L'ANALISI
IL MEDICO RISPONDE. IL VIDEO
23 Novembre 2025 - 05:20
CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è il dottor Matteo Moretti, urologo della Urologia dell’Ospedale di Cremona.
Che cosa s’intende per calcolosi urinaria?
«Quando parliamo di calcolosi urinaria dobbiamo distinguere tra calcolosi renale, calcolosi ureterale e calcolosi vescicale. La calcolosi renale riguarda i calcoli presenti all’interno del sistema collettore renale, cioè calici e pelvi renale. La calcolosi ureterale interessa i calcoli che si trovano nell’uretere, il condotto che porta l’urina dal rene alla vescica. La calcolosi vescicale ha un’eziopatogenesi diversa ed è quasi sempre causata da un ristagno urinario dovuto a ipertrofia prostatica».
Quali sono i dati epidemiologici e i fattori di rischio?
«L’incidenza in Italia è in aumento: si verificano 3.000 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti. Circa il 50% delle persone che ha un episodio di colica reno-ureterale ne avrà un altro entro 5 anni. I fattori di rischio sono molti e spesso non determinabili. Tra quelli generali ci sono familiarità, scarso apporto idrico, aumento di sale nella dieta, eccesso di proteine animali e un episodio di colica in età giovanile. Ci sono poi malattie che aumentano il rischio, come sarcoidosi, iperparatiroidismo, eccesso di vitamina D, malattie metaboliche dell’osso e malattie gastrointestinali come il morbo di Crohn o interventi di chirurgia bariatrica. Esistono cause genetiche come cistinuria e iperossaluria primitiva, alterazioni del metabolismo dell’acido urico e cause anatomiche come stenosi dell’uretere o malformazioni renali. Infine ci sono cause professionali, come lavori che comportano eccessiva sudorazione».
Come si manifesta?
«Il sintomo principale è il dolore, soprattutto nella calcolosi ureterale. È un dolore definito lancinante, intermittente e ciclico: parte dalla zona lombare e si irradia al livello genitale. Può associarsi a nausea, vomito, ematuria e sintomi come minzioni frequenti o urgenza, segni che indicano che il calcolo è in fase di espulsione. Può esserci febbre. I calcoli confinati nel rene sono spesso asintomatici, ma possono dare disturbi quando sono mobili o in presenza di alterazioni anatomiche».
Quando e come si tratta?
«Un calcolo nell’uretere non deve rimanere: se non viene espulso spontaneamente dopo un periodo di osservazione va trattato, anche se asintomatico. Esistono condizioni che richiedono un intervento tempestivo, come dolore resistente alla terapia, insufficienza renale acuta, stravaso di urina o infezione delle vie urinarie. I calcoli renali asintomatici inferiori a 10 mm, non ostruenti e stabili radiologicamente possono essere osservati. Il trattamento diventa necessario se c’è crescita, infezioni, ostruzione, sintomi o nel paziente ‘stone-former’, cioè chi produce calcoli ricorrenti.
Per la calcolosi ureterale il trattamento varia a seconda dell’urgenza. Nelle urgenze indifferibili, come sepsi urinaria o rottura della via escretrice, l’obiettivo è drenare il rene tramite tutore ureterale o nefrostomia percutanea. Nelle urgenze differibili si procede alla rimozione del calcolo con strumenti miniaturizzati, l’ureterorenoscopio, frammentando il calcolo con energia laser. In elezione si può usare terapia farmacologica antalgica ed espulsiva. Se non basta, si interviene con litotrissia extracorporea (SVL) o con tecnica endourologica. Per la calcolosi renale si può ricorrere alla terapia litolitica per alcalinizzare le urine, alla SVL nei casi selezionati o alle tecniche endourologiche: nefrolitotrissia retrograda (RIRS) o percutanea. Esistono anche approcci combinati e, più raramente, la chirurgia standard».
Quali sono i controlli e la prevenzione?
«Nel follow-up l’ecografia è generalmente sufficiente per valutare i calcoli renali. Quando si pianifica un intervento è necessario eseguire una TAC. Per la prevenzione valgono le buone abitudini: aumentare l’apporto di acqua, ridurre sale e proteine animali. Non bisogna ridurre il calcio nella dieta, perché il calcio limita l’assorbimento dell’ossalato nell’intestino. Tutte le acque vanno bene: l’importante è bere. Nei pazienti ‘stone-former’ servono ulteriori accertamenti come esame chimico del calcolo, valutazione metabolica ed eventuale correzione della dieta o terapie integrative».
La rubrica, realizzata insieme ad Asst Cremona, può essere ascoltata anche sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e sul suo canale YouTube.
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