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IL CASO IN GERMANIA

Infermiera no-vax indagata: "Ha iniettato un placebo al posto del vaccino"

Potrebbero essere coinvolte più di 8.500 persone: tutte già invitate a ricevere una nuova somministrazione

Riccardo Maruti

Email:

rmaruti@laprovinciacr.it

12 Agosto 2021 - 19:03

Infermiera no-vax indagata: "Ha iniettato un placebo al posto del vaccino"

ROFFHAUSEN (GERMANIA) - Una infermiera no-vax avrebbe iniettato soluzione salina al posto del vaccino anti-Covid a oltre 8.500 persone: la sconcertante vicenda arriva dalla Germania, precisamente dal centro immunizzazione Schortens-Roffhausen, in Frisia. «Stiamo contattando tutti gli immunizzati tra il 5 marzo e il 20 aprile, che potrebbero aver ricevuto la soluzione salina», affermano le autorità. In quell'arco temporale nel polo vaccinale sono stati 9.673 i vaccinati, tutti già invitati a contattare le autorità per ricevere una nuova somministrazione. Di queste, 1.116 hanno già completato il ciclo vaccinale: a loro verrà offerto il vaccino di Johnson & Johnson, che prevede una sola dose. La donna, sotto inchiesta, è stata «motivata dall’opposizione alla vaccinazione» e ora si rifiuta di parlare con gli investigatori, rendendo più difficile individuare a chi sia stato effettivamente somministrato il vaccino e a chi no. A essere a rischio, ammoniscono gli investigatori, potrebbero essere soprattutto gli ultrasettantenni.

L’infermiera, una 40enne di cui non è stata resa nota l'identità, aveva l’incarico di preparare le dosi di vaccino e le siringhe. In un primo momento era stata interrogata su sei casi: si era difesa affermando di aver rotto una fiala, di averla sostituita con soluzione salina per non fare brutta figura con la dirigenza della struttura. Il caso si era apparentemente chiuso. Ma ora è riesploso, dopo la scoperta di diversi messaggi sui social di impronta no-vax. Il legale dell’infermiera ribadisce che si è trattato di un solo episodio, causato appunto dalla rottura di una fiala. Ma le autorità suggeriscono di vaccinarsi nuovamente per sicurezza, con l’unica controindicazione di poter incorrere «solo in effetti collaterali leggermente più marcati», come ha rilevato il Robert Koch Institute.

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