L'ANALISI
13 Gennaio 2023 - 05:10
La seconda elementare della scuola Monteverdi di Cremona nell’anno 1972
CREMONA - «Ragazzi, se vogliamo vincere, dobbiamo mettercela tutta dice il capitano Vialli all’inizio della partita. D’accordo rispondono in coro i giocatori. Inizia il gioco. Le bambine fanno il tifo gridando. Forza, coraggio. Ben presto il capitano si avvicina alla porta e... Rete! Urlano gli amici mentre tutti applaudono». Questo scriveva in un tema il bambino Gianluca Vialli, 7 anni, seconda elementare della scuola Monteverdi.
Sembra incredibile leggere queste parole oggi, che sappiamo quanto sia stato profetico nei suoi sogni di piccolo calciatore in erba. Ma il suo grande amore, è stato il calcio sin da allora e quella fascia da capitano, gli era invisibilmente disegnata addosso.
«Lui e il pallone erano un tutt’uno. Ci giocava per ore, tutto il giorno, ogni giorno» racconta Milly, compagna di scuola, di banco e vicina di casa di Gianluca.
«Lui viveva al civico 24 e io al 26 di via Toti. Il nostro cortile era frequentatissimo. La nostra classe era molto unita e giocavamo tanto insieme anche fuori dall’orario scolastico. Come tornavamo dalla Monteverdi, Gianluca lasciava la borsa e scendeva a giocare a pallone con gli altri. Facevano un fracasso tremendo lanciando bordate a più non posso sulle basculanti dei garage. Ricordo un signore, un nostro vicino di casa, che proprio non lo sopportava. Era capitato spesso che Luca a forza di giocare col pallone, lo facesse finire per sbaglio sul suo balcone. E questo signore non glielo restituiva mai, ne avrà avuti 10 su quella terrazza. Gianluca lo pregava dal cortile: ‘signor Pirotti’ diceva, ‘la prego, mi restituisca i palloni, sono tutta la mia vita. Me li deve riconsegnare, come faccio senza la mia palla’. Non esagerava, era la verità. Amava quella palla più di ogni cosa al mondo. Nonostante questo, era bravissimo a scuola. Tra i più bravi nelle ricerche e anche in matematica. Lo ricordava proprio qualche giorno fa anche il nostro maestro Cesare Ghezzi. E poi era sempre sorridente e premuroso con tutti. Generoso anche. Una volta siamo andati in gita. Mi sembra che fosse dove c’è stata la battaglia di San Martino e Solferino. Arrivata l’ora di pranzo, una delle nostre compagne si è accorta che la madre si era dimenticata di metterle nella cartella la merenda. Lui ha subito tirato fuori la sua e gliel’ha data con quel suo gran sorriso. Perchè era così. Di una tenerezza e solarità disarmanti. Siamo stati in contatto per tantissimi anni fino al 1997 quando mi sono sposata. Lui l’anno prima si era trasferito a Londra. E allora per un po’ ci siamo persi di vista in quel periodo. In questi giorni a me e ai nostri amici sono riaffiorati milioni di ricordi che abbiamo condiviso, ma devo dire che nell’immenso dolore per la sua scomparsa, mi ha scaldato il cuore vedere come tutta la città lo abbia amato, anche senza conoscerlo magari. Ogni tanto mi commuovo, ogni tanto sorrido ricordando. Per esempio quando ripenso a una volta, in quinta elementare. Quella in cui aveva proprio esagerato e si era portato la palla in classe. Giocando aveva rotto un vaso di fiori. Quando il maestro si era accorto dell’incidente, si era arrabbiato dicendo che ci avrebbe tenuti tutti in classe finchè non fosse saltato fuori il colpevole. Io ero la sua vicina di banco e gli ho detto: ‘dai Luca diglielo’. A quel punto si è alzato in piedi e ha confessato: ‘sono stato io maestro, mi dispiace’.
Ghezzi lo aveva già perdonato, la confessione lo aveva subito intenerito e così premiò la sincerità, liberandoci tutti. Quante volte siamo tornati a piedi dalla scuola... Raccontandoci del nulla, di quel periodo di vita in cui non hai pensieri ed è tutto così bello. Con lui se ne è andata una parte della nostra vita cara e spensierata. Passarono gli anni e un giorno, io vivevo ancora in via Toti, lui arrivò con Roberto Mancini. Erano gli anni della Sampdoria. Disse: ‘Roberto ti presento una mia carissima amica’ e allo stesso modo si rivolse a me parlando di Mancini. ‘Sai Milly, lui è come uno dei mie fratelli’. Poi la vita ci ha separato per un po’. La mia è proseguita qui a Cremona, la sua a Londra, era sempre così impegnato. Io, noi, i compagni di classe, lo seguivamo con ammirazione da lontano. 10 anni fa però, lo rividi e gli raccontai della morte di mia mamma. Lui era commosso, mi strinse in un abbraccio, la ricordava perfettamente, anche per nome. Poi un giorno, tempo dopo, era quasi il mio compleanno. Un’amica chiamò mio marito per chiedergli se avevo letto il libro di Gianluca e se gli sembrava fosse una buona idea regalo. Per una combinazione pazzesca, di lì a poco Gianluca entrò nel negozio di mio marito con un amico. Era a Cremona, ma non sapeva che quell’uomo che aveva davanti, fosse quello che avevo sposato. Mia cognata era presente e gli disse: ‘Sa signor Vialli, lei ha una conoscenza in comune con questo signore’. E gli fece il mio nome. Luca si illuminò, chiese carta e penna a mio marito e mi lasciò un biglietto. L’amico con cui era poi, mi passò tutti i contatti londinesi e da lì è ricominciata la nostra corrispondenza. L’ultima volta che gli ho scritto, è cronaca di poco tempo fa. Quando ha dato le dimissioni dalla nazionale. Non ho avuto risposta e ho capito che qualcosa non andava... Fino a poco tempo prima, ci aveva sempre scherzato sulla malattia, faceva battute. ‘Rimani serena’ mi diceva, ‘perché io lo sono’. Nelle nostre chiacchierate si parlava di tante cose, di vita vissuta, ma non affrontavamo quasi mai l’argomento della malattia. Lo liquidava sempre dicendo: ‘Sto bene’ con quella grande dignità che lo ha contraddistinto per tutto il suo cammino. Poi 9 mesi fa è mancato il mio papà. Anche in quell’occasione mi mandò un messaggio struggente. Aveva una sensibilità incredibile. Il giugno scorso, avevamo organizzato una rimpatriata con i compagni di classe. Speravamo in un’improvvisata, non sarebbe stata la prima volta, ma era a Londra e quindi si scusò di non poter venire. Mandò un messaggio vocale per salutarci però, con la consueta allegria. Chiaramente a tutti noi fece un gran piacere sentirlo, anche se il maestro Ghezzi conosceva la verità. A lui l’aveva confidata. Non aveva chiamato, ma ci aveva mandato solo un messaggio vocale perchè aveva paura di scomporsi, di commuoversi troppo. Perchè le cose stavano peggiorando. Al maestro lo disse: ‘Qualcosa non va’. Il resto è cronaca di questi giorni. In tutti noi amici di quel tempo felice, i ricordi sono riaffiorati tutti insieme. L’anno scorso gli ho mandato questo tema incredibile che avevo ritrovato e sono così felice di essere riuscita a farglielo avere... Glielo ho mandato attraverso un altro nostro compagno di scuola che aveva giocato con lui nella Primavera della Cremo, prendendo poi però un’altra strada, a differenza di Luca. Era stato felicissimo di ricevere il tema e anche la foto della nostra classe. Mi aveva detto di mandargliene altre se le avessi trovate, che gli faceva un piacere grande averle. Oggi siamo qui, tutti un po’ più soli, a riguardare quelle foto, quei volti sorridenti che erano i nostri di bambini. E ci sembra ancora come allora di sentire l’appello del maestro Ghezzi: Paolo Bettella, Mariadelia Bianchi, Marco Bodini, Elisabetta Betty Bosio, MariaCaterina Caldonazzo, Giovanna Ceruti, Giulio Contini, Isabella Delindati, Marco Dondeo, Paolo Fiameni, Fabrizio Frittoli Friz, Laura Garziera, Andrea Ghisoni, Fulvio Lazzari, Stefano Nino Lazzari, Ilaria Lazzarini, Lorenzo Lazzarini, Franca Lenzi, AnnaMaria Lorenzini, Gianguido Manfredini, Anna Maranesi, Milly Melgari, Giuliana Melloni, Riccarda Ricky Mozzi, Amedeo Rampolla, Giuseppe Reggiani, Andrea Serafini… Gianluca Vialli. Presente. Per sempre».
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