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AGRICOLTURA: LA STORIA

Matilde Passamonti: «La nostra passione è più forte dei pregiudizi»

La dottoranda e agricoltrice alla terza generazione ‘rosa’: «Donne protagoniste». Relatrice al convegno di Confagricoltura: «Gli esempi? Due ricercatrici che hanno vinto il Premio Nobel per la chimica, e mia nonna, che non si è arresa mai»

Andrea Gandolfi

Email:

agandolfi@laprovinciacr.it

09 Ottobre 2022 - 05:10

Matilde Passamonti: «La nostra passione é più forte dei pregiudizi»

La dottoranda e agricoltrice Matilde Passamonti

CREMONA - «Nonostante ci sia ancora strada da fare per rompere il ‘soffitto di cristallo’, mi sento fiduciosa nell’immaginare un mondo della ricerca e dell’imprenditoria nel quale la donna sia sempre più protagonista dell’innovazione e del cambiamento». C’è la forza solida e antica di una lunga tradizione di famiglia unità alla ‘fame di futuro’ dei suoi 26 anni nelle parole di Matilde Maria Passamonti, dottoranda al Dipartimento di produzioni animali della Cattolica (dove si è laureata tre anni fa), socia dell’Anga provinciale e impegnata insieme alle donne della sua famiglia nell’Azienda agricola ‘Torrazza’ di Vescovato. Zootecnia da latte e campi coltivati a mais, erba medica e loietto sono il ‘core business’ di un’impresa a totale conduzione femminile da tre generazioni, alla quale Matilde ha voluto assicurare una marcia in più nel segno dell’innovazione.


La sua storia è stata tra gli argomenti al centro del convegno ‘Donne in agricoltura: sempre protagoniste del cambiamento’, organizzato venerdì all’Agriturismo Battibue di Fiorenzuola d’Arda da Confagrifcoltura Donna Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte con gli interventi di Guendalina Graffigna, Marialuisa Ricotti, Alice Consoli e della presidente nazionale Alessandra Oddi Baglioni. Un racconto che Matilde ha proposto unendo due mondi per lei inscindibili come l’agricoltura e la ricerca, nella prospettiva dello sviluppo. “Partendo da una storia di successo tutta al femminile, quella che nel 2020 ha visto assegnare il Nobel per la chimica alle due ricercatrici Jennifer Doudna ed Emmanuel Charpentier”.

Decisione rivoluzionaria, come lo è stata la loro scoperta per il mondo del biotech: il sistema CRISPR-cas9 , «che permette di modificare il DNA in modo molto preciso e rapido, ed ha aperto infinite possibilità di applicazione attualmente allo studio. Nel campo dell’agricoltura, gruppi di ricerca di tutto il mondo stano applicando la tecnica CRISPR per minimizzare alcune delle problematiche che scuotono le nostre filiere agroalimentari; ponendosi obiettivi come la resistenza alle malattie fungine nel grano, quella alla salinità del suolo nel riso, una speciale integrazione di vitamina D nel pomodoro, o semplicemente l’aumento delle rese produttive in varietà coltivate nei Paesi in via di sviluppo». Tutto nato dall’incontro casuale ad un convegno fra le due ricercatrici, prima reciprocamente attratte e poi unite in quella sfida da passione e curiosità condivise.

‘Parole magiche’ che hanno guidato anche il convegno di venerdì. «Passione per il proprio lavoro, apertura alla collaborazione ed allo scambio di idee, voglia di applicarsi per fare sempre meglio e innovare. Concetti-guida in tante esperienze del mondo agricolo, che ho visto quotidianamente declinate nell’azienda di famiglia, fin dagli anni 70 gestita solo da donne. Una situazione per me normale, mentre non lo era affatto ai tempi di mia nonna: insegnante di arte (l’attività agricola era del marito), rimasta vedova a 40 anni con due figlie piccole e da tutti consigliata di vendere l’azienda per dedicarsi alla famiglia». Ma la nonna ha detto no, e ha vinto la sua scommessa. L’impresa è sopravvissuta, cresciuta, diventata più moderna; e quella indomabile passione si è trasmessa alle due figlie, la mamma e la zia di Matilde, che a tutt’oggi gestiscono la ‘Torrazza’.

Matilde e nonna Gitta Maria, il giorno della laurea 

«Il loro esempio mi ha guidato, ma cercavo un modo per portare in azienda qualcosa di mio. Iscrivermi a Scienze Agrarie alla Cattolica e poi specializzarmi in produzioni animali è stata la scelta giusta. I confronti con i compagni, le lezioni dei docenti e gli incontri con i professionisti del settore mi hanno dato quello che cercavo». «Molti esempi importanti, come quelli che ho citato all’inizio, aiutano le studentesse di oggi a distruggere le barriere all’ingresso - spesso fatte di pregiudizi - in tanti settori. Siamo fiere di questo processo: nell’università dove lavoro nessuno metterebbe mai in dubbio che in quanto donna non possa fare ricerca bene, così come a casa nessuno ha mai messo in dubbio che in quanto ragazza non potessi lavorare in azienda». Anche grazie a Jennifer, Emmanuel e a nonna Gitta Maria, che non si é mai arresa.

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