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Lauro Zanchi: «Due tragedie e la voglia di lottare»

Il deragliamento del Frecciarossa e il Covid hanno stravolto un territorio. Il professore e scrittore cremasco «viaggia» nell’anima di chi ha reagito e degli sconfitti

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

16 Novembre 2022 - 05:25

CREMA - «È un libro che ha come scenario la nostra terra, fa riferimento alla pandemia, però ovviamente non è un’indagine sul Covid dal punto di vista medico e scientifico o politico, ma semplicemente un’indagine sulla vita di alcune persone per capire come è stato davvero quel periodo. Credo che leggendolo si possa trovare qualcosa di noi in questi personaggi». Lauro Zanchi, cremasco insegnante di tecnologia informatica, dopo il successo de «La dissolvenza della memoria», romanzo pluripremiato, torna sugli scaffali con «La solitudine delle vite nascoste». Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista per la rubrica «Tre minuti un libro» online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

Le vite nascoste sono quelle di Nicola, affermato ingegnere milanese, che sale sul treno delle cinque e dieci: è atteso a Roma al ministero dell'Ambiente; quella di Filippo, volontario nei Vigili del fuoco, che presta servizio in una nottata che pare tranquilla, finché la sirena del comando, ululante, lo costringe a saltar giù dalla branda; quella di Antonia, medico esperto con la passione per la scrittura, scossa da un'emergenza durante il suo turno ospedaliero: l’alta velocità ha deragliato, sono a decine i feriti da soccorrere; quella di Ilaria ordina la solita colazione al bar Byblos di Crema, prima di raggiungere la sua farmacia in centr; quella di Cico che sente in tv una notizia allarmante: scoperto il primo caso di Coronavirus in Italia.

Nel corso della narrazione il coro si amplia, le sue voci si intrecciano: c’è Beatrice, intrepida anestesista che per prima sperimenta i farmaci antivirali, sfidando il mainstream scientifico; o Alberto, uomo d'affari incapace di sopportare le restrizioni e, soprattutto, le difficoltà. È il racconto delle diverse reazioni alla stessa tragedia: c’è chi diventa migliore e chi esce di scena nel modo peggiore, perché la pandemia non ci ha fatto diventare tutti più buoni. «Credo che facendo una considerazione vagamente sociologica del contesto, si siano anzi dilatate le distanze tra le persone positive e quelle negative: c’è stato questo divario e ognuno racconta la propria storia e il suo modo di rapportarsi non solo con la pandemia, ma con la vita che verrà dopo», spiega Zanchi.


Il romanzo è ambientato nei nostri territori, quindi Crema e il lodigiano «e parte da un episodio che mi tocca molto tanto che all’inizio ero convinto di scrivere proprio di quella vicenda cioè il deragliamento del treno Frecciarossa nel lodigiano degli inizi di febbraio del 2020. Mentre la abbozzavo, siamo stati catapultati dentro a un altro evento per numero e per durata ancora più drammatico: il Covid. Due vicende basterebbero a sconvolgere per secoli una piccola realtà. Però questa provincia alla fine è diventata all’avanguardia della battaglia alla pandemia. Noi siamo stati i primi a subirne le conseguenze, ma nonostante tutto, queste storie possono essere riportate in qualsiasi parte d’Italia».

Nel racconto si fa cenno alla necessità di avere coraggio in situazioni critiche, come quello dimostrato dalla dottoressa che si è messa totalmente in gioco per capire come si poteva curare il paziente zero: «È chiaro che ad un certo punto nella vita ciascuno di noi deve prendersi le proprie responsabilità anche se a volte può costare molto, nella carriera lavorativa nei rapporti con gli altri. Ho creato questo medico, Beatrice Patrini, nome del tutto inventato, che a un certo punto si fa carico per conto degli altri di assumere decisioni che nessuno vuole prendere. Parlando con amici medici e personale sanitario che hanno effettivamente operato emergono grandi gesti umanitari. Nessuno di loro si è però sentito un eroe: prendersi le proprie responsabilità non è eroismo ma un atto di coerenza».

Centrale la figura di un volontario dei Vigili del fuoco il cui dramma personale si intreccia su quello collettivo. «Assume questo ruolo perché perché qualcun altro in un certo momento della sua vita aveva fatto la stessa cosa con lui. È il paradigma di tutti coloro che nei momenti drammatici del nostro Paese, come terremoti, alluvioni, Covid, si fa carico delle vite degli altri: mi è molto caro il tema del volontariato: entra in ogni mio romanzo, ho voluto dare il giusto rilievo a figure che devono essere sempre ricordate e raccontate».

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