L'ANALISI
IL MEDICO RISPONDE. IL VIDEO
28 Settembre 2025 - 05:25
CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è il dottor Lorenzo Jacopo Cesaretti, ortopedico di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Cremona.
Che cos’è la chirurgia artroscopica?
«La chirurgia artroscopica rappresenta oggi la tecnica di riferimento per affrontare molte patologie del ginocchio, sia di tipo degenerativo che traumatico. L’approccio open, con artrotomia, non viene più eseguito: si preferisce accedere all’articolazione attraverso due o più piccoli fori cutanei, dai quali si introduce un’ottica a fibra che permette di visualizzare le strutture interne su uno schermo. Accanto all’ottica, un secondo accesso consente di inserire strumenti diversi – pinze, frese, suturatrici – a seconda del tipo di lesione. È una metodica mini-invasiva che riduce rischi infettivi, sanguinamento e dolore post-operatorio, oltre a garantire un recupero più rapido. Le incisioni, poco più di un centimetro, guariscono velocemente e consentono al paziente di riprendere in tempi brevi le normali attività quotidiane».
Quali patologie possono essere trattate?
«Le più frequenti sono le lesioni meniscali, in assoluto la principale indicazione: si tratta spesso di danni degenerativi che interessano una popolazione sempre più attiva nonostante l’età. Ma si interviene anche sulle lesioni del legamento crociato anteriore, parziali o totali, e su traumi complessi che coinvolgono i legamenti collaterali. Alcune forme infiammatorie croniche, come sinoviti o pliche sinoviali dolenti, possono anch’esse trovare beneficio da un trattamento artroscopico».
Esistono controindicazioni?
«Non ci sono vere e proprie controindicazioni all’artroscopia. L’atto chirurgico in sé è sicuro e ben tollerato. Il punto critico è valutare se l’intervento sia appropriato per quello specifico paziente. Conta lo stato generale, la qualità ossea, l’età e le richieste funzionali. In una donna sopra i 60 anni, per esempio, la rimozione del menisco può favorire una degenerazione precoce, mentre in un uomo sportivo con osso sano e ginocchio non artrosico può essere indicata anche una ricostruzione legamentosa. Più si sale con l’età, più spesso le lesioni meniscali degenerative trovano una gestione conservativa. Studi su larga scala hanno dimostrato che, a distanza di un anno, i risultati del trattamento non chirurgico sono sovrapponibili a quelli dell’intervento. Per questo è fondamentale una valutazione personalizzata».
Quali sono i tempi di recupero?
«Dipendono dal tipo di intervento. Una meniscectomia selettiva, cioè la rimozione mirata di una piccola porzione di menisco, ha tempi brevi: nel giro di 7-10 giorni, una volta guarita la cute, il paziente può tornare alle attività quotidiane. Nel caso di una sutura meniscale, al contrario, il ginocchio non deve essere sollecitato dal carico per circa un mese, per consentire la guarigione. Ancora più complesso il recupero dopo ricostruzione del legamento crociato anteriore: dopo un mese ci si attende una flessione di 120°, dopo due mesi si può pedalare, al terzo iniziare a correre, fra il quarto e il quinto riprendere un allenamento completo, e solo dopo sei mesi tornare all’agonismo. Molto dipende anche dal tipo di trapianto utilizzato: semitendinoso e gracile comportano meno dolore post-operatorio ma richiedono fino a due anni per un recupero totale, mentre tendine rotuleo e quadricipitale sono più invasivi da prelevare ma garantiscono maggiore resistenza, ideali per sportivi con elevate esigenze funzionali. Va ricordato, infine, che il tendine deve non solo integrarsi nell’osso ma trasformarsi biologicamente in legamento: un processo che richiede tempo e che spiega perché il ritorno allo sport non possa mai essere immediato».
La rubrica è realizzata in collaborazione con Asst Cremona e può essere ascoltata sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e anche sul suo canale YouTube.
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