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IL MEDICO RISPONDE. IL VIDEO

Anticoagulanti, ciò che può fare davvero la differenza nella cura

Il Centro Emostasi e Trombosi segue migliaia di pazienti con percorsi personalizzati e monitoraggi mirati per ridurre rischi ed eventi avversi. La dottoressa Sophie Testa illustra come garantire sicurezza, continuità terapeutica e qualità di vita, anche negli atleti

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

07 Dicembre 2025 - 05:25

CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è la dottoressa Sophie Testa, direttore Dipartimento Servizi Diagnostici dell’Asst di Cremona.

Quali sono le attività principali svolte dal Centro Emostasi e Trombosi e come si inseriscono nel percorso di cura dei pazienti in terapia anticoagulante?
«Il Centro Emostasi e Trombosi segue in forma multispecialistica pazienti con problemi emorragici congeniti o acquisiti. Nell’ambito delle patologie congenite, l’emofilia è la forma più nota e rara; per quanto riguarda la trombosi, il centro si occupa di tutte le condizioni a rischio di eventi trombotici venosi o arteriosi. Sono presenti ambulatori specifici per la gestione dei pazienti emofilici, per chi ha trombofilia e per le pazienti in gravidanza con patologie tromboemboliche. In particolare, il centro segue attivamente i pazienti in terapia anticoagulante. Oggi il Centro di Cremona supporta oltre 6.000 persone, sia direttamente sia attraverso una rete di telemedicina attiva da oltre 20 anni. I pazienti comprendono chi ha avuto trombosi venosa o embolia polmonare, chi assume anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus in caso di fibrillazione atriale e chi ha protesi valvolari cardiache. Gli anticoagulanti disponibili sono diversi e devono essere adattati alle caratteristiche cliniche del singolo paziente. La gestione richiede competenza, follow-up costante e osservazione continua, per ridurre i rischi principali: emorragie e trombosi. Gli anticoagulanti alterano la coagulazione naturale del sangue, perciò è essenziale garantire efficacia del trattamento e sicurezza del paziente. L’obiettivo principale del centro è ridurre le complicanze, come dimostra uno studio internazionale condotto in collaborazione con il Centro di Vicenza: la sorveglianza attiva dei pazienti riduce concretamente il rischio di eventi avversi».

Che tipo di monitoraggio e supporto richiede una terapia anticoagulante? Quali sono le difficoltà più frequenti nella gestione quotidiana di questi pazienti?
«Gli anticoagulanti sono diversi: esistono farmaci parenterali (iniettabili), antivitamina K e anticoagulanti ad azione diretta, questi ultimi più semplici da gestire perché richiedono controlli di laboratorio meno frequenti rispetto agli antivitamina K. Il medico deve definire il farmaco più adatto in base alle condizioni del paziente e all’indicazione clinica, che può riguardare tromboembolismo venoso o fibrillazione atriale. I controlli variano: i pazienti in terapia parenterale sono seguiti mensilmente, chi assume antivitamina K necessita di 17-20 controlli l’anno, mentre chi usa anticoagulanti ad azione diretta circa 3-4 controlli.
La gestione non riguarda solo l’assunzione del farmaco, ma anche la qualità della vita del paziente, la possibilità di sospenderlo quando non più indicato e la riduzione del rischio di recidive trombotiche».

Come si educano i pazienti a riconoscere rischi, segnali d’allarme e comportamenti corretti?
«Il centro informa i pazienti sul tipo di farmaco assunto, sulle indicazioni e sui rischi. Non esiste rischio zero: pazienti e familiari ricevono supporto educativo, anche tramite associazioni dedicate. Viene spiegato come riconoscere alterazioni al di fuori dell’atteso, l’importanza dei controlli di laboratorio e come gestire situazioni particolari, ad esempio interventi chirurgici o manovre invasive, con sospensione temporanea del farmaco per ridurre il rischio emorragico.
Il centro segue anche i pazienti ricoverati, con oltre 20 consulenze giornaliere, garantendo che la terapia sia conforme alle linee guida, basate su evidenze scientifiche consolidate».

Il nuovo progetto nazionale su trombosi e sport rappresenta una novità importante. Quali obiettivi si pone?
«Il progetto, in collaborazione con la Fondazione Arianna e l’Associazione dei Pazienti Anticoagulati, si concentra sugli eventi trombotici in soggetti sportivi. Sono stati osservati casi tra canottieri, ginnasti, triatleti e calciatori, ma la letteratura scientifica è scarsa. Lo studio mira a identificare cause congenite e acquisite, con l’obiettivo di prevenire eventi che possano interrompere l’attività sportiva, in particolare per atleti professionisti.
Una gestione attiva della terapia anticoagulante consente di modulare il trattamento, permettendo al paziente di continuare l’attività sportiva dopo l’episodio acuto».

La rubrica, realizzata insieme ad Asst di Cremona, può essere ascoltata anche sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e sul suo canale YouTube.

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