L'ANALISI
25 Giugno 2024 - 16:07
CREMONA - LucaVialli - scritto così, tutto attaccato - è il titolo del libro del giornalista e scrittore cremonese Luca Dal Monte che offre un ritratto intimo e affettuoso di uno dei più grandi calciatori di sempre. Il libro, impreziosito dalla prefazione di Nino Vialli, fratello di Luca, sarà presentato giovedì alle 17,30 al Ponchielli, con ingresso libero fino a esaurimento posti. Insieme all’autore e alla famiglia Vialli, parteciperanno molti compagni di squadra di Cremonese, Sampdoria e Juventus, Ciso Pezzotti, vice allenatore di Vujadin Boskov alla Sampdoria e di Marcello Lippi alla Juventus e in Nazionale, e Antonio Cabrini, campione del mondo nel 1982. Grazie alla disponibilità dell’autore e dell’editore Cairo, pubblichiamo un estratto del secondo capitolo del libro.
Già, don Angelo.
Per Gianluca Vialli e per i suoi fratelli, per Fabrizio Frittoli e i suoi compagni di cortile e per centinaia di altri ragazzini nati a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, don Angelo Scaglioni è stato molto più di un sacerdote (...) «Don Angelo era un fenomeno, un uragano», lo ricorda Mondoni, che con il giovane sacerdote creerà a Cristo Re una struttura agonistica di primo piano declinata in più discipline attraverso la società sportiva Corona, dal nome della corona di Cristo (...)
La prima cosa che il venticinquenne don Angelo fa quando arriva come vicario per dare una mano al parroco don Rinaldo perché la popolazione del quartiere continua ad aumentare e c’è bisogno di sacerdoti giovani ed energici è di cercare di convincere il suo superiore ad abbattere il portone di ferro che divide l’oratorio femminile – microscopico, nel quale di fatto non c’è nulla – da quello maschile, che a partire dal 1968 ha due campi da calcio (il campo grande, detto Campone e il campo piccolo, detto Campetto), due campi per la pallacanestro e uno per la pallavolo.
Questo il biglietto da visita di un sacerdote dal ciuffo ribelle, per citare ancora Mondoni, che in quattordici anni stravolge molte regole, ma al tempo stesso colloca l’Oratorio di Cristo Re al centro della vita di un migliaio di ragazzini che ancora oggi, mezzo secolo più tardi, si identificano con orgoglio come i ‘ragazzi di don Angelo’, Gianluca compreso (...)
«I primi anni del mio ministero a Cristo Re», ricorderà don Angelo, «sono stati caratterizzati da un’attività travolgente per l’aumento vertiginoso dei ragazzi e dei giovani. L’oratorio era diventato per la totalità dei ragazzi del quartiere un punto di riferimento importante». La Messa delle dieci del mattino della domenica era letteralmente presa d’assalto dai suoi ragazzi. «Ce n’erano dappertutto, seduti per terra, sotto l’altare… celebrazioni vivacissime… forse discutibili dal punto di vista liturgico, ma molto partecipate e sentite dai ragazzi e dalle loro famiglie» (...) La Diocesi storce il naso, ma ai genitori del Quartiere Po la cosa piace e l’Oratorio di Cristo Re entra nell’immaginario collettivo di un’intera generazione e di un’intera città. Ricorderà don Angelo: «A quei tempi l’oratorio di Cristo Re era il primo e l’unico a mettere insieme queste esperienze di coeducazione per maschi e femmine. Don Rinaldo, il parroco, aveva le sue perplessità, ma si fidava di me». Ma è naturalmente tra le mura dell’oratorio che don Angelo ha il suo regno e un migliaio di ragazzini trovano, sotto la sua attenta direzione, una loro identità. E all’interno dell’oratorio di Cristo Re il pallone da calcio è naturalmente oggetto di culto (...)
«In certe ore pomeridiane», ribadirà Don Angelo anni dopo, «c’era un’autentica invasione nel campo sportivo dell’oratorio: si giocavano persino tre partite contemporaneamente, una normale a tutto campo e le altre due per i piccoli ai lati del campo, creando numerose discussioni che io dovevo dirimere». I compagni di gioco o di squadra si dividono i compiti: c’è chi andrà a occupare un determinato spazio lungo i muri perimetrali per appoggiare a terra il golf o il giacchino della tuta o il libro di catechismo per segnare le porte, e chi invece cercherà di accaparrarsi uno dei palloni che don Angelo, prima di iniziare la lettura del breviario, ha allineato lungo la linea di gesso della porta più distante del Campone (...)
Ma c’è un (...) episodio che vede Gianluca e don Angelo protagonisti, un episodio che Gianluca non ha mai dimenticato e che gli ha insegnato tanto ai fini della sua carriera professionistica – «probabilmente è l’unica ‘lezione di vita’ che mi sia stata esplicitamente insegnata su un campo di calcio», avrebbe detto molti anni dopo. Di cosa si tratti è presto detto.
Gianluca ha dieci anni e sta giocando sul Campone dell’oratorio. A un certo punto, un difensore avversario fa un retropassaggio, ma il portiere scivola e la palla finisce in rete. Autorete, propiziata dalla sfortuna del portiere che è scivolato. Tra ragazzini che ridono e altri che imprecano, don Angelo, che in quel momento sta arbitrando, convalida il goal. A Gianluca la cosa però non sta bene. Il goal gli pare un’ingiustizia perché solo la sfortuna lo ha reso possibile. Per lui, accettare un goal del genere non è da sportivi. Così, alla prima azione avversaria, si fa trovare nella propria area e volontariamente commette un clamoroso fallo di mano in modo che don Angelo non abbia altra alternativa se non assegnare un rigore alla squadra avversaria e, agli occhi di Gianluca, riequilibrare la situazione.
Il problema è che l’arbitro-sacerdote la pensa in maniera diversa.
«Corse verso di me», avrebbe ricordato Gianluca, «prese la palla e cominciò a farmi la predica. Mi sembra ancora di vederlo mentre agita il dito davanti al mio volto. ‘No! Queste cose non si fanno! Lo so perché l’hai fatto, pensavi che il goal di prima non fosse giusto e volevi pareggiare il conto. Pensi che questa sia sportività? Questa non è sportività. Sportività vuol dire accettare quel che succede in campo, che sia a tuo favore o a tuo sfavore…’».
Dirà ancora Gianluca a proposito di quella improvvisata lezione di don Angelo: «Non è il più profondo dei messaggi, ma è rimasto dentro di me tutti questi anni. Don Angelo mi spiegò come, nella vita, quando le cose che accadono sono al di là del tuo controllo, devi accettarle e andare avanti». Una lezione che Gianluca avrà sempre presente e che non dimenticherà nemmeno quando sul suo cammino si metterà il famigerato ospite indesiderato.
In quel momento nel mondo di Gianluca ha già fatto irruzione un altro giocatore al quale si ispirerà. Il suo nome è Joan Crujiff che, proprio quell’anno, il 1974, incanta gli esteti del calcio con i suoi compagni vestiti di arancione nel Mondiale di Germania. «Un giocatore fantastico», racconterà Gianluca, «era il mio idolo. Ricordo che, da bambino, ho guardato il film sulla sua carriera almeno dieci volte. Lo adoravo letteralmente».
Il giovane Gianluca sta crescendo anche come calciatore. Inizia ad immaginarsi più uomo squadra, sull’esempio di Cruijff, che non soltanto goleador, per quanto prolifico e potente, come Boninsegna.
(...)
Ormai è la primavera del 1978. Gianluca sta per compiere quattordici anni. Il calcio sta diventando qualcosa di più di un semplice gioco, anche se c’è da scommettere che per Luca Vialli dare un calcio a un pallone non sia mai stato solo e semplicemente un gioco – «lui ci teneva fin dall’inizio», dice Frittoli (...)
Nonostante abbia iniziato ad affrontare le trafile delle Giovanili della Cremonese, giocare a calcio all’oratorio resta sempre una priorità per Gianluca (...) Gianluca segna goal a ripetizione. Per gli avversari è già immarcabile. In finale ritrovano l’Under 23 del Corona e questa volta la battono. «Eravamo fortissimi», ricorda Frittoli.
Con il fratello Maffo, capitano, Gianluca si iscrive anche all’edizione del 1980. Con loro e direttamente da via Toti ci sono ancora Marco Paloschi e, naturalmente, Fabrizio Frittoli. Luca versa le 3.000 lire dell’iscrizione e, nel pomeriggio del 25 aprile, disputa la prima partita, nel corso della quale viene anche ammonito. Ma la notizia che Luca Vialli sta disputando il torneo di Cristo Re si sparge velocemente in città. E quando arriva alle orecchie della Cremonese, la società gli vieta di proseguire (...)
Terminano le medie. Gianluca si iscrive all’Istituto Tecnico per Geometri, come il papà. Ma il calcio resta una sirena e per Luca Vialli è già pronta una casacca grigiorossa.
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