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17 giugno 1955

Sommossa militare in Argentina

I Capi peronisti scomunicati

Annalisa Araldi

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aaraldi@publia.it

17 Giugno 2020 - 07:00

Sommossa militare in Argentina

Gli alti comandi della marina, con l'appoggio dell'aviazione, hanno tentato un colpo di Stato bombardando il palazzo del Governo e la residenza di Peron - Sanguinosi scontri per le strade di Buenos Aires con decine di morti - L'immediata reazione delle forze peroniste, secondo un radiodiscorso dello stesso Peron, "ha ristabilito l'ordine,, - Proclamato lo stato d'assedio

RIO DE JANEIRO, 16. —  Una giornata di sanguinosa sommossa militare ha caratterizzato la giornata a Buenos Aires.

Tre esplosioni nei pressi del palazzo del Governo di Buenos Aires, hanno dato al principio del pomeriggio, il segnale della sommossa militare in Argentina. La numerosa folla che circolava per le strade dopo essere uscita dagli uffici, per l'ora della colazione, è rapidamente fuggita dal centro della città dirigendosi in preda al panico, verso i quartieri periferici. Più tardi si è venuto a sapere che si trattava di un apparecchio militare che cercava di bombardare la sede del Governo. Le bombe sono cadute sul Ministero delle Finanze attorno al quale sono stati raccolti una ventina di morti e numerosi feriti.

Poco dopo la Radio nazionale annunciava che un apparecchio dell'aviazione della marina era stato abbattuto e tre altri, anch'essi decollati dalla base di Punta del Indio a 57 km. dalla capitale sono stati costretti ad atterrare. L'azione di questi apparecchi doveva costituire il segnale per un sollevamento militare generale.

Il Ministero della marina sembra essere stato il primo centro della capitale a dare inizio alla sommossa. Sebbene avesse circolato la voce che il primo reggimento si fosse unito ai rivoltosi, è stato visto un gruppo di circa 300 militari appartenenti a questa unità attaccare con mitragliatrici pesanti il Ministero della Marina. Frattanto la Confederazione Generale del Lavoro organizzava gruppi armati distribuendo ai propri militanti armi e bandiere. Alcuni elementi dell'Alleanza Popolare Nazionalista (peronista di estrema destra) aveva sostituito le forze di polizia, consegnate nelle caserme, e assicurato il mantenimento dell'ordine e la circolazione nel centro della città.

Due ore e mezzo dopo le tre esplosioni le vie della città erano quasi deserte. Circolavano le notizie più contrastanti sull'attività militare nei dintorni della città. Un comunicato ufficiale letto alla Radio, comunicato che recava la firma di Peron, annunciava che la rivolta era sotto controllo e che era in corso di organizzazione una spedizione punitiva contro la base aeronavale di Punta del Indio. Forze di fanteria fedeli al Governo venivano schierate tra la capitale e la base ribelle. Secondo voci che circolano a Buenos Aires il capo del movimento di rivolta sarebbe il gen. Bengoa che svolse un ruolo di primo piano nella crisi che sfociò nel suicidio di Juan Duarte, cognato del Presidente Peron.

Il bombardamento è improvvisamente ripreso verso le 15 (ora locale) quando apparecchi militari hanno bombardato la residenza privata del gen. Peron e combattimenti aerei venivano segnalati nel cielo sovrastante la stazione ferroviaria centrale della capitale. La situazione è però confusa e s'ignora ancora l'entità delle forze aeree ribelli impegnate nei combattimenti.

Improvvisamente alle 15,45 locali, tutte le comunicazioni tra l'Argentina e l'estero sono state tagliate. Un'ora dopo un comunicato ufficiale annunciava che «il Presidente Peron rivolgeva per radio un proclama alla Nazione e che la calma regna in tutto il Paese».

I Capi peronisti scomunicati

CITTÀ DEL VATICANO, 16. — La Congregazione Concistoriale  pubblica oggi la seguente dichiarazione: «Poiché in questi ultimi tempi nella Repubblica Argentina sono stati conculcati in vario modo i diritti della Chiesa ed è stata usata violenza contro persone ecclesiastiche, ultimamente, poi, alcuni non solo hanno osato porre le mani sulla persona dell'eccellentissimo P.D. Emanuele Tato, Vescovo titolare di Aulon, Ausiliare e Vicario Generale dell'Archidiocesi di Buenos Aires, ma gli hanno impedito l'esercizio della sua giurisdizione e l'hanno espulso dal territorio argentino, la Sacra Congregazione concistoriale dichiara ed ammonisce che tutti coloro che hanno compiuto tali delitti sia i mandanti di ogni genere e grado, sia i complici necessari, sia coloro che indussero al compimento di essi che non sarebbero stati commessi senza la loro partecipazione, sono incorsi nella scomunica «latae sententiae», riservata in modo speciale alla Santa Sede a norma dei Canoni 2343 paragrafo 3, 2334 n. 2, 2209 paragrafi 1, 2 e 3 codice diritto canonico ed hanno contratto le altre pene secondo i rispettivi delitti a norma dei Sacri Canoni. Dato a Roma presso la Sede detta Congregazione Concistoriale 16 giugno 1955».

Questa «dichiarazione» non è un documento di scomunica, ma l'ufficiale constatazione di un fatto che si è prodotto da sé.  I tre articoli del codice di diritto canonico citati nella dichiarazione contemplano appunto casi come quelli avvenuti in Argentina.

Il 2343 dichiara che incorrono di diritto nella scomunica maggiore riservata in modo speciale alla Santa Sede, coloro i quali si impadroniscono della persona di Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi, anche se titolari (come è mons. Tato); il 2334 dice che incorrono di diritto nella stessa scomunica coloro i quali impediscono direttamente o indirettamente lo esercizio della giurisdizione ecclesiastica sia in Foro interno che in Foro esterno, servendosi di qualunque potestà laicale; infine, il canone 2209 dice che di tale scomunica sono colpiti non soltanto il mandante principale e gli altri mandanti, ma anche tutti coloro che sono complici necessari nella consumazione dei suddetti delitti.

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