L'ANALISI
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05 Febbraio 2024 - 19:20
CREMONA - «Il mio obiettivo non è tagliare nastri. Mi considero un passista che desidera tirare la volata ai talenti per valorizzare il protagonismo della città»: Andrea Virgilio, candidato sindaco in pectore del centrosinistra, si descrive con una frase semplice in cui è inscritto un pensiero complesso. Traslando la metafora sportiva dai pedali al pallone (quello grigiorosso, che infiamma il suo cuore), Virgilio si vede più un regista alla Castagnetti che un bomber alla Coda: un amministratore che disegna le strategie e detta i tempi dell’azione. Alla vigilia dell’investitura ufficiale, l’attuale vicesindaco della giunta Galimberti parla della sua visione di città, mette a tema i punti salienti del (futuro) programma elettorale e si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa.
Dopo dieci anni da assessore, di cui cinque da vice sindaco, quali i motivi di orgoglio?
«Tengo a sottolineare i risultati della partita sugli investimenti, sia materiali che immateriali. Abbiamo intercettato una mole considerevole di risorse per attivare processi virtuosi di riqualificazione e trasformazione della città, a partire dai 15 milioni del progetto ‘Giovani in centro’. E poi cito gli interventi sulle periferie, che riguardano scuole, case popolari, parchi e, più in generale, contesti in grado di favorire la vivibilità. Non dimentico il turismo, tema su cui si sono raggiunti traguardi importantissimi, e il tenace lavoro svolto per l’ampliamento di attività produttive e per l’insediamento di nuove realtà».
Quale il rammarico e quali i fronti caldi del lavoro di prospettiva?
«Il cruccio è non aver potuto destinare maggiori risorse alla gestione ordinaria. Si è trattato, però, di una scelta politica orientata a finalizzare i progetti di ampio respiro. Quanto al futuro, ritengo che la città abbia bisogno di un maggiore presidio della quotidianità. Le manutenzioni e il decoro, anche attraverso un’attività più capillare da parte di Aem e grazie a un patto civico con i segmenti di popolazione desiderosi di mettersi in gioco, devono diventare sempre più centrali, così come occorre valorizzare il ruolo del corpo di Polizia locale, che necessita di investimenti sul personale. Penso anche al rafforzamento del presidio sociale con figure in grado di esprimere un senso di fortissima prossimità. E poi c’è il tema delle alleanze territoriali, già sviluppato attraverso iniziative come il Contratto di fiume. Cremona capoluogo è chiamata, da un lato, ad essere più presente nel quadro dell’amministrazione provinciale e, dall’altro, ha il compito di contrastare quelle divisioni territoriali che penalizzano la provincia».
Capitolo Pnrr: c’è fiducia sul processo di ‘messa a terra’?
«C’è assoluta certezza. Si sono aperti i primi cantieri e altri se ne apriranno nelle prossime settimane, tra cui quelli al quartiere Po e al Boschetto. Il nodo riguarda l’impegno della macchina amministrativa, perché l’opportunità offerta dal Pnrr ha fatto emergere le difficoltà della Pubblica Amministrazione nell’attrarre nuove risorse. Il rapporto farraginoso con gli enti sovraordinati rende il percorso più faticoso. Il rispetto di rendicontazioni e scadenze e i complessi rapporti con la Soprintendenza dilatano inevitabilmente le tempistiche».
All’annuncio della sua disponibilità alla candidatura, l’intervento dell’onorevole Luciano Pizzetti ha aperto un dibattito sulla necessità di discontinuità rispetto al recente percorso amministrativo.
«Voglio aprire una nuova stagione politica, fissando nuovi obiettivi e nuove priorità con il coinvolgimento di attori diversi, sia in seno alla giunta che nella classe dirigente del centrosinistra in senso allargato. Un ricambio generazionale sarà non solo necessario, ma fisiologico. La questione discontinuità, tuttavia, rischia di rivelarsi una categoria vuota se non verrà riempita di sostanza e di contenuti. In questi dieci anni la città è cambiata e ha mosso importanti passi avanti, perciò il tema della continuità deve andare a braccetto con quello della responsabilità. Non mi candido per cancellare dieci anni di amministrazione, anzi, rivendico con orgoglio quanto di buono è stato fatto, consapevole che ciò significa fare i conti sia con i punti di forza che con quelli di debolezza».
Secondo i rumors, un sondaggio promosso dal Pd ‘boccia’ l’amministrazione Galimberti. Come pensa di smarcarsi per riuscire a intercettare gli scontenti?
«Nessuna bocciatura. Anzi, il giudizio emerso è discreto. La domanda, piuttosto, è un’altra: il risultato è sufficiente a contrastare il vento nazionale? Non c’è dubbio che serva un rilancio. Per allargare il consenso non bisogna, però, rivolgersi a nuovi bacini elettorali, anzitutto perché la coerenza fa sempre la differenza e poi perché in una città di 70mila abitanti c’è l’opportunità di guardarsi tutti in faccia. È il contatto diretto con le persone lo strumento su cui puntare. Quanto alle alleanze, rinnovo la mia disponibilità a parlare con tutti. Credo che occorra consolidare le intese preesistenti e aprirsi anche a nuovi soggetti come Azione, Italia Viva e anche le realtà civiche emergenti».
È stato commesso un errore sul tema del termovalorizzatore?
«Ne sono stati commessi due, uno conseguente all’altro. Prima di tutto abbiamo ideologizzato la questione, poi abbiamo indicato delle scadenze rispetto allo spegnimento. Sono convinto che il nostro obiettivo debba essere quello di investire in rinnovabili, anche all’interno di quel comparto. Ora il termovalorizzatore ha la possibilità di bruciare 70mila tonnellate, con scadenza nel 2029; oggi lo alimentiamo per 7mila tonnellate, quota sensibilmente inferiore alle 20mila registrate prima del nostro insediamento. Il dato dimostra tutto il valore della differenziata, con prospettive di miglioramento sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo. Nell’organizzazione complessiva risulta sempre più conveniente dotarsi di impianti di grandi dimensioni, perciò dobbiamo lavorare nell’ottica di investire in nuove tecnologie. Le politiche ambientali integrate erano e restano un essenziale strumento di economia circolare».
E l’affaire Ponchielli avrebbe potuto essere gestito diversamente?
«È naturale che il mio obiettivo sia occuparmi del futuro del teatro senza restare prigioniero di percorsi pregressi, ma è altrettanto ovvio che, se ci sono ferite ancora aperte in determinati mondi, sarà mia responsabilità lavorare il più possibile per sanarle. Sulla storia recente del teatro è impressa a fuoco la firma di Angela Cauzzi, ma è evidente che i buonissimi risultati attuali sono merito di Andrea Cigni. Il Ponchielli ha consolidato il rapporto con la città, ha aumentato il numero dei soci sostenitori e sta lavorando con successo in autonomia sul fronte delle sponsorship e su quello dei bandi.
Tra le sfide imminenti c’è quella del nuovo ospedale.
«La suggestiva dimensione della progettualità architettonica trasmette innovazione. Il compito del Comune è quello di presidiare concretamente il percorso realizzativo nel più ampio quadro della strategia di rigenerazione urbana, per questo serve al più presto un tavolo di lavoro operativo. È innegabile che il grande cantiere del polo ospedaliero sia strettamente connesso all’enorme tema della Medicina territoriale. Il nuovo ospedale può rivelarsi un importante elemento attrattivo per i professionisti della sanità, ma non sarebbe giusto appiattirsi su questo dato. Aspetti come il ruolo della futura casa di comunità, la missione degli enti locali e il compito di Cremona Solidale devono rientrare in una visione policentrica, che non può prescindere neppure dall’approfondimento di problemi annosi come quello delle liste d’attesa. La protesta dei comitati? Fa parte di un approccio culturale della nostra città. Comunicare, trasmettere e partecipare è importantissimo per costruire un percorso di accompagnamento verso l’innovazione».
Lei viene dal terzo settore, come uno dei futuri protagonisti della campagna elettorale, Alessandro Portesani, che ha già avuto modo di presentare la propria idea di Welfare. Quali le differenze d’approccio?
«Quello del Welfare è un tema gigantesco, non solo per la consistenza della spesa sociale. Sono fondamentali gli investimenti sulle famiglie e sulla natalità, così come è cruciale affrontare il tema delle fragilità, sempre più numerose e diversificate. Inoltre, come Comune dobbiamo farci carico del nuovo contratto delle cooperative sociali e dare dignità ai lavoratori che rappresentano la prima linea del Welfare. In passato i processi di esternalizzazione si traducevano in mero sfruttamento, oggi è vitale aprire un confronto con le imprese sociali per valorizzare questi preziosi profili. Ma c’è anche un tema di qualità e di gestione. Ritengo imprescindibile dare spazio al terzo settore come braccio operativo e soprattutto come testa pensante nella sua capacità di lettura immediata dei bisogni. Aggiungo una riflessione a cui tengo molto. C’è chi si innamora facilmente degli strumenti, ad esempio i voucher, io invece mi innamoro del processo. Dietro ogni anziano c’è una caregiver chiamato a scegliere tra fornitori di servizi: l’importante è che questa scelta non sia fatta in solitudine, altrimenti diventa mercato. I caregiver sono il Welfare nascosto della nostra società. Il mio sogno è trasformare Cremona in un grande centro di elaborazione delle politiche sociali sviluppando il rapporto con le università e le imprese del territorio».
E i giovani?
«Parto citando il progetto che coinvolge San Francesco, hub per i giovani con spazi per lo studio e per la musica e un ulteriore piano da esplorare e da riqualificare. I miei occhi sono puntati anche sul Polo tecnologico, realtà dinamica e in progressiva espansione, con nuovi comparti da implementare: è proprio lì che vorrei avviare un innovativo intervento di trasformazione delle aree cementificate in veri e propri boschi urbani. Infine, il mio sogno resta il recupero dell’ex cinema Tognazzi: per quel luogo così carico di significati per i cremonesi, ho un disegno preciso a misura di giovani».
Cremona può accogliere nuove manifestazioni in ambito culturale?
«Il Po è un mio pallino, vorrei organizzare un festival imperniato sulla dimensione culturale popolare del Grande Fiume, tra letteratura e storia, folclore e volontariato, sporte natura».
Hanno debuttato le Assise, momento di confronto fra le categorie.
«Un appuntamento molto interessante, in grado di offrire un fermoimmagine della situazione territoriale, da far evolvere, poi, in un autentico film. Auspico possa diventare un modello per partite altrettanto strategiche, come quelle delle infrastrutture e dell’energia».
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