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ATLETICA LEGGERA: IL PERSONAGGIO

L'intervista. Riccardo Orsoni: «L'Olimpiade, il mio sogno»

Tra ballo e marcia, l'atleta di Piadena punta ai Giochi: «Questo sport ha scelto me, non il contrario». La sfida con altri quattro azzurri per un posto: «Ma tra noi c’è massima sintonia e non competizione»

Fabrizio Barbieri

Email:

fbarbieri@laprovinciacr.it

04 Settembre 2023 - 05:10

Orsoni

Paolo Gualandris e Riccardo Orsoni nella redazione de La Provincia

CREMONA - Il valore della famiglia, l’importanza del sacrificio, l’attaccamento alle origini. Riccardo Orsoni ha soli 23 anni ma sembra molto più maturo. Sorriso contagioso, una serafino, un paio di jeans e due occhioni azzurri. Le speranze cremonesi di medaglia olimpica per la prossima edizione parigina sono riposte in lui. Ma non parlategli di pressione perchè tanto non lo scalfite. Lo abbiamo capito nella lunga chiacchierata - nella redazione di Cremona del giornale La Provincia di Cremona e Crema - con il piadenese che nel recente mondiale ha chiuso la sua gara di marcia al 16° posto.

Come si vivono queste competizioni?
«Era la prima volta. La pressione non esiste, si trasforma in adrenalina. I pronostici mi davano tra il 25 e il 29° posto e invece sono arrivato 16°. Ero il più giovane al mondiale».

Senza fare il suo miglior tempo...
«Onestamente le condizioni climatiche erano complesse. Devo dire che Budapest tra caldo e umidità assomigliava alla mia Piadena e quindi mi sono trovato quasi a casa...».

Perchè la marcia?
«Tutto è partito dalla scuola media quando Giangiacomo Contini (ex tecnico di Desalu) mi ha fatto provare. È stato amore a prima vista. La nostra poi è una zona perfetta per allenarsi: poche salite, tanta campagna. Ho fatto il solco sugli argini del Po. Poi ho vinto gli Italiani Under 16 e da lì ho capito che non sarebbe più stata solo passione».

È uno degli sport più faticosi.
«In realtà non sono stato io ad andare dalla marcia, ma lei a venire da me. E quando scatta la scintilla l’amore è garantito. In Italia abbiamo una grande scuola, campioni indimenticabili, una tradizione».

Marcia vuol dire anche Alex Schwazer. Cosa ne pensa?
«Non l’ho mai conosciuto. È un campione, un talento pazzesco. Poi la mia posizione è quella che se vieni pizzicato a usare un certo tipo di doping (epo, ormone della crescita ecc) sia giusto essere squalificati a vita. I muscoli hanno una sorta di effetto memoria e quando ti alleni sopra al tuo valore naturale il rischio è che si possano avere vantaggi anche senza doping. Sono contrario alle vicende penali però, per uno sportivo è sufficiente la radiazione. Ai complotti credo poco. Lui è stato un esempio per tanti quando era pulito. Se dovesse rientrare poi sarà bello confrontarsi e darà ancora più adrenalina sfidarlo».

La mente a volte fatica a riconoscere i propri limiti.
«È vero. Io sono molto giovane e il lavoro che sto facendo mi dà sempre miglioramenti. Quando arriverò ad un appiattimento dei tempi vedremo. So però che questo è uno sport democratico che restituisce quello che dai».

Riccardo Orsoni mostra il tatuaggio, un ponticello sul Delmona per ricordare la 'sua' Piadena

Qual è il suo sportivo di riferimento?
«Dico Kobe Bryant. Avevo la sua canotta da bambino. È stata la dimostrazione che anche se hai un talento pazzesco lo devi rispettare allenandoti sempre al massimo».

C’è rivalità tra colleghi?
«In realtà c’è grande armonia. Il nostro sport non permette distrazioni. Serve controllare il gesto tecnico, tenere l’occhio sul passo al chilometro. Avere vicino qualcuno ti stimola. Quando qualcuno vince c’è felicità per il risultato, non invidia».


Polemica di campanile. È nato a Asola ma è di Piadena. Le dà fastidio quando la chiamano atleta mantovano?
«No. Alla fine il mio paese lo porto sempre con me. Sono nato ad Asola per questioni di ospedale... Mi sono tatuato un ponticello sulla Delmona in piena campagna che passo sempre quando mi alleno. In fondo si vede un cancello di ferro e per me è stata la metafora della vita. Quel cancello mi porta dal mio paese verso il mondo. Anche geograficamente Piadena è perfetta come spostamenti verso Milano dove a volte mi alleno».

Piadena patria di giovani di successo. Lei e Bastoni eravate in classe insieme.
«Abita dietro a casa mia. Siamo amici. Io seguo le sue imprese all’Inter e lui le mie gare di marcia. Poi è chiaro che la vita ci ha portato a fare esperienze diverse. Anche da piccolino era bravissimo in tutti gli sport».

Come lei d’altro canto.
«Ho giocato a basket nel Corona Platina e a calcio nella Martelli come tutti i ragazzi del paese. Per tanti anni ho fatto anche danza moderna. Una scelta diversa da tanti ma che i miei genitori hanno appoggiato appieno. Ballare ti insegna regole, disciplina, sacrificio. Mi è servito molto. Di certo però la marcia mi riesce meglio di ogni cosa...».

Cosa c’è a Piadena che fa fare la differenza?
«I marubini».

Anche negli studi è un tipo particolare.
«Faccio conservazione dei beni culturali a Parma. Mi mancano sei esami e conto in due anni di chiudere. Con gli allenamenti non è semplice stare al passo».

Foto di gruppo nella redazione de La Provincia: Giacomo Guglielmone, Paolo Gualandris, Federica Ghizzi, Riccardo Orsoni, Fabrizio Barbieri, Mauro Cabrini, Daniele Duchi e Andrea Gandolfi

Ha mai tempo per fare qualche strappo alla regola?
«L’alimentazione deve essere perfetta ma c’è tempo per una birra ogni tanto con gli amici. Anche durante le vacanze comunque una mezz’oretta al giorno di attività non può mancare».

Sogno olimpico?
«Ovviamente c’è ma il regolamento nuovo non aiuta. Hanno tolto la 35 km lasciando solo la staffetta mista sulla distanza della maratona e i 20 chilometri. I posti per la staffetta sono già occupati dai big Stano e Fortunato. Ci giochiamo un posto in quattro per la 20. In questa stagione so di dover dare tutto per provarci».

Quanto strada fa al giorno?
«Circa 22-24 chilometri al giorno, 120-150 alla settimana. Ho detto che se vinco qualcosa di importante vorrei che mi fosse intitolata una stradina che va nei campi verso San Lorenzino. Non ci sono abitazioni però...» ride Riccardo.

Si vive marciando?
«L’unica via è entrare in uno dei gruppi sportivi. Io sono nelle Fiamme Gialle e devo dire che mi sento al top. Ho tutto quello che mi serve e dopo la vita da atleta c’è l’opportunità di entrare nella Finanza pura o seguire magari i giovani come allenatore».

Chi deve ringraziare?
«Il mio allenatore Alessandro Gandellini, il prof Filippo Ferrari che è stato una guida fin da piccolo, il Cus Parma e naturalmente le Fiamme Gialle. Poi chiaramente i miei genitori».

Che rapporto avete in famiglia?
«Stupendo. Papà Davide, mamma Annapaola e il mio fratellone Lorenzo mi seguono sempre, mi sostengono e non interferiscono mai. Sono la mia forza».

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