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BASKET SERIE A: LA PAROLA AL PRESIDENTE

Vanoli: «Guardo i volti e la squadra mi piace»

Il primo dirigente: «Non sono un esperto di gioco, per quello mi fido di coach Cavina. Mi intendo di persone e cerco di essere sempre presente: davanti a tutto il gruppo»

Lucilla Granata

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redazione@laprovinciacr.it

13 Settembre 2024 - 05:30

Vanoli: «Guardo i volti e la squadra mi piace»

SONCINO - Aldo Vanoli ormai è da anni ‘ilpresidenteVanoli’. Quasi una parola unica e un tutt’uno con quella squadra di basket che si è trovato prima a sponsorizzare ma che poi è diventata in poco tempo la sua creatura: «Sa che ormai sono talmente tanti anni che non mi ricordo neanche più quanti sono? Forse 15?» sorride con quell’espressione un po’ sorniona che abbiamo imparato a conoscere negli anni. Lo andiamo a trovare nel suo regno. In azienda a Soncino dove lui rimane il punto di riferimento per tutti e tutto quello che riguarda la ferramenta. Sulla scrivania del suo ufficio, le foto più care, quelle della sua mamma, quella in cui è ritratto con i suoi fratelli e poi una grande con tutti i suoi nipoti. Poi ci sono gli oggetti, tutti hanno un significato, tutti sono lì per un motivo, come le scarpe da lavoro realizzate in ferro: «per ricordarci che bisogna sempre tenere i piedi ben piantati a terra». Ma anche l’immancabile Pinocchio, perché al presidente non la si racconta... 15 anni di storia biancoblù, 13 da presidente e ancora, nonostante tutto, la voglia di togliersi delle soddisfazioni con la Vanoli.

Tra il lavoro, la famiglia, le difficoltà di mantenimento di una squadra di basket di serie A, dove trova ancora tanti stimoli?
«Da sempre, nella voglia di costruire qualcosa per i giovani» racconta Aldo Vanoli. «Noi dall’inizio e ancora oggi, abbiamo dei giocatori che vengono a giocare a Cremona, perché sanno che qui troveranno spazio e possibilità di crescere e mettersi in mostra. È un’opportunità molto importante».

Lo dimostra Paul Eboua, che nonostante abbia firmato un contratto da 4 anni con Milano, il sogno di qualsiasi giocatore di basket, ha fortemente voluto rimanere a Cremona ancora un anno...
«Perchè Paul è un ragazzo intelligente. È cosciente di avere qualità fisiche e talento ma sa anche di aver bisogno di crescere ancora un po’ ed è consapevole che da noi, esistono le condizioni ideali per poterlo fare».

Lei i suoi giocatori li ha sempre trattati più da ‘nipoti’ che da dipendenti.
«Sono fatto così, ma devo dire che è un atteggiamento che mi ha regalato pochissime delusioni e tantissime soddisfazioni. Le faccio un esempio. I giocatori che sono andati via l’anno scorso, non dico tutte le settimane, ma mi scrivono spessissimo. Con i giocatori italiani si è instaurato quasi ogni anno questo rapporto, ma spesso anche con gli americani. Travis Diener è una di quelle. Siamo sempre rimasti in contatto. Per me i rapporti umani sono sempre stati fondamentali. E mi fa piacere vedere che si ricordano di me. Anche solo con un semplice: ‘come stai pres’?. Gli americani non sono abituati a trovarsi in famiglia, restano spiazzati dalla nostra accoglienza. Ma io sono sempre stato qui a disposizione di tutti. È vero che è ogni anno più impegnativo, ma va bene così alla fine. È una società dove il socio sono solo io, ma ho ancora tanta passione, anche se diventa davvero molto pesante».

E ora sul tavolo anche tanti nuovi progetti. Con Vanoli Pink ci dobbiamo aspettare presto anche una squadra di basket femminile ad alto livello che porti il suo nome?
Sorride. «Proviamo a fare qualcosa di bello per i giovani. Le racconto questo aneddoto. Quando siamo retrocessi, nel 2017, mi era passato per la mente il pensiero di dire basta, ma ho deciso di andare avanti soprattutto per i giovani. Perché ho capito quanto sia importante per loro poter fare sport. È un concetto che sembra essere chiaro a tutti in teoria. Ma poi quando c’è da fare ed investire davvero dei soldi, le garantisco che non sono molti quelli che portano avanti qualcosa. Ma lo capisco, perché sono investimenti importanti. Le esigenze dei giovani sono tante e io le ho ben presenti perché ho davanti ogni giorno le necessità dei miei tanti nipoti per esempio. Ne ho avuto uno l’anno scorso e adesso ne ho un altro, il quarto in ordine di età, che è appena partito per Philadelphia. Giocherà a basket e studierà là per un anno o due. Prima è toccato a Giacomo e ora a Matteo. Ma se li vedesse. Sono maturi. Hanno capito l’importanza dell’impegno e di avere delle regole. Soprattutto le regole sono una cosa a cui io ho sempre tenuto tantissimo. Ho trascorso nove anni da ragazzo in un collegio e le assicuro che le regole mi hanno fatto diventare quello che sono e che ho fatto. I giovani sono il nostro futuro e a me piace dare loro un’opportunità».

Le noti dolenti... Il PalaRadi inizia ad avere bisogno di parecchi lavori. Una volta era praticamente solo casa vostra, ma ora è diventato un ‘condominio’ che si presta a rimpalli di competenze. Lei che è ‘interventista’ di natura come sta vivendo questa cosa? Non le è mai venuto in mente di acquistare il palazzo o rifarne uno suo?
«Le confesso che il pensiero c’è stato, e anche l’opportunità. L’anno della prima promozione mi avevano offerto un grosso affare. Qui vicino a casa mia, a Soncino. Logisticamente avrebbero potuto venire a giocare qui da Bergamo, Orzinuovi e Crema. Avrei costruito su un’area che mi concedevano per 99 anni. Insomma, era un affare davvero».

E cosa successe?
«Ho voluto restare a Cremona perché non volevo fare un torto alla città. La Vanoli è la squadra di tutti e la serie A è giusto che rimanga con una vetrina cittadina».

La Vanoli 24/25 che impressione le ha fatto in queste prime uscite?
«Mi sembra un bel gruppo onestamente, ma sapete che io non mi intendo di basket, solo di persone. Non ci metto mai il naso nelle cose tecniche. Per quello c’è il coach che ha tutta la mia fiducia. Io mi limito a godermi la squadra quando come ieri, viene qui a Soncino a fare allenamento. Mi piace averli qui. Si fermano a cena, conoscono tutta la mia famiglia. E il piccolo miracolo si ripete... Passano gli anni, cambiano i giocatori. Anche il basket è cambiato molto. Difficile dire se in meglio o in peggio. Ma la Vanoli resta. Con la sua storia, le sue regole e quelle abitudini che sanno di buono».

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