Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

3 MINUTI 1 LIBRO

Cuor di leone e «ossa di cristallo»

Mattia Muratore sfida alla disabilità e diventa campione del mondo di hockey. Ironici e dissacranti racconti di vita quotidiana contro gli stereotipi

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

23 Novembre 2022 - 05:25

CREMONA - «Quando la passione è così forte, come nel mio caso, ti permette anche di andare oltre i limiti fisici imposti dal tuo corpo e provare a riuscire comunque a spostare i tuoi confini un po’ più in là. Da quando ho iniziato a giocare a hockey è stato amore a prima vista e, sebbene sempre con molta prudenza e anche con un po’ di paura, comunque ho sempre cercato di portare avanti la mia carriera nel migliore dei modi ovviamente con tutte le protezioni e cautele possibili».

E l’ha fatto molto bene, tanto da diventare capitano della nazionale italiana di powerchair hockey, cioè hockey su carrozzina elettrica, campione del mondo nel 2018. Perché Muratore convive dalla nascita con una grave forma di osteogenesi imperfetta, la cosiddetta malattia delle «ossa di cristallo», ma ha una vita sociale molto attiva ed è, da sempre, dalla parte del rock. Ora racconta come è riuscito ad andare oltre i limiti nel libro «Sono nato così, ma non ditelo in giro», con prefazione di Luciano Ligabue. La sua insomma, per parafrasare il titolo di una delle canzoni più famoso del rocker di Correggio, è stata tutt’altro che «una vita da mediano». Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista «Tre minuti in libro» online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

Con una scrittura semplice e incisiva, del tutto priva di autocommiserazione o retorica, questa storia, venata di intelligente umorismo, a tratti romantica, ma mai sdolcinata, anzi «a volte perfino paradossale» come spiega lui stesso, raccontando situazioni irresistibili di vita quotidiana ribalta lo stereotipo buonista che abitualmente si accompagna alla disabilità. E rende la preziosa consapevolezza della responsabilità di tutti verso chi il rispetto degli altri e la libertà di vivere deve conquistarseli giorno per giorno. Già alla scuola materna le fratture che aveva collezionato non si contavano sulle dita di mani e piedi.

Eppure, grazie all’ironia e alla leggerezza con cui è trattata, questa non è una storia di dolore o sofferenza, ma di una eccezionale quotidianità, fatta, come per tutti, di primi appuntamenti, concerti e derby, ma conditi da quei frequenti momenti tragicomici che capitano a chi, come l’autore, si trova immerso dentro il mondo della disabilità. Contro i pregiudizi ha lottato nella vita, contro le barriere ha lottato a scuola (riuscendo ad arrivare all’abilitazione alla professione di avvocato). Come si convive fin dalla nascita con un problema di quel tipo lì? viene da chiedergli senza girarci troppo intorno.

«Per me è la normalità, sono nato con questa compagna di vita e sono destinato ad averla con me per sempre. Quando convivi con l’alto rischio di fratture, che significano dolore, immobilizzazione, operazioni, hai un bivio davanti a te: o ci si chiude sotto una campana di vetro e non si vive più provando a diminuire il rischio di farsi male, oppure si cerca di vivere comunque una vita il più possibile normale accettando di fatto anche la possibilità che ogni tanto qualche fratturina arrivi. La mia famiglia, i miei genitori, mi hanno sempre spinto a scegliere la seconda strada perché mi hanno sempre ripetuto che le ossa in qualche modo si aggiustano le occasioni perse e la vita non vissuta quelle non poi non tornano più indietro».

Il primo capitolo del libro è intitolato «I disabili e i loro innegabili vantaggi», come a dire proviamo a sdrammatizzare con un sorriso. «Credo che l’ironia sia sempre lo strumento migliore per fare arrivare determinati messaggi, grazie a essa le parole assumono una potenza diversa. Il libro è estremamente ironico, autoironico, ai limiti a volte del paradossale proprio perché io voglio cercare, nella speranza di esserci riuscito, di abbattere alcuni luoghi comuni, dogmi diciamo prettamente teorici che ruotano intorno al mondo della disabilità. Ho voluto proprio concentrarmi su quella che è la quotidianità alla reale quotidianità e anche su tutte quelle situazioni tragicomiche che puntualmente avvengono e che a me personalmente divertono sempre molto».

E nel suo racconto ne ha inserite a decine, dai disabili allo stadio, ai concerti, agli hotel, a far la spesa, a «dragare» ragazze. Tutto molto divertente, ma anche capace di arrivare al cuore del problema. Nel suo percorso racconta anche con grande ironia le furbate di certe persone con disabilità, perché non sono tutti uguali, ci sono anche quelle stronze. «Voglio parlare della vita vera che è molto diversa da quella che a volte viene raccontata, con le persone disabili che vengono spesso descritte come esseri angelici al di sopra di ogni peccato. In realtà non è così perché i disabili esattamente come qualsiasi altra categoria di persone sono persone che hanno pregi e difetti, hanno punti di forza e debolezze, hanno vizi e virtù esattamente come chiunque altro. E io tengo proprio a precisare questo: credo che ormai nel 2022 sia arrivato il momento che si inizi finalmente a rapportarsi con le persone con disabilità partendo prima di tutto dal presupposto ci si sta rapportando con delle persone e solo in un secondo momento hanno anche una disabilità che non è altro che una delle tante tantissime caratteristiche che possono dipingere una persona e questa altro non è che una caratteristica dell’insieme che va poi a generare un individuo».

È questo il senso di una lettera aperta che rivolge al presidente della Repubblica chiamandolo sportivamente «mister», di fatto un decalogo dei diritti e doveri delle persone disabili. «Ho scritto questa lettera immaginaria al presidente della Repubblica perché sono molto attaccato al nostro Paese e non mi do pace quando mi rendo conto che, viaggiando e andando spesso all’estero, devo ahimè constatare quanto ancora si faccia fatica in Italia, quanto ancora siamo indietro su tante cose dal punto di vista architettonico, culturale e sociale. Il mio è una sorta di disperato appello a cercare in qualche modo di migliorare le cose di rendere la vita di tutti un po’ più facile».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400