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Cantare l'unione d'Italia

Affollato incontro dedicato agli inni patriottici risorgimentali

Giulio Solzi Gaboardi

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01 Dicembre 2025 - 10:46

Cantare l'unione d'Italia

Un momento del concerto con i musicisti del conservatorio

CREMONA - Non una marcetta, ma il figlio vivo della tradizione operistica italiana. Sul Canto degli Italiani, su testo di Goffredo Mameli e musica di Michele Novaro si è detto di tutto: brutto, sgraziato, bandistico, poco poetico. La pietra tombale su questa diatriba la si è messa mercoledì pomeriggio in Biblioteca Statale.

Il demiurgo è il Cavaliere di Gran Croce, Emanuele Bettini, che, dal suo ruolo di presidente per Cremona e Lodi dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano e referente cremonese della Fondazione Insigniti Omri, ha allestito un concerto con le musiche di Novaro su spartiti d’epoca (direttamente dall’archivio personale di Bettini). Un unicum nella storia della nostra provincia, tanto più che ha dato il La all’iter per il riconoscimento della dignità costituzionale all’inno. «Così come l’articolo 12 codifica il Tricolore e ad esso è dedicata una giornata dell’anno (il 7 gennaio) — aveva spiegato Bettini — perché non conferire la medesima dignità al nostro inno?».

Raffaella Barbierato, Michele D’Andrea ed Emanuele Bettini


Da Roma e Venezia al Canto degli Italiani, dal Canto del Dragone alla Livornese: i principali canti che hanno accompagnato chi ‘faceva l’Italia’ hanno ripreso vita grazie agli studenti del Conservatorio Monteverdi e ai loro docenti. Il concerto è stato preceduto dai saluti istituzionali della direttrice della Biblioteca Statale, Raffaella Barbierato, che ha sottolineato che «la storia la facciamo noi uomini, anche quando organizziamo queste celebrazioni».

A Bettini l’onere di rievocare il legame che unisce Cremona al Risorgimento: «i fucili dei garibaldini ottenuti grazie all’interessamento del marchese Trecchi, l’avvocato Tibaldi e il dottor Ripari, capo medico della spedizione dei Mille: Cremona ha avuto un ruolo chiave». Nessun colore politico, ma i colori della bandiera: verde, bianco, rosso. «Ci identifichiamo — continua Bettini — nella Nazione. Nell’Italia. Molto più che una semplice ‘espressione geografica’». In barba al Metternich.

Il pubblico che mercoledì pomeriggio ha assistito al concerto e alla conferenza dedicati agli inni risorgimentali presso la sala Carini Dainotti della Biblioteca statale 


Poi le parole di Francesco Tagliente, presidente della Fondazione Insigniti Omri, che nel ringraziare Bettini ha ricordato il ruolo della fondazione, al servizio del Paese e dei suoi principi fondanti. A Michele D’Andrea, già consigliere alla Presidenza della Repubblica, il compito di raccontare la storia del Canto degli Italiani e le ragioni della sua fortuna. «Novaro è arrivato dove non arrivò Verdi» provoca.

In effetti, l’Inno popolare confezionato dal Cigno di Busseto su testo di Mameli fu presto dimenticato dagli italici insorgenti. Non come i richiami guerreschi e l’anelito popolare della musica di Novaro, che incontrò i clamorosi favori di quella nuova popolazione in larga parte non alfabetizzata. Un’alchimia tra popolo e inno che travalica i nomi dei grandi poeti e degli eterni compositori.

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