L'ANALISI
11 Giugno 2023 - 05:05
Don Primo Mazzolari
BOZZOLO - «Intoni pure il Mea Culpa, monsignore, per Cremona, il suo capitolo (che rifiutò di conferire a Mazzolari il titolo onorifico di monsignore) e i ‘nemici’ di don Primo tra il suo clero. Noi, a Bozzolo, intoniamo il Te Deum». Parole forti, quelle del professore Stefano Albertini, espresse al termine di un post social in replica all’intervento di monsignor Antonio Napolioni. Venerdì pomeriggio a Bozzolo aveva preso il via la tre giorni mazzolariana e il vescovo di Cremona aveva sottolineato come fosse tempo di assumersi la responsabilità di restituire a don Primo la considerazione che non ebbe in vita. «Nessuno è profeta in patria e (don Mazzolari) a Bozzolo e Cremona è stato poco amato. I bozzolesi e i cremonesi devono fare un mea culpa». Una provocazione tesa ad auspicare la restituzione a don Primo di quanto non ebbe nel corso della sua vita e del suo ministero.
«Che Cremona e Bozzolo non lo abbiano molto amato — scrive il docente di cinema alla New York University, peraltro bozzolese doc — è un’affermazione in parte vera e in parte sbagliata: è vero che Cremona non amò don Primo, e per Cremona intendiamo soprattutto la sua curia, i monsignori e quel mondo clericale pettegolo e invidioso. E don Primo andava a Cremona malvolentieri e solo se convocato. Ma il Vescovo sbaglia per quanto riguarda Bozzolo che amò e stimò il suo Arciprete come un padre. Un affetto che don Mazzolari sentiva e che ricambiò come scrive nella commovente conclusione del suo testamento: ‘Il tornare a Bozzolo fu sempre per me tornare a casa e il rimanervi una gioia così affettuosa e ilare che l’andarmene per sempre l’avverto già come il pedaggio più costoso’».
Tanti i commenti seguiti alla pubblicazione del post di Albertini. Cecilia Gialdini sottolinea. «A Cremona, sotto la guida del vescovo Bonomelli, don Primo ha avuto durante gli anni del seminario l’impronta decisiva che ha costituito la sua missione. Greco, latino, francese e letteratura sì, ma anche quelle conoscenze agricole che gli avrebbero permesso di relazionarsi col mondo contadino. A Bozzolo invece ci sono stati alti e bassi».
Il giornalista Rai Luciano Ghelfi, la cui madre fu sfollata a Bozzolo nel corso della seconda guerra mondiale, ha ricordato. «Sottoscrivo parola per parola quanto hai scritto. La famiglia di mia madre, i Pizza, accolti da don Primo il 6 dicembre 1943 sotto il monumento ai caduti, ha un debito infinito verso questo sacerdote. E mia madre, 92enne, non cessa di ripetermi che prima o poi lo faranno santo».
Al contrario, Attilio Tenardi ha spiegato che i suoi nonni furono lasciati «senza aiuto dello stesso futuro santo». Ermanno Maioli: «‘...accendere le anime...’ Ecco Don Mazzolari. Se non le avesse accese non ci sarebbero state nemmeno le polemiche. Non si può essere amati da tutti. Bozzolo lo ha comunque sicuramente amato».
Il sindaco Giuseppe Torchio: «Quanto all’amore dei bozzolesi per il loro pastore bastano ed avanzano le prove raccolte... in decine di testimonianze, sicuramente note a quanti, in piena autonomia, stanno lavorando al processo canonico... Bozzolo e Cremona hanno un debito di riconoscenza per chi, dopo tanta sofferenza unita a un’obbedienza costante, sofferta e assai faticosa, oggi è riconosciuto testimone e profeta illuminato dai più alti riferimenti della gerarchia...».
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