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IL COMMENTO AL VANGELO

Lo scandalo di un Messia inatteso

Dal dubbio del Battista nasce una fede che rovescia potenza e successo: nel Regno contano i piccoli, la prossimità e una salvezza capace di spiazzare ogni attesa

Don Paolo Arienti

14 Dicembre 2025 - 05:20

Lo scandalo di un Messia inatteso

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
(Mt 11,2-11)

Un colloquio a distanza che forse non ci aspetteremmo. Quello stesso Giovanni che aveva pagine prima predicato l’arrivo di uno più potente, con l’irruzione definitiva del Regno… beh proprio lui ora dubita. Ha bisogno di mandare dal carcere qualche emissario a vedere, verificare, chiedere conferma. Forse perché per Giovanni l’avvento del Messia era cosa seria; e forse perché qualcosa non quadrava. Lo dimostra anche la chiosa che Matteo mette sulla bocca di Gesù, profondamente dissonante rispetto all’elenco di miracoli e eventi straordinari appena precedente: “beato colui che non si scandalizza di me”. Che scandalo ci può essere nella guarigione, nel riacquistare la vista, nel far addirittura risorgere i morti? Questi eventi straordinari che Gesù invita a registrare e riferire come tracce eloquenti del Regno, sarebbero totalmente in linea con l’attesa messianica del tempo. Diversi ebrei, singoli o raccolti in gruppi organizzati, abitavano luoghi aridi ed inaccessibili, alimentando una spiritualità dell’attesa, un fermento di novità anche politica, segnata dalla potenza del mediatore divino che sarebbe ritornato sulle nubi del cielo.

Ma forse Giovanni aveva sentito narrare di episodi non completamente in linea con questo messianismo di potenza. Forse Matteo che costruisce come gli altri evangelisti il suo testo non solo come un giornalista che si documenta, ma soprattutto come un sapiente teologo che carica di significati spesso sotterranei le sue pagine, preferisce anticipare i tratti del messianismo speciale di Gesù e ribaltarli sui dubbi del Battista: sei proprio tu? Con i gesti e la mentalità che manifesti? Con la tua interpretazione del potere divino e della libertà? Sei proprio tu… o dobbiamo aspettarne un altro? Domanda assolutamente legittima, che testimonia almeno due questioni nodali. La prima: anche per l’epoca i segni del Regno non dovevano apparire come evidenti; non tutto era chiaro e certe agitazioni e radicalità, espresse con la veemenza del linguaggio apocalittico, potevano generare un clima aggressivo, duro, spigoloso. In più: forse la domanda del Battista vale per tutti, per chi cerca un riscatto, rivendica una giustizia e si chiede se il Vangelo può davvero soddisfare un’attesa di questo tipo.

Gesù sa che il suo stile è spesso scandaloso. Anzi, potremmo dire che è proprio lo scandalo, la pietra che ti fa inciampare mentre pensi di conoscere la strada e di avere un buon controllo delle tue azioni, ad essere la cifra vera della buona notizia. È scandaloso che qualcuno riscriva le regole del messianismo in termini così paradossali; è scandaloso che venga superata, riassorbita in altro, riletta la Torah; è scandaloso che tutto abbia un compimento così drastico nella croce, la pena prevista per gli schiavi ed i malfattori. Gesù ricorda che è promessa una beatitudine, una gioia, per coloro che non si scandalizzeranno delle sue parole e delle sue proposte. Proprio perché lo stile scandaloso della prossimità e della salvezza dell’umano transiterà altrove, sarà reinterpretato nella storia, assunto e incarnato mille e mille volte. Sino al punto che qualcuno di molto piccolo, fosse anche insignificante e non conosciuto, potrà essere più grande del grande Giovanni, celebrato da Gesù stesso come il massimo tra i nati da donna. Un altro paradosso, un altro spaesamento illogico.

Siamo abituati a pesare, e molto bene, i grandi della terra. Abbiamo parametri molto severi: quello economico, quello politico, quello dettato dal successo; ma anche quello della coerenza e della saggezza, del coraggio e della profezia. Ebbene, Gesù dichiara che nel Regno le logiche quantitative, le aspettative di rilevanza pubblica sono destinate a saltare. E può accadere che il più piccolo diventi… più grande, anche di Giovanni. Un monito a cambiare occhiali, una promessa che il flusso di profezia e grandezza coagulato nella figura strana e dura di Giovanni è destinato a non morire con lui. C’è per il Vangelo una catena da costruire, una logica da assumere che non isola le persone, soprattutto se sono “fuori scala”, ma le immette in una comunità aperta, destinata a fecondare la storia, e non solo a costruire tombe e monumenti per i suoi profeti.

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