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Totò Cascio: «Ho fatto pace con il piccolo me»

Diario intimo del bambino di Nuovo cinema Paradiso diventato adulto. La grave malattia agli occhi accettata con la fede e la forza di volontà

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

26 Ottobre 2022 - 05:25

CREMA - «Il mio piccolo Totò, stregato da una sala cinematografica, aveva smesso di essere bambino, ma senza perdere l’innocenza del suo modo di vedere le cose. Al contrario il non potere più vederle gli regalava il dono di guardare lontano». Il regista Giuseppe Tornatore saluta così il ritorno di Totò Cascio, il bimbo di «Nuovo Cinema Paradiso» che con il film premio Oscar aveva commosso il mondo intero. Dopo questo film – che nel ’91 gli procurò anche il prestigioso Premio Bafta (lui e Roberto Benigni gli unici italiani ad averlo ricevuto) – Totò continuò a lavorare sia con Tornatore (partecipando a Stanno tutti bene, con Marcello Mastroianni) che con registi del calibro di Pupi Avati e Duccio Tessari. Tutto ciò̀ fino al 1999, anno in cui «firma» il suo ultimo film. Dopo di che, scompare. Perché? Totò lo racconta nel commovente ed emozionante libro-verità «La gloria e la prova, il mio Nuovo Cinema Paradiso 2.0», scritto con Giorgio Martino e con la prefazione dello stesso Tornatore e la post fazione di Andrea Bocelli, giunto alla quarta ristampa. E lo svela ai lettori del sito www.laprovinciacr.it nella videointervista a cura di Paolo Gualandris che viene messa oggi online.


«Ho avuto la gloria nella mia vita e poi sono scomparso, volontariamente, a causa della retinite pigmentosa, malattia che mi assilla fin dai tempi di Nuovo cinema Paradiso, quando faticavo e leggere il copione, ma che mi è stata diagnosticata in modo definitivo in un terribile giorno molti anni dopo dopo un calvario che mi ha portato a incontrare medici a Palermo a Roma, poi Losanna e Londra», ricorda. È stato un edema maculare, che gli ha procurato una perdita progressiva, irreversibile e quasi totale della vista – a farlo rinunciare a quella che era una carriera promettente e radiosa. Ai giornalisti che lo incalzavano non volle dire la verità, preferendo far credere che il cinema si fosse dimenticato di lui. Per anni è fuggito, ha declinato inviti e rifiutato occasioni di lavoro. Non si accettava disabile. Era astioso verso sé stesso e il mondo.


Una condizione che ha vissuto come una condanna: «Come una condanna a vita - precisa -. Poi grazie a Dio e grazie alla mia forza di volontà l’ho trasformata a ‘semplice’ condizione di vita. E quindi è cambiato tutto e sono ripartito a mille. E ho finalmente fatto la pace con il Totò del film, tornando a essere bambino come lo era lui». Oggi, a 42 anni, Cascio ha trovato la forza e la voglia di raccontare la sua esperienza in un libro che è insieme memoir cinematografico e racconto di formazione e di rinascita. Grazie alla sua fede, al suo coraggio e alla consapevolezza acquisita, ora può tornare a vivere una vita degna di essere vissuta. Ed è questo il suo «Nuovo Cinema Paradiso 2.0», dice scherzando. Così, rinato, lancia un segnale a chi è nella sua condizione: non nascondetevi, anzi imparate ad accettarvi. Per me farlo è stato molto terapeutico. Volevo parlare della gloria, ma anche della prova: averlo fatto è stato una cura per la mia anima». «Senza accettarsi, ci si porta dentro l’avversario più feroce. Me lo disse anche Bocelli: ‘Totò, la malattia “non è un disonore’. Sono state parole illuminanti».

Che cosa c’è rimasto oggi del bambino di allora? Finalmente può rispondere sorridendo: «Ho ritrovato la spontaneità l’entusiasmo la voglia di fare». Non ha paura di raccontare il percorso del suo travaglio. «Scappavo soprattutto da me stesso, avevo paura dell’handicap, di questa nuova condizione. Dopo tutto il percorso che ho fatto mi sono ritrovato con Totò bambino ed è stato bellissimo. Finalmente dopo tante lacrime finalmente ci siamo riappacificati io e Totò, ci siamo trovati». Nel suo bagaglio porta anche i momenti difficili. Passaggio fondamentale è stato riuscire a parlare del proprio disagio. Il momento di apertura? «C’è stata una bella telefonata con Leonardo Pieraccioni, che non sapeva nulla del mio problema. Una volta reso edotto mi rispose: ‘Qual è il problema? Per me non cambia nulla, ti stimavo prima e ti stimo adesso’. Il problema - riflette oggi Cascio - è tutto nella nostra mente e io voglio mandare un messaggio di forza, di speranza e anche di leggerezza e ironia, che non è naturalmente superficialità».


Concetti riassunti, come ricorda nella post fazione da Bocelli: in realtà qualunque cosa ti succeda il Paradiso è qui. Certo, Cascio non dimentica la generosità di chi gli ha dimostrato vicinanza: oltre alla sua famiglia, «Gli angeli», nel libro cita incontri con molti personaggi: Tornatore, Marcello Mastroianni, Ennio Morricone, Philippe Noiret, Andrea Bocelli, Fabrizio Frizzi, Adriano Celentano. Perché è importante fare conoscere le storie come la tua? «Perché ho ammirato e ammiro personaggi che hanno trasformato in positivo il loro dolore, il loro grido di sofferenza. Penso ad Alex Zanardi, Annalisa Minetti, Bebe Vio, lo stesso Bocelli. Le nostre storie possono essere d’aiuto».

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