Un professore, specialista in miti e mitologie da docente di Storia del teatro greco qual'è, all'Università di Trento, si misura con «Tic, luoghi comuni e mode culturali degli Italiani ai tempi della seconda Repubblica», come recita il sottotitolo di questo suo ironico e preoccupato saggio, che sa ben riconoscere e riportare alla giusta dimensione. Ecco che ci racconta le banalità storiografiche sul «sangue dei vinti» e sui «ragazzi di Salò», le riabilitazioni postume del fascismo (e persino della congiura di Catilina o della dittatura di Pinochet), le riscritture ferocemente anti-unitarie del Risorgimento. Ma, venendo al presente, anche l'attacco al posto fisso, il dogma della flessibilità, la critica allo statalismo, il disprezzo per gli impiegati pubblici fannulloni, per i giovani bamboccioni, e poi la retorica del «fare», il culto della managerialità. Con una scrittura rapida e coinvolgente, Ieranò offre il repertorio ironico, ma puntualmente documentato, dei tic ideologici che hanno imperversato nell'ultimo ventennio durante i tempi non sempre gloriosi della Seconda Repubblica, invitandoci a confrontare il presente con la sua ingombrante eredità, quella che è stata l'esaltazione del politicamente scorretto, le pose guascone e ribalde in opposizione al presunto buonismo imperante, il fastidio per il «culturame», la moda neocattolica, per cui anche chi s'incaglia sul «Rosa, rosae» piange però di nostalgia per la messa in latino.