L'ANALISI
25 Gennaio 2019 - 07:00
La seconda giornata del processo a carico degli otto contadini di Cà de' Quinzani è stata vivacissima, densa di fatti e di contestazioni. Mai, come in questo processo, gli imputati si sono trovati tutti concordi nel negare anche i fatti più evidenti, anche le circostanze più semplici. L'altro ieri questa constatazione poteva essere circoscritta ai primi tre imputati, a quelli cioè che erano i maggiori indiziati, ma ieri si è potuto avere la prova che era una linea difensiva, altrettanto legittima, di chi si sente imputare accuse pesanti.
Il processo potrebbe essere diviso in tre parti: il girovago Renzo Bottoli che viene barbaramente ucciso sotto una serie di percosse; otto contadini che, senza un giustificato motivo, improvvisamente vogliono fare giustizia sommaria sfogandosi su di un uomo che conoscono soltanto occasionalmente e la ragazza di 14 anni che si impaurisce alla vista del girovago e racconta alla zia, prima, e alla mamma poi di essere stata rincorsa dallo sconosciuto con intenzioni minacciose.
Ieri mattina sono stati interrogati gli altri cinque imputati. Che cosa hanno detto? Nulla di quanto non si sapeva già per bocca dei primi tre. Durante le indagini dei carabinieri e, più tardi, durante l'istruttoria del giudice, c'è stata una corsa alla colpevolezza.
Tutti, due o tre giorni dopo il fatto, avevano più o meno apertamente confessato. Si erano fatti dei confronti, si fecero anche delle rettifiche, si smentirono alcune circostanze. Le chiamate di correo sono identiche per tutti. Ma gli otto contadini sono i soli ad aver picchiato il Bottoli? Ci sono stati altri? Secondo la testi difensiva degli imputati (che hanno negato le precedenti confessioni accusando persino il giudice istruttore di averli costretti a firmare dichiarazioni mai fatte) quella sera nel ritrovo dell'ENAL c'era almeno un centinaio di persone. Impossibile, si accerterà più tardi, perchè cento persone non potevano stare in tre piccoli locali. Comunque si tenta di accusare la folla, la folla anonima che si sarebbe scagliata contro il Bottoli per una frase che la banconiera dell'ENAL o la stessa mamma della ragazza avrebbe pronunciato: «Uscite ragazzi perchè fuori c'è un uomo che è dato dietro a mia figlia».Questa frase assumerà varie versioni per ogni persona che si trovava all’ENAL.
Ieri, comunque, alla fine dell’interrogatorio degli otto imputati, si poteva trarre questa conclusione: nessuno degli otto imputati avrebbe toccato il Bottoli, nessuno avrebbe visto in faccia la signora che reclamava dagli avventori giustizia per l’offesa fatta alla figlia. Il Presidente ha cercato in tutti i modi di poter ricostruire il più fedelmente possibile i vari episodi che precedettero il fatto di sangue e quelli che segnarono il linciaggio.
Ma altre dichiarazioni si dovranno aggiungere per arrivare a completare tutto il quadro della triste vicenda.
E questo dovrebbe avvenire (almeno si spera) con la deposizione della mamma della ragazza.
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