L'ANALISI
01 Agosto 2022 - 05:25
Stefano Allegri
CREMONA - La criticità è nota: da una parte l’eccesso di domanda di posti di lavoro, dall’altra l’eccesso di richiesta. Il problema? Non si incontrano. Si chiama mismatch. Il risultato: si creano posti vacanti e disoccupati, penalizzando sia la produttività delle imprese che i costi dello stato sociale. E considerando il numero di chi non lavora e non cerca impiego (il tasso medio regionale è del 17,4% e in provincia è ancora maggiore, pari al 22,6%), ecco che si crea un solco pericoloso. Per i giovani, soprattutto. Lo sa bene, e lo analizza approfonditamente, Stefano Allegri, presidente dell’Associazione Industriali della provincia di Cremona.
Il passato per capire il presente, in premessa: «Il fenomeno non è nuovo. Già alla fine degli anni Settanta c’era la disoccupazione intellettuale, che ha sottolineato quanto è necessario che il titolo di studio sia compatibile con le esigenze di mercato e non debba essere invece un obiettivo fine a se stesso. Nella storia più recente, soffermandoci al periodo pre-pandemia, emerge come i tassi disoccupazione, in particolare giovanile, siano fra i più elevati in Europa, così come la diffusione del fenomeno dei Neet, ovvero dei giovani non inseriti in attività di formazione, lavoro o alla ricerca attiva di un’occupazione. Oggi assistiamo anche ad un’altra manifestazione, definita great resignation, ovvero la scelta di una parte non marginale di lavoratori, soprattutto giovani e nei settori del terziario, che decidono di lasciare il proprio lavoro – anche a tempo indeterminato – per fare altre scelte ispirate alla ricerca di nuovi equilibri, di vita personale e di senso».
A questo si somma il tema demografico: la platea di giovani lavoratori disponibili è sempre più esigua e la stessa struttura occupazionale in Italia ne ha risentito. «Dal 2008 al 2019 la quota di occupati con meno di 34 anni è passata dal 30 al 22% e, secondo le previsioni Istat, i giovani fra i 15 e 34 anni passeranno dagli attuali 12,1 milioni a 11,7 nel 2032, con un calo del 3,9% — declina subito i dati, Allegri —. Tra l’altro, una ripresa della natalità richiede politiche di lungo periodo, i cui esiti si potranno vedere solo nell’arco di qualche decina d’anni».
Con un nodo da sciogliere ora, però. Subito: «A questa condizione di scarsità, si aggiunge l’assenza di un sistema di orientamento scolastico e professionale degno di tal nome — non fa sconti il presidente degli industriali —. Anziché valutare la compatibilità tra studi offerti dai percorsi formativi disponibili ed esigenze reali del mondo del lavoro, prevalgono stereotipi legati alle esperienze professionali dei genitori, se non alle loro aspettative sui figli. In giro per l’Italia non mancano certo esperienze di orientamento di rilievo, ma non costituiscono appunto un vero e proprio sistema».
Le conseguenze, nella riflessione sempre tranciante ma pragmatica di Allegri, è una sola: «Le scelte scolastiche,
formative e universitarie continuano a generare vere e proprie segregazioni professionali di genere. E così la separazione tra scuola e lavoro, tra apprendimento e pratica, costituisce un ulteriore elemento allarga distanze. Pur con tutti i limiti, l’alternanza scuola-lavoro introdotta dal provvedimento sulla ‘buona scuola’ del governo Renzi, poi di fatto svuotata dai provvedimenti degli esecutivi successivi, aveva cercato di avvicinare i due mondi, prendendo esempio anche dalle buone pratiche del sistema duale realizzato dall’Istruzione e formazione professionale e dagli Istituti tecnici superiori». Ed è su questi che Allegri si concentra: «Gli ITS, in realtà, esistono dal 1998 ma la loro vera forza la stiamo scoprendo negli ultimi anni. Confindustria ha sempre voluto potenziare la ‘seconda gamba’ dell’offerta formativa terziaria, subito professionalizzante, un master post diploma, perché le nostre imprese hanno bisogno di persone qualificate: laureati, soprattutto nelle discipline scientifico-tecnologiche (Stem) ma anche di periti e diplomati ITS, fondamentali per agganciare l’innovazione e spingere la ripresa».
L’appiglio cui aggrapparsi: «Sono convinto che la riforma ITS, approvata lo scorso 12 luglio anche grazie all’intervento del nostro sistema Confindustria, rappresenti un segnale di fiducia per giovani, famiglie, imprenditori e sostenga la competitività del Paese. Un segnale ancor più forte che le imprese sono partner forti della scuola. E questo non significa ‘aziendalizzare’ la scuola, ma supportarla nel potenziare la didattica laboratoriale e avere una maggiore contaminazione con il mondo del lavoro. In sintesi, dare più opportunità ai nostri giovani per entrare subito dalla porta principale, portando competenze, entusiasmo e idee. È una formula win win che esce dalla visione miope legata ai soli sussidi e politiche passive per i ragazzi in età da lavoro e la sua forza si riscontra anche grazie alla sua flessibilità: l’ITS Academy è capace di continui adattamenti, se tra quattro anni, ad esempio, cambia l’industria, si aggiornano i percorsi e si iniziano subito a formare le nuove competenze necessarie. La nostra associazione è socia della Fondazione Nuove Tecnologie per il Made in Italy che propone alcuni ITS tra cui il primo, in partenza in autunno, intitolato ‘Automazione e Innovazione per la Transizione Ecologica’ (https://www.itscremona.it). Teniamo moltissimo all’ITS del nostro territorio, un percorso biennale che risponde esattamente alle richieste delle imprese del territorio e che garantisce competenze tecniche qualificate ai partecipanti. Oggi chi cerca un lavoro ha una possibilità importante, partecipare al corso ITS significa qualificarsi, acquisire competenze e garantirsi l’accesso in settori strategici grazie anche ad un apprendimento duale on the job. Lo dicono i dati: l’85% degli iscritti trova lavoro non appena concluso il percorso formativo. Non a caso, la nostra associazione e le nostre imprese sono talmente focalizzati sull’ ITS che, grazie al contributo della Fondazione Next Generation 3C, recentemente costituita da noi imprenditori, verranno assegnate borse di studio del valore complessivo di 3.000 euro a tutti i partecipanti che termineranno il percorso biennale. E credo sia davvero una grande occasione».
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