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L'INTERVISTA

«Gli artigiani non si fermano, avanti con passione»

In barba ai costi dell'energia, alle guerre, alle tasse. Durante la sua visita a Cremona, il presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli fa il punto sulle sfide del comparto. «Le sfide non ci spaventano: riusciremo a conquistare i giovani»

Claudio Barcellari

Email:

cbarcellari@laprovinciacr.it

08 Ottobre 2025 - 05:20

CREMONA - Viaggiare controvento con il sorriso in volto, continuando a fare ciò che si ama. Se è vero che, negli ultimi anni, l’artigianato italiano non ha navigato in acque tranquille, la certezza di Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato, è che ciascun piccolo imprenditore, dentro e fuori Cremona, abbia la grinta per cavalcare il cambiamento, adattarsi alla novità e contagiare i giovani con la propria passione. Granelli, che nelle scorse settimane è stato ospite a Cremona, nella sede di Confartigianato, conosce le sfide del presente; ma nel suo sguardo non c’è preoccupazione. «Quando mi chiedono — scherza con i colleghi cremonesi — quali siano le richieste che abbiamo avanzato al governo, rispondo sempre così: siamo artigiani, non ci serve aiuto. Abbiamo semplicemente bisogno di essere messi nelle condizioni di poter fare il nostro lavoro». Intervistato dal quotidiano La Provincia di Cremona e Crema, Granelli traccia un profilo delle sfide del comparto, condividendo punti di vista e prospettive.

Giovani e artigianato: quali le sfide, le risorse, le prospettive?

«Oggi Confartigianato ha una ‘mission’ cruciale, che intende portare avanti con determinazione: immaginare un futuro del comparto che veda sempre più coinvolti i giovani e i giovanissimi. Il tema va ben messo a fuoco, perché gli artigiani in Italia scontano il fatto di essere poco conosciuti dal pubblico ‘under’. Ecco perché la nostra intenzione è quella di impostare una campagna di comunicazione mirata con le università e con le scuole, puntando sulla formazione. Lo stiamo già facendo».

Si tratta anche di portare nuova linfa all’artigianato italiano.

«Da tempo in Italia si parla del problema della mancanza di manodopera per quanto riguarda l’impresa artigiana. Il problema è correlato, in questo caso, alla contrapposizione — tuttora esistente — tra cultura accademica e cultura tecnica, che fa sembrare il lavoro dell’artigiano un ripiego, una scelta di ‘Serie B’. Oggi puntiamo ad attrarre le nuove leve, valorizzando, appunto, il percorso formativo».

Come andare incontro a questa esigenza?

«Il modello a cui la nostra associazione si ispiria è quello dell’aggregazione: le partite che ci attendono si vincono solo se si va avanti assieme. Confartigianato deve diventare luogo di contaminazione, con interazioni continue che facciano bene a tutti. Stiamo attraversando cambiamenti che sono sì tumultuosi (in particolar modo la sfida green e i mutamenti dello scacchiere geopolitico), ma sono perfettamente alla nostra portata. Se riusciamo a viaggiare insieme, non siamo più così ‘piccoli’».

Quali sono stati i principali nodi della ripartenza di settembre di quest’anno?

«Il 2025 è ha risentito molto della situazione di conflitto internazionale: sull’andamento delle nostre aziende hanno inciso, in particolare, i dazi americani e i costi dell’energia, che sono arrivati a 79 miliardi (il 28% in più rispetto alla media europea). Negli ultimi tre anni le aziende sono state rallentate da rialzi nei tassi di interesse, per 45 miliardi complessivi. A questi si aggiungono le perdite da 18 miliardi sulle esportazioni verso l’Ucraina e la Russia. Di tutto questo, come era inevitabile, i bilanci hanno accusato il colpo: in termini di credito, molte aziende che hanno voluto investire in sostenibilità, laboratori, adeguamento della filiera produttiva sono state schiacciate dalla pressione monetaria. A soffrire particolarmente sono stati il settore moda e l’automotive».

Quali risorse possono essere messe in campo, pensando al futuro?

«Per quanto riguarda la questione energetica, bisogna abbattere i costi puntando su un modello di approvvigionamento pluri-fattore. Detto in altri termini, si tratta di diversificare le fonti (ricordiamoci che l’elettricità è un vettore). Con il Governo, inoltre, abbiamo aperto un confronto per arginare tanti anni di ‘incrostazioni burocratiche’, che rallentano le nostre imprese in misura spesso eccessiva. C’è poi la necessità di intervenire sulla paternalizzazione delle nostre imprese artigiane, piuttosto bassa rispetto ai parametri europei. La speranza, poi, è che il quadro delle relazioni internazionali vada migliorando: le imprese oggi pagano un tasso di incertezza e di pessimismo che diventano fattori economici decisivi, naturalmente in negativo».


Perché queste misure sono così vitali per il futuro degli artigiani?


«Perché sono proprio i piccoli imprenditori ad avere gli oneri fiscali più alti. Oggi, in Italia, operiamo in un sistema per cui meno si consuma, più si paga. Dovrebbe essere il contrario. L’aspettativa è che si tenga fede alle proposte condivise sulla riduzione dell’Irpef (da 35% a 33%) e sulla rottamazione delle cartelle, con criteri che stabiliscano quali imprenditori possano entrare nel novero e quali no».

Parlando di ‘passione artigiana’, che ruolo gioca a livello nazionale la Cremona dei violini?

«Siamo molto attenti alla tradizione liutaria cremonese, cercando di valorizzare un lavoro la cui natura non è semplicemente artigianale, ma anche pienamente artistica. I liutai sono una categoria artigiana di cui siamo molto orgogliosi, che incarna peculiarità, attenzione alle materie prime, cura maniacale del dettaglio; un’interpretazione vincente della sostenibilità, su cui Cremona, in questo senso, ha un’idea chiara, capace di combinare tradizione e innovazione. Quello della liuteria è un settore con radici lontane, ma che dimostra che tutto il comparto si sta muovendo nella direzione giusta: risponde alla standardizzazione creando un dialogo tra passato e futuro, mettendo al centro l’eccellenza, la qualità e la memoria. I piedi nel passato, gli occhi verso il domani».

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