L'ANALISI
03 Luglio 2023 - 09:32
MONTE CREMASCO - Ha aggiunto un’altra perla a una carriera da triatleta ricca di imprese. L’ultima di Gian Marco Tironi è stata firmata al Challenge di Roth, gara iconica sulle lunghe distanze. Una sfida che il cremasco, classe ‘50, ha portato a termine vincendo e fissando il nuovo tempo record di categoria della manifestazione. Tutto questo nonostante un incidente in bicicletta dodici giorni prima della gara abbia messo in forte dubbio la presenza e ne abbia compromesso la condizione ottimale.
In precedenza, nel 2018, un altro incidente l’aveva costretto a saltare la partecipazione della competizione di Roth. Un conto aperto con la gara in Baviera che stavolta, nonostante la sfortunata coincidenza della vigilia, Tironi è riuscito a chiudere con il tempo di 11h46’26”. Lo ha fatto nel modo migliore e con grande soddisfazione, ovvero l’obiettivo che il triatleta tesserato Stradivari Team cerca in ogni sua nuova sfida. Stimoli che portano sempre verso nuovi obiettivi, benché siano ormai sei le gare su distanza Ironman terminate, con tanto di titolo mondiale conquistato a Kona nel 2016 in bacheca.
«Per me era l’appuntamento di Roth era una normalità – ha spiegato Tironi – ma è diventato impresa perché purtroppo un incidente capitato dodici giorni prima ha compromesso la condizione. Volevo andare vicino alle 11 ore di gara, mi ero preparato molto bene».
Un incidente era successo alla vigilia della partecipazione dell’edizione del 2018, una coincidenza che si è ripetuta.
«Sono stato investito da un’auto mentre mi stavo allenando in bicicletta: oltre a escoriazioni varie, ho preso anche una forte botta al torace. Non potevo più nuotare, in bicicletta non potevo spingere sui pedali e la corsa riuscivo a farla solo con il braccio a schiacciare il petto. La partecipazione pareva compromessa. Sino all’ultimo sono stato in dubbio, poi ho deciso di andare e comunque e di fare il possibile per finire almeno la gara».
Diciamo che le è riuscito di fare comunque un capolavoro.
«Nel nuoto sapevo di fare fatica e infatti ho aggiunto almeno una decina di minuti al tempo. La bicicletta è andata meglio del previsto con un buon parziale, poi a piedi ho pensato a gestire. Con l’esperienza sono riuscito a completare la sfida e con mia grande sorpresa sono riuscito addirittura a fare il record della categoria».
C’è un aspetto che l’ha colpita molto di questa esperienza?
«Ho fatto gare in tutto il mondo e non esiste un evento come Roth, con un coinvolgimento di pubblico incredibile (stimate dagli organizzatori 300mila spettatori, ndr), presente in ogni punto durante le tre frazioni. Una grandissima festa, carica di entusiasmo e di passione. Un’esperienza che è andata oltre la gara in sé, da pelle d’oca».
Qual è il segreto che le permette di centrare questi obiettivi?
«Nel mio caso è la testa. Nell’Ironman la forza mentale è più del 50% e l’allenamento da solo non basta per riuscire. La gara è lunghissima, capitano i momenti di crisi e se in quei casi la testa non interviene, la voglia di fermarsi prevale, ecco perché l’esperienza conta molto».
Quante ore di allenamento settimanale ha dedicato nella preparazione di quest’ultima sfida?
«Tra le 21 e 22 ore, con un carico progressivo. In bicicletta sono arrivato a un massimo di 7 ore, a piedi invece di tre ore, sempre appunto aumentando in modo graduale i lavori. Il nuoto invece stabile tre volte a settimane e sono più o meno 4,5 chilometri. I miei migliori passaggi ultimamente nelle tre discipline erano sempre nuoto, bici e corsa, mentre a Roth si sono invertiti».
Come ha gestito l’alimentazione?
«Stavolta è stata difettosa, non l’ho gestita molto bene e l’ho un po’ pagata, i crampi sono stati un segnale. In bici li ho risolti con un rapporto leggero dal 160° al 180° chilometro. A piedi, quando sono arrivati attorno al 34° chilometro, ho accorciato il passo in maniera più decisa per fare lavorare il muscolo senza carico. Così non mi sono fermato. Bisogna sempre trovare una soluzione, in base al problema, e anche questa è una capacità che segue l’esperienza».
Ci sono altri accorgimenti nella preparazione?
«Negli ultimi due anni ho inserito yoga per dare elasticità al corpo. Non tanto meditativo, quindi, ma proprio indirizzato allo stretching per aiutare il corpo a sopportare i carichi di preparazione, che sono impegnativi per preparare un Ironman. Con l’età non è semplice recuperare gli sforzi: ora, durante la settimana devo fare dello scarico, dare modo al fisico di recuperare. In base alle condizioni fisiche ci si deve adattare, ma l’allenamento comunque è la componente che non può mancare per una gara sulla lunga distanza».
Con le emozioni di Roth ancora vive, qual è il prossimo obiettivo che si è prefissato?
«Diciamo il Mondiale Ironman a Nizza, dove abito. Per il prossimo anno - conclude Gian Luca Tironi — sto pensando all’appuntamento di Cervia per conquistare la slot di qualificazione e mettere in cantiere la sfida prestigiosa per il 2025».
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