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PILLOLE DI SALUTE

Infarto del miocardio: «Sport e addio al fumo alleati del cuore sano»

Il primario di Cardiologia dell'Asst di Crema, Michele Cacucci, illustra i sintomi tipici dell'infarto e i migliori metodi di prevenzione. Ecco come una diagnosi tempestiva può salvare la vita

Cristiano Mariani

Email:

cmariani@laprovinciacr.it

25 Settembre 2025 - 05:20

CREMA - Michele Cacucci, laurea in Medicina all’Università di Bari e specializzazione al Policlinico di San Donato, è il direttore della Cardiologia dell’Ospedale Maggiore. Nella settimana dedicata alla prevenzione delle patologie cardiovascolari, parla dell’infarto acuto del miocardio, causa all’incirca del 9% dei decessi complessivi registrati in Italia annualmente.

Dottore, che cos’è l’infarto del miocardio?
«È un malattia del cuore legata all’occlusione dell’arteria, ovvero del vaso che porta ossigeno al muscolo cardiaco».

Quali sono i sintomi tipici e quali quelli ingannevoli?
«Quello classico è il dolore al petto, di solito non localizzato e a volte irradiato al braccio sinistro, al collo, alla mandibola. Questo è il quadro classico. Ma purtroppo, vi è una serie di manifestazioni che possono ingannare, come il dolore alla bocca dello stomaco. E altre volte, non c’è proprio sintomo: ci può essere solo sudorazione e ciò accade soprattutto ai diabetici».

Quanto è importante il fattore tempo nella diagnosi e quindi nel trattamento dell’infarto?
«Considerando che la circolazione del cuore è terminale, ovvero non ci sono dei sistemi di compensazione, nel momento in cui si chiude un’arteria le cellule del cuore, dipendenti dall’ossigeno, iniziano immediatamente a morire. Quindi, il tempo diventa un elemento essenziale, perché le cellule sono ormai definitive e non possono essere sostituite. Da sempre si dice che il tempo è muscolo. E prima si interviene, prima si salva il muscolo cardiaco e ovviamente meglio è».

Quali sono gli esami fondamentali per effettuare una diagnosi rapida?
«Attualmente, all’interno di tutti i Pronto soccorso, i pazienti con un dolore toracico, dall’ombelico in su, vengono sottoposti immediatamente a un elettrocardiogramma. E l’elettrocardiogramma è il primo elemento che ci permette di prendere delle decisioni. Se risulta tutto normale, si passa al prelievo per ricercare le sostanze, che vengono prodotte durante l’infarto. Se invece il tracciato è alterato, si va direttamente in sala operatoria».

«E quali sono le terapie di riferimento per contrastare l’infarto acuto?
«Ci tengo a dire una cosa che, a volte, non viene perfettamente compresa: l’infarto non è prevedibile. Mentre la cardiopatia ischemica cronica ha una serie di attività diagnostiche, che ci permettono di prevedere la situazione delle coronarie, non è lo stesso per l’infarto. Un paziente può avere anche una placca del 30-40% che non dà sintomi: si rompe e causa l’infarto. E ciò, attualmente, non è prevedibile. Ovviamente, però, se si attuano tutta una serie di atteggiamenti preventivi, come il controllo del colesterolo piuttosto che della glicemia, della pressione, una buona attività fisica, una corretta alimentazione, lo stop al fumo e così via, la probabilità si riduce, anche se non si azzera. Questo è soprattutto vero, perché in pazienti, lo dicevamo una volta quando facevamo tante prove da sforzo, l’esame può risultare negativo: ma all’uscita dall’ospedale si verifica l’infarto. Purtroppo questa cosa succede e succederà, perché, lo ripeto, non è prevedibile. Quindi, è proprio lo stile di vita la forma principale di prevenzione di questa di tipo di patologie».

Ma quanto è importante la prevenzione nella riduzione del rischio?
«È essenziale. Non abbiamo altre armi, se non la prevenzione. Per fortuna, negli ultimi anni, si sta investendo tantissimo su questo aspetto. In particolar modo su una prevenzione correlata non solo allo stile di vita, quindi all’attività fisica, ma anche una buona alimentazione, la riduzione dello stress, oltre al contenimento di alcuni dei fattori di rischio, come il colesterolo. Del resto, abbiamo ormai delle molecole eccellenti, che ci permettono, per il colesterolo, di raggiungere quegli obiettivi previsti dalle linee guida, ovviamente con un sacrificio da parte del paziente. E nel contesto della sensibilizzazione, chiaramente, rientra la settimana dedicata alla prevenzione».

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