sottrazione: con lui infatti non c’è l’orchestra che lo accompagna fra le partiture dell’EP pubblicato nel 2020 (era la Bulgarian National Radio Symphony diretta dal Maestro Stefano Nanni) e presentato per la prima volta alla Union Chapel di Londra.

Lo affiancano soltanto quattro musicisti: oltre ai già annunciati Raffaele Tiseo al violino e Giovannangelo De Gennaro alla viella e aulofoni ci sono Daniela Savoldi al violoncello e Andrea Lamacchia al contrabbasso. Quella di Capossela è musica che si fa non accompagnamento ma strumento narrativo a tutti gli effetti, collocando il pubblico in una dimensione del racconto remotissima, quasi ancestrale, in un flusso di parole e note che si fa discorso magico, selvatico e misterioso. L’ultimo Capossela - quello che dalle Canzoni della Cupa in poi ha proposto album e progetti sempre più insoliti - a Cremona, dividendosi fra pianoforte e chitarra, non dimentica però i capitoli più marcatamente cantautorali del percorso che fra gli anni Novanta e Duemila lo hanno portato nel pantheon della canzone italiana d’autore.

Si ascoltano in scaletta Modì, Corvo torvo, Marajá, I pianoforti di Lubecca, Con una rosa, Ovunque proteggi o le più recenti Dimmi Tiresia, Le Pleiadi e un paio di brani inediti. Prima di proporre Staffetta in bicicletta, accolto da un lungo applauso, ha detto: «Mi riconosco in questa repubblica e nei suoi valori antifascisti».

Una carrellata di componimenti che ricordano una volta in più del perché oggi Vinicio possa permettersi progetti artistici così peculiari richiamando ugualmente platee adoranti di pubblico, anche quando la musica proposta richiede più impegno del solito in chi decide di avvicinarsi. 

RIPRESE: FOTOLIVE/SALVO LIUZZI

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