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IL RICORDO

Una lapide in Bosnia per il sacrificio di Fabio Moreni, simbolo di pace e umanità

A trent'anni esatti dall'uccisione del volontario cremonese e degli amici bresciani uccisi nel 1993, la commozione sul luogo dell'eccidio. Il cugino: «La partecipazione di tanti bosniaci ha dato spessore al loro sacrificio»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

29 Maggio 2023 - 22:48

CREMONA - Ex Jugoslavia, sabato 29 maggio 1993: a 7-8 chilometri da Gornij Vakuf, l’agguato su una curva della Diamon route, strada sterrata che si inoltra nel bosco. Un viaggio di andata senza ritorno. Lunedì 29 maggio 2023: lì dove ci fu l’imboscata, da oggi c’è una lapide. Vi è inciso: «Compiendo una missione umanitaria, i volontari della pace Guido Puletti, Fabio Moreni e Sergio Lana furono qui massacrati il 29 maggio 1993. Questa lapide posero i loro compagni».

Una lapide in ricordo di Fabio, volontario di Cremona, e degli amici bresciani Sergio e Guido, barbaramente assassinati trent’anni fa mentre portavano aiuti umanitari alla popolazione stremata dalla guerra civile. Assassinati a colpi di kalasnhivok da miliziani armati appartenenti alla banda bosniaco-musulmana del paramilitare Hanefija Prijic, nome di battaglia “Comandante Paraga”. Fabio aveva 39 anni.


Gianluca Arata è emozionato: è il cugino di Fabio (suo padre era primo cugino di Valeria Arata, mamma di Fabio). Dallo scorso marzo è presidente della Fondazione Fabio Moreni. Due giorni fa è volato con il vice Fabrizio Zanoni in Bosnia- Erzegovina. Sono volati anche i genitori di Sergio Lana, mamma Franca e papà Augusto, insieme a Giancarlo Rovati, sino a dicembre presidente della Fondazione.


Lì, sulla Diamon route, Gianluca è tornato con la memoria alla mattina di 30 anni fa «quando a casa squillò il telefono. Era il 30 o il 31 maggio. Si sapeva che c’erano tre morti, ma non si sapevano i nomi. Si sapeva che c’erano dei sopravvissuti. Andammo a casa di Valeria». A casa della madre di Fabio si precipitò anche don Attilio Arcagni, allora a capo della Caritas. «Non scorderò mai le parole di Valeria — prosegue Gianluca —. Disse: ‘Speriamo che tra i sopravvissuti ci sia Sergio che ha 20 anni’». Trent’anni dopo, per Gianluca ripercorrere la Diamon route provoca un sentimento forte, perché «gli altri anniversari li abbiamo celebrati a Cremona, ma essere qui».


È un lunedì di commozione e commemorazioni. Un lunedì iniziato con la messa alle 11.30 celebrata dal cardinale Vinko Puljić, arcivescovo emerito di Sarajevo, inseme al parroco di Gornij Vakufe. Una chiesa grande come quella di Cristo Re — la parrocchia di Fabio — ma troppo piccola per contenere tutti. Era piena dentro, lo era fuori di bosniaci solidali. L’arcivescovo preferisce non parlare dell’eccidio, «per non toccare la ferita», ma chiede «di pregare per chi ha commesso i crimini efferati e inutili. L’odio distrugge l’uomo, la nebbia occupa le menti di chi fa la guerra . «L’arcivescovo ha detto di non stancarsi di creare pace - raccontano Arata e Zanoni —. Ha precisato che c’è molta riconoscenza verso gli italiani impegnati ad aiutare le persone bosniache. Ha parlato dei benefattori di quei tempi ispirati dalla fede e dal conforto per vivere la speranza. Ha detto che questi tempi sono caratterizzati da persone sempre più orientate ai valori terreni, a differenza dei tre volontari che hanno dato la loro vita».

L’arcivescovo ha «grande memoria di ciò che accadeva, giorno dopo giorno, nella ex Jugoslavia. La terra bosniaca è stata bagnata dal sangue di questi ragazzi che sentiamo anche un po’ nostri». Dalla chiesa, il trasferimento, scortati dalla polizia, nel punto dell’agguato. Davanti alla lapide e alla corona di fiori, il sindaco dice: «Hanno lasciato qui la cosa più preziosa, la loro vita. E qui siamo oggi per commemorare la loro scomparsa, non li dimenticheremo mai. Da questo luogo vogliamo mandare un messaggio di pace affinché non succeda mai più a nessuno».

Per l’ambasciatore d’Italia a Sarajevo, Marco Di Ruzza, «è una giornata importante, perché coincide con una ricorrenza importante, non facile emotivamente, ma la cui commemorazione è giusta e doverosa, di grande valenza simbolica e dall’immenso contributo costruttivo». Un evento che l’ambasciatore ha voluto «fortemente, perché il sacrificio di Sergio Lana, di Guido Puletti e di Fabio Moreni sia fonte di ispirazione per tutti coloro che si impegnano a favore di un reale processo di riconciliazione in Bosnia Erzegovina e sempre più simbolo dell’amicizia e della collaborazione tra i nostri Paesi». Alla commemorazione c’è anche l’imam. «La partecipazione di tanti bosniaci è stata di conforto nel dare spessore al sacrificio di Fabio , Guido e Sergio», sottolineano Arata e Zanoni.


Cremona, sette di sera. A Cascina Moreni, il vescovo Antonio Napolioni celebra la messa in ricordo di Fabio e degli amici assassinati. «Il Signore ci viene a cercare - dice Napolioni —. Lui sa darci una sera senza tramonto, specie a chi dato la vita più simile alla sua. Solidarietà e vicinanza a chi è nella prova. Questo è il modo migliore di fare memoria di Fabio e degli altri, sto è il modo migliore di ripartire con più coraggio e più generosità: camminare sulla strada che ora è tracciata per noi. Non sarà Sarajevo, saranno altre le frontiere, i luoghi di incontro. Magari ce li abbiamo sotto casa, nel condominio, nel quartiere e anche lì possiamo osare essere testimoni di accoglienza, di condivisione, di vera fraternità, quella di figli di Dio, quelli di figli di Maria e persino anche quella di figli di Eva».   

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