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Le grandi flotte da guerra sul Po

Le battaglie, le navi, i condottieri, Cremona e le altre città fluviali

Betty Faustinelli

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24 Aprile 2014 - 12:30

Le grandi flotte da guerra sul Po

Le potenze medievali si affrontarono sul Grande Fiume per il controllo della Val Padana Le vicende narrate nel libro di Brignoli

CREMONA — Immaginare il Po come una grande strada d’acqua che favorisce commerci e cultura è facile. Immaginarlo come un campo di battaglia dove si affrontano navi ed eserciti, dove tuonano le bombarde e sibilano le frecce incendiarie, il canglore delle spade e le urla degli arrembaggi che sovrasta il fruscio della corrente, è più difficile. Eppure i grandi silenzi del Grande Fiume furono interrotti per buona parte del secolo XV dallo scontro tra il Ducato di Milano e Venezia per il controllo della Lombardia o dell’Impero di terra come lo intendevano i veneziani. Scontri notevoli, con centinaia di imbarcazioni impegnate, che navigavano a remi e a volte aiutate dalle vele, il letto del fiume eramolto più grande di quello attuale, se i nodi del vento superavano quello della corrente le navi potevano utilizzare questa propulsione, che comunque era quasi sempre di supporto. 
Il libro di Carlo Alberto Brignoli, ‘Guerre fluviali’, edito dalla Mursia, racconta un Po inedito, dove i protagonisti sono soldati e marinai, battaglie e vascelli, città da conquistare. L’autore, pavese, è un grande appassionato difiumi, del ‘suo’ Ticino in particolare, barcaiolo lui stesso e amante di questi paesaggi originali e tipici, che, tranne quando i fiumi sono in piena trasmettono, un senso di pace e tranquillità. Per questa ragione il suo libro è un unicum. La trattazione parte proprio dalla componente più famosa del Po e dei fiumi: quella commerciale, che ha fatto grande Cremona e non solo: tutte le città del sistema fluviale padano hanno beneficiato di questa via d’acqua naturale. Occorreva che i commerci fossero sicuri per garantire ricchezza e prosperità alle città.
Le due... qualità non erano sfuggite al Barbarossa e agli altri Comuni Lombardi che per il controllo delle vie d’acqua si erano massacrati per secoli (Cremona e Brescia si combattono per il Naviglio Civico e la bocca dell’Oglio per decenni). ‘Ricchezza e prosperità’ che non potevano sfuggire a Venezia che nel secolo XV è sicuramente la potenza più forte del Nord d’Italia e una della più agguerrite di tutta la Penisola. E la Serenissima infatti volge la testa dal mare e guarda verso la ricca Pianura Padana, con i suoi campi, le vigne, le splendide città medievali. Ma il Ducato di Milano si difende, non ha nessuna intenzione di cedere. La grande guerra si risolverà in u n’unica battaglia nel 1509, quella di Agnadello, che Machiavelli chiama di ‘Va ilà ’, in cui in «un’unica giornata Venezia perse tutto» come affermava il segretario fiorentino. A metà del XV secolo però la partita è ancora tutta aperta, e Venezia la gioca dove si sente padrona: l’acqua, anche se quella dolce del Po.
E qui il racconto di Brignoli si fa avvincente, il saggio diventa romanzo, e il romanzo diventa saggio. Vengono descritti personaggi mitici come l’a mmiraglio Pasino degli Eustachi, Angelo della Pergola, Filippo Maria Visconti, Carlo Malatesta. «Uomini che odiano, combattono, firmano trattati di pace, ma sempre pronti a ordire inganni, intrighi e ancora combattere » scrive l’autore centrando il carattere e la mentalità, quasi l’ideologia, degli uomini dell’epoca, o meglio dei ‘signori’del tardo Medioevo. Ma non solo: il libro è una sorta di enciclopedia della navigazione fluviale, vengono elencate i tipi di imbarcazioni, la composizione degli equipaggi, perfino i costi.

Il vincitore fu l’ammiraglio Pasino
CREMONA —Le cento navi risalgono con fatica la corrente del Po, è una calda giornata di giugno del 1431, i rematori sono sfiniti dalla fatica, si suda. La disciplina sui legni della Repubblica di Venezia è ferrea, anche perchè ad ogni ansa del grande fiume potrebbe esserci in agguato il nemico: le navi milanesi che portano le insegne di Filippo Maria Visconti. Per posta c’è Cremona e i ricchi territori che sono al confine con la Repubblica di San Marco. Le navi veneziane, al comando di Nicolò Trevisano, si scontrano con quelle milanesi condotte da Eustachio Pasino. Sulla tolda dell’ammiraglia milanese scruta la flotta nemica anche Francesco Sforza, che da lì a qualche anno sposerà la figlia di Filippo Maria e diventerà signore di Milano e di Cremona. Sulle sponde del fiume segue l’armata il Carmagnola, che dopo l’agguato di Soncino, cerca la rivincita. Le navi si avvicinano al ritmo dei tamburi, la battaglia è cruenta, si sente lo schioccare del legno che si fracassa contro il legno. Il Po è in secca, alcune navi si incagliano e dunque partono gli arrembaggi, sanguinosissimi. Francesco Sforza si impadronisce di alcuni vascelli arenati. Si combatte per ore, e la fortuna sembra arridere ora aduna oraall’altra parte. Ma alla fine alcune imprudenze di Trevisano e il valore di Francesco Sforza causano la sconfitta dei veneziani, nonostante il Conte di Carmagnola cerchi di soccorrere le armate di San Marco dalla riva. La Repubblica perde più di 30 navi e una quantità
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