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Arrigoni: «Così nel re torrone possiamo ritrovarci»

Festa, economia e tradizione definiscono l’identità di una comunità: la nostra. E il tempo improduttivo, legato allo spreco, diventa capace di sovvertire l’ordine

19 Novembre 2024 - 05:25

Così nel re torrone possiamo ritrovarci

Festa, economia e tradizione per definire l’identità di una comunità: un trinomio che risponde alla necessità di riconoscersi per non perdersi. La Festa del Torrone e con essa le sue ‘filiazioni’ — Festa del Salame, Formaggi & Sorrisi – rappresenta un interessante laboratorio del passaggio di testimone dalla politica all’economia anche nella gestione del tempo della festa. Che è per sua natura improduttivo, legato allo spreco, alla gratuità, alla sospensione del lavoro, al sovvertimento dell’ordine.

Ma per la società che produce, la festa diventa il tempo della fiera: la radice etimologica è la medesima, ma l’azione messa in atto è diversa. La fiera è lo spazio in cui la società borghese del commercio, dell’artigianato e dell’imprenditoria mostra il suo operato, festeggia i frutti del duro lavoro, mette in mostra il suo potenziale produttivo che si misura in vendite. E in fondo, questo porta a sintesi la Festa del Torrone – alla sua 27ª edizione – in un percorso che intreccia festa e fiera, laddove la prima assume i toni dello stupore dei grandi apparati spettacolari della società dell’intrattenimento, mentre la seconda incarna la varietà del prodotto che diventa oggetto e soggetto di una messinscena in cui l’economia prende il posto della politica. Ed è qui il passaggio di consegne che riguarda non solo le manifestazioni festive, di cui si crede la Festa del Torrone possa rappresentare un esempio nell’epoca della riproducibilità dalla tecnica, per citare Walter Benjamin.

Guardando alla storia quasi trentennale della festa, non si può non far riferimento al suo punto di svolta. Si è partiti dalla manifestazione nata nel 1996 dalla spontaneità del Gruppo Storico Cremonese per ridare vita alla storia leggendaria, e tutta inventata, della nascita del torrone in occasione del matrimonio di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, il 25 ottobre 1441: appuntamento dedicato al dolce mandorlato come esclusivo focus della festa.

Non è un caso che nel 1998 l’azienda Sperlari la fece propria, ma è la gestione di Eurochocolade che agli inizi degli anni Duemila si propone di trasformare l’appuntamento in una grande fiera dei dolci natalizi con protagonista il re torrone. La partecipazione, oltre a Sperlari, delle altre ditte dolciarie del territorio, da Vergani a Rivoltini, segna il decollo della festa con tutta una serie di modifiche, affidate dal 2008 all’agenzia SGP Eventi di Stefano Pelliciardi, finalizzate a costruire una manifestazione che, edizione dopo edizione, cerca nella conferma dei numeri e nella celebrazione del dolce mandorlato i simboli intorno a cui costruire la notorietà, l’unicità della città del Torrazzo.

Ma risulta subito evidente come l’aspetto fieristico – ovvero l’esposizione e l’esaltazione del prodotto – non possa bastare: è necessario dare patente storica e favolistica alla festa. Da qui il potenziamento della rievocazione del matrimonio, che nella gestione commerciale e fieristica di Eurochocolade era stata cancellata. Non basta, il focus sul prodotto: la partecipazione festosa ha bisogno di una favola a cui credere. Da qui il recupero di quella che è una vera invenzione commerciale, messa in atto da Vergani prima e da Sperlari poi fra il XIX e il XX secolo per dare patente di natalità cremonese ed esclusività al torrone.

Ma la verità storica (sempre che esista) non ha cittadinanza, nelle feste. E se la rievocazione offre patente di prestigio storico al prodotto, è l’invenzione del premio Torrone d’oro che stigmatizza il bisogno di mostrare e dimostrare come Cremona, attraverso i suoi testimonial, possa vantare una visibilità al di là dei confini locali, così come il dolce che arriva sulle tavole natalizie di tutti gli italiani. Roberta Lanfranchi, Gianluca Vialli, Gian Marco Tognazzi, Carla Fracci, per non tacere di Enzo Jacchetti, piuttosto che la coppia di deejay Andrea e Michele, Dario Cantarelli e nell’edizione del 2022 la memoria di Ugo Tognazzi, in occasione del centenario della nascita dell’attore e quest’anno il calciatore Antonio Cabrini, sono i testimonial della notorietà della città nel mondo, che si rispecchia nel dolce mandorlato come specialità unanimemente riconosciuta made in Cremona.

Che lo si voglia o meno, è il prodotto: torrone, oppure salame, o ancora formaggi, ad essere protagonista. Lo è nella sua unicità qualitativamente riconosciuta: non è secondaria la sottolineatura di certificazioni Dop o Igp come garanzie di esclusività. E lo è anche nella sua declinazione enogastronomica, destinata a cavalcare la passione del food che riempie il canovaccio della festa delle star della cucina e della ristorazione, nel segno di un dialogo costante con lo show business. Da un lato la tradizione, dall’altro la necessità – edizione dopo edizione — di avere nuovi protagonisti, di offrire nuovi testimonial, inseriti in un canovaccio ben rodato e sempre uguale.

È questa l’impalcatura della festa, manifesto di produttività e creatività. E allora, nell’ambito della kermesse dedicata al dolce mandorlato si può osare, si può immaginare un torrone alla sbrisolona, il torrone ingrediente di ravioli e polpette, oppure immaginare anche un torrone proteico con la complicità dell’Università Cattolica. Da festa a laboratorio di idee da trasformare in prodotti: è l’ultima frontiera della festa come momento in cui osare e lanciare nuovi bisogni e golosità. Ma c’è di più: la Festa del Torrone per opera di Sgp Eventi diventa un format che celebra altri prodotti: il peperone, il pan pepato, il raviolo ferrarese, la sbrisolona; e celebra anche altre città come Mantova, Ferrara, Carmagnola, Terni. Tutto nel segno di una produttività che si vuole unica e identitaria.

La cartina di tornasole: le vendite, la presenza di spettatori e visitatori, l’audience quantitativo della festa. Nell’epoca della riproducibilità della tecnica, anche le feste sono format, prodotti da esportare sotto la patente di irripetibilità data dalla distanza e dalla diversità del prodotto da raccontare. In questo Cremona, con la kermesse che porta in piazza migliaia di persone, sembra essere laboratorio dei riti festivi del consumo e del produrre. E in tutto questo l’economia ha la meglio sulla politica, che concede tempi e spazi nel segno di un inebriante rito collettivo che trasforma la città in un Paese della Cuccagna in cui la massima trasgressione concessa è l’acquisto compulsivo. E l’assaggio gratuito.

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