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#DIRITTODICRITICA: 'Tragùdia. Il canto di Edipo', le recensioni degli studenti

Torna l'appuntamento con l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli

La Provincia Redazione

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02 Dicembre 2025 - 17:04

#DIRITTODICRITICA: 'Tragùdia. Il canto di Edipo', le recensioni degli studenti

CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Protagonista di questo appuntamento è Tragùdia. Il canto di Edipo, andato in scena mercoledì al Ponchielli in apertura del cartellone di prosa, dedicato ai classici.

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ANTONIO FERRARI – 3ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
“Macerie. In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco. Ciò che resta della tragedia: parole senza suono.” è con queste parole che Alessandro Serra, regista, scenografo, sound e lighting designer e costumista, ci presenta la sua idea: restituire alla società moderna l’antica e ormai dimenticata arte della tragedia.
Alessandro Serra si ispira liberamente al ciclo tebano di Sofocle, mettendo in risalto (forse troppo) il lato drammatico della tragedia sofoclea, condensando le parti più “leggere” in due momenti comici che tranciano il pathos creato precedentemente e che risultano fuori luogo. Interessante l’esperimento del grecanico, definito tale per la musicalità iconica delle parti cantate, dovuta al superbo lavoro di Bruno de Franceschi, contrapposta alla fluenza che va a perdersi nelle parti recitate, difficili da seguire a causa della presenza dei sottotitoli, fonte di distrazione e in alcuni momenti in ritardo con la scena. Scena dominata per tutta la rappresentazione da un uso magistrale delle luci, che alterna luci e ombre in un vorticoso gioco di chiaroscuro che indirizza l’attenzione dello spettatore verso il fulcro della scena, ma anche riflesso del moto interiore dei protagonisti- Tutto ciò è esemplare nelle scene dell’impiccagione di Giocasta e del successivo accecamento di Edipo: le luci rivelano il corpo appeso della madre-sposa e vengono spente bruscamente quando il protagonista si toglie la vista. Peculiare la scelta del costume di Teseo, re di Atene, che ha influenze orientali: è infatti vestito da un kimono e da una maschera del teatro Noh giapponese (tipico del XIV secolo) usata per rappresentare gli spiriti tormentati nell’Inferno, proprio come Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, ci restituisce la figura dell’eroe greco. Buona in linea di massima l’interpretazione di tutti gli attori in particolar modo di Jared McNeill nel ruolo di Edipo e di Chiara Michelini come, tra i tanti ruoli interpretati, l’indovino Tiresia, il cui ingresso è accompagnato dallo stridio degli attori rassembrante quello degli uccelli; unica piccola pecca della prova attoriale, la difficoltà nel distinguere i pianti dalle risate. In conclusione, lo spettacolo è un ottimo tentativo di riportare alla luce lo spirito della tragedia greca in tutti i suoi aspetti più dimenticati come la parte corale.

GIOVANNI VALCARENGHI – 3ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Quando si apre il sipario, la prima cosa a colpire è la scenografia scarna, solo pochi elementi sullo sfondo nero per definire un ambiente senza tempo. Potremmo trovarci ai tempi di Sofocle oppure al giorno d’oggi.
Così vuole Alessandro Serra, il regista che cura anche scenografia, costumi, luci e suoni.
Anche i costumi sono semplici, senza ornamenti. Teseo porta una maschera che elimina ogni espressione del volto e trasmette solo tristezza.
Notevole è il gioco di luci che marca i movimenti dei personaggi e ciò che provano. Quando Edipo si acceca, la scena diventa completamente buia e induce lo spettatore ad immedesimarsi nello smarrimento del protagonista. Edipo entra in scena direttamente dalla platea creando così una stretta connessione tra gli attori e il pubblico colto di sorpresa.
Il sentimento dominante è quello della sofferenza che si manifesta nei gesti, nel linguaggio, nella voce e nelle urla stridenti, ma soprattutto i silenzi sono molto eloquenti.
Veniamo al titolo. Tragùdia è la traduzione in grecanico di tragedia. Il regista sceglie la lingua grecanica perché è arcaica e sembra senza tempo come il mito stesso. La lingua grecanica ci porta dalla Magna Grecia al mondo di oggi con le tragedie del mondo contemporaneo che sembrano quelle di millenni fa.
La storia di Edipo è molto complessa. Si parla di abbandono e ritrovamento dei genitori, di parricidio, di destino qui segnato dall’Oracolo di Delfi, di esilio, di una società in balìa degli eventi come carestia, politica, fato, religione.
Malgrado la complessità, si rimane colpiti dalla capacità con cui il regista e gli attori hanno saputo comunicare in modo profondo i sentimenti, così il mito di Edipo sembra accessibile anche a chi lo incontra, ascolta e vede per la prima volta.
Allo stesso tempo uno spettatore più esperto potrebbe rimanere deluso dalla stretta fedeltà alla trama originale, mentre la parte creativa e di rielaborazione del testo sembra essere messa in secondo piano.


EMMA VAN KAAM - 3ª LICEO ASELLI 
Nella serata del 26 novembre il Teatro Ponchielli ha ospitato Tragudia, un’opera teatrale che affronta in modo intenso e drammatico il mito di Edipo. Lo spettacolo ripercorre la vicenda dell’uomo che, senza saperlo, compie il destino che per tutta la vita ha tentato di evitare: alla nascita un oracolo predice che ucciderà suo padre e sposerà sua madre. Per scongiurare la profezia, i genitori lo abbandonano, ma Edipo viene salvato e cresce lontano, ignaro delle sue vere origini. Divenuto adulto e venuto a conoscenza dell’oracolo, fugge dalla sua casa adottiva, convinto di poterne sfuggire il destino. Nel viaggio, però, uccide durante una lite un uomo che si rivelerà essere suo padre Laio. Giunto a Tebe, libera la città dalla Sfinge e, come ricompensa, sposa la regina Giocasta, inconsapevole che sia sua madre. Quando la verità emerge, il castello di menzogne e illusioni crolla: Giocasta si toglie la vita ed Edipo, sconvolto, si acceca e parte in esilio. Lo spettacolo mantiene una costante atmosfera tragica, alimentata dal tono di voce degli attori, dalle urla, dai pianti e da una fisicità espressiva che trascina lo spettatore nel tormento di Edipo. Efficace l’entrata in scena del protagonista attraverso la platea, a voler sottolineare il suo ruolo regale e la sua vicinanza al pubblico. La domanda sull’identità dell’uomo destinato a sposare sua madre e uccidere suo padre diventa il fulcro drammatico dell’opera: personaggi insinuano il dubbio, ed Edipo inizia a interrogarsi, in un crescendo di tensione. Di grande impatto la figura dell’Oracolo di Delfi, interpretato da un uomo nudo, immobile come una statua che conferisce alla scena una rappresentazione qualcosa di non immaginabile dal pensiero odierno. Impressionante la scena dell’impiccagione di Giocasta, che lascia Edipo annientato e il pubblico in un silenzio sospeso. Il pubblico esce dal teatro colpito dalla malinconia trasmessa dagli attori e dalla potenza emotiva dell’allestimento. Un elogio per la capacità di rendere il mito ancora vivo e attuale.

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