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IL PUNTO DEL DIRETTORE

Il divieto di giocare e la distanza dalla realtà

Il biliardino, l’unico gioco capace di resistere alla concorrenza di PlayStation e videogame, è salito improvvisamente alla ribalta dell’estate 2022. Ennesima dimostrazione del fatto che spesso chi scrive le norme sembra vivere fuori dal mondo

Marco Bencivenga

Email:

mbencivenga@laprovinciacr.it

26 Giugno 2022 - 05:00

Il divieto di giocare e la distanza dalla realtà

Fra le mille riforme sempre attese e mai realizzate dalla politica italiana (giustizia, fisco e pensioni i casi più eclatanti…) una vicenda piccola piccola non meriterebbe neppure due righe sul giornale, tanto meno in un periodo come l’attuale, con una guerra in corso, l’inflazione galoppante, il costo di energia e carburanti schizzato alle stelle, la prospettiva di ritrovarsi senza gas per riscaldare le case il prossimo inverno e, nel frattempo, una siccità che minaccia di provocare danni irreparabili a raccolti, economia e ambiente. Le emergenze sono talmente serie e gravi, che sembra assurdo dover parlare del… biliardino. E invece, uno dei giochi più amati e popolari del mondo - da oltre un secolo diffuso in tutti gli oratori, i bar e gli stabilimenti balneari, l’unico capace di resistere alla concorrenza di PlayStation e videogame - è salito improvvisamente alla ribalta dell’estate 2022 diventando suo malgrado un caso esemplare, l’ennesima dimostrazione del fatto che spesso chi scrive le norme sembra vivere fuori dal mondo.

C’è da immaginarselo il funzionario ministeriale alle prese con la stesura della nuova legge contro il gioco d’azzardo (in partenza una sfida nobile, una sacrosanta battaglia di civiltà): “Tutti i giochi a gettone devono essere messi al bando, quanto meno regolamentati”, gli è stato detto. E lui, zelante, ha compilato la lista: è partito bene, individuando i principali giochi che portano alla rovina migliaia di persone (video poker, slot machine, video lottery, roulette...), ma ben presto è finito fuori strada, aggiungendo i flipper, i biliardini, i tavoli da ping pong (se è previsto l’uso del gettone per avere la pallina) e perfino i “dondolanti” per bambini, quelli a forma di cavalluccio, di Ferrari, di veliero o di astronave (quelli, effettivamente, una forma di assuefazione almeno la creano: prova tu a far scendere tuo figlio dalla giostrina, dopo che ha fatto il primo giro, ma l’azzardo è decisamente un’altra cosa). Non so se la lista dei giochi vietati comprendesse anche gli autoscontri del Luna Park (“Metti il gettoneee... Viaaa, si parteeee... Un altro giroooo...”) ma la cosa incredibile non è l’errore, perché tutti possiamo sbagliare ogni giorno, nella vita e nel lavoro.

La cosa incredibile è che fra la scrittura e l’approvazione della nuova norma nessuno l’abbia riletta almeno una volta e si sia reso conto dell’abbaglio, prima dell’ok definitivo (attenzione: non vale solo per chi scrive le leggi, ho fatto la stessa riflessione domenica scorsa, leggendo un’epigrafe sgrammaticata all’interno di una bellissima chiesa dei nostri paesi: possibile che nessuno si sia accorto dello svarione prima di cementarla nel pavimento? Evidentemente il diavolo ci mette lo zampino anche dove proprio non te lo aspetteresti…). Lezione imparata: mai dare nulla per scontato. Vale per le lapidi come per quella norma che mette sullo stesso piano una vorace slot machine e un innocuo biliardino: scritta lo scorso anno, è entrata ufficialmente in vigore il primo giugno e, con tempestività degna di miglior causa, sono subito scattate le multe per i “trasgressori” (fino a 4 mila euro, ha puntualmente previsto lo Zelante). Il passaparola ha fatto scattare l’allarme e in poche ore flipper e calciobalilla sono spariti da bar, sale giochi parrocchiali e stabilimenti balneari di mezza Italia.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a quel punto ha precisato che una deroga al divieto era prevista: bastava che il barista, il parroco o il gestore del lido compilassero una certificazione per confermare ciò che era già palese, sotto gli occhi di tutti, ovvero che pincanello e ping pong non sono giochi a premi (quindi assimilabili al gioco d’azzardo): al massimo, fra avversari si mette in palio un ghiacciolo. Tecnicamente, serviva un “nulla osta di messa in esercizio”, qualcosa di simile all’autocertificazione Covid che - se ben compilata - durante il lockdown consentiva di uscire di casa con la scusa di far fare la pipì al cane o andare a far visita ai “congiunti”. La via di fuga c’era, ma di fronte all’inevitabile ondata di polemiche non era ancora abbastanza. Alla fine l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha dovuto fare marcia indietro: grazie a un emendamento approvato dal Senato, sono stati riaperti i termini per l’autocertificazione che garantisce “la sicurezza e l’incolumità dei giocatori” (testuale) e i biliardini in regola sono stati “esentati dal sanzionamento”.

Morale della favola: chi ha scritto, approvato e pubblicato una norma tanto assurda, molto probabilmente, ha avuto un’infanzia infelice. Sicuramente, non ha mai giocato a biliardino, perché se l’avesse fatto anche una sola volta, non avrebbe mai messo il calciobalilla sullo stesso piano di una slot machine. Al contrario, saprebbe che tanto è alienante la sfida contro un gioco elettronico che ti porta via tutti i risparmi mentre ti illude di poter diventare milionario, tanto è appassionante sfidarsi con quelle quattro file di giocatori rossi e blu: un portiere, due difensori, cinque centrocampisti e tre attaccanti. Saprebbe che a biliardino non si può giocare da soli, come i disperati aggrappati alle slot machine: bisogna essere almeno in due, ma è ancor più divertente in quattro. Saprebbe quanto era inebriante, da giovani, convincere la più bella della compagnia a giocare con te e a formare una coppia almeno per la durata di una partita, battendosi il cinque e abbracciandosi come koala dopo ogni gol. O scambiandosi il posto dopo ogni rete segnata dagli avversari: “Stai tu davanti, difendo io...”. Saprebbe quale soddisfazione si prova a fare la “fotografia”, il gol che fulmina la rimessa del portiere. Soprattutto, saprebbe che nel biliardino presente in tutto il mondo in mille varianti esiste una sola regola, universalmente riconosciuta, senza bisogno di finire in un decreto: vietato rullare. Questa è la vita vera, la realtà delle persone normali. Ogni altra norma e incombenza burocratica (il nulla osta alla messa in esercizio…) è - per restare in tema - solo uno stupido autogol.

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