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LE TESTIMONIANZE

Guerra in Ucraina, le badanti a Crema: "Viviamo nel terrore"

Il racconto degli assistenti familiari: l'ansia di chi è in Italia e l'angoscia di chi è bloccato in patria

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

25 Febbraio 2022 - 05:25

CREMA - Mentre Natasha pedala lungo viale Repubblica, i suoi occhi verdi luccicano di lacrime. Pinza i freni e si ferma accanto a un panchina, dove un capannello di persone confabula fitto fitto. Gli sguardi sono persi. «Mio genero sta per partire, ha già lo zaino pronto», bisbiglia Natasha con il groppo in gola. Svetlana, due passi più in là, annuisce in silenzio. E poi, con voce cupa, dice: «Tanti hanno scelto di diventare volontari. E non soltanto tra i giovani». L’eco delle bombe che esplodono in Ucraina piove nitido e drammatico anche qui, ai piedi di Porta Ombriano, su questa panchina che è ritrovo abituale per gli assistenti domiciliari ucraini che lavorano in città. E che, oggi più che mai, sono stretti l’uno all’altro per condividere la paura e la rabbia.


«Non è giusto — sussurra Dina, la veterana del gruppo —. Putin è un folle e dice solo bugie sul conto del popolo ucraino. Noi siamo onesti lavoratori, gente pacifica. Ma di certo lui non si fermerà e ora temiamo il peggio per i nostri cari». Dina è originaria di Černivci, vicino al confine con la Romania: lì ha figli, nipoti, parenti e amici, come tutti i colleghi che in terra cremasca hanno trovato lavoro e serenità. Tra loro c’è Grigory, nato in una cittadina non lontana da Leopoli: «La guerra è a pochi passi dalla città — spiega —. Non osiamo immaginare cosa accadrà da questo momento in poi. Noi vogliamo soltanto la pace». Un desiderio che fa a pugni con l’angoscia in cui è sprofondato l’intero Paese: «Qualcuno — dice Grigory — ha trasformato le cantine in bunker per proteggersi dalle esplosioni. Si vive nel terrore».


Natasha, Svetlana, Grigory e gli altri che siedono attorno alla panchina rivolgono il proprio pensiero anche agli altri badanti e collaboratori domestici bloccati in Ucraina. Come Oksana Hrytsiuk, da tempo assistente di numerose famiglie del Cremasco, ora blindata nella sua città d’origine, Kaluš, ai piedi dei Carpazi. Ieri il suo telefonino è squillato poco dopo l’alba: un’amica che vive a trenta chilometri di distanza le ha inviato il video di una spaventosa esplosione. «Hanno attaccato una cisterna di carburante — balbetta Oksana, ancora sconvolta —. La situazione è orribile, siamo tutti atterriti».


Oksana per anni è stata al servizio di una famiglia di Monte Cremasco. A prendere il suo posto è stata Domna Osypchuk, ucraina come lei: «Non la vogliamo questa guerra — singhiozza —. I miei familiari sono sani e salvi, per ora, ma sono in ansia e mi fa male il cuore». Le parole si impastano. Domna cerca il fiato, ma non lo trova. E scoppia a piangere. Nella sua testa solo pensieri angosciosi.

(VIDEO DI RICCARDO ROSSI)

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