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STREET ART SOTTO IL TORRAZZO

Trent’anni di graffiti: «Un inno a ‘Big Cream’»

L’arte urbana cremonese per la prima volta raccontata in un libro. Stasera presentazione in Ciocco

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

15 Novembre 2025 - 05:05

  Trent’anni di graffiti: «Un inno a ‘Big Cream’»

CREMONA - «Un pattern diffuso, fatto di azioni rapide e fuorilegge, che da più di trent’anni colora le strade di ‘Big Cream’: è la traccia di una scena underground che si riproduce, il fuoco di una cultura che, anche nella nebbiosa Cremona, sembra non volersi spegnere». Si apre così il racconto collettivo di trent’anni di street art a Cremona, per la prima volta concentrato in una pubblicazione che raccoglie fotografie, testimonianze e materiali storici. Sarà presentato oggi, con un appuntamento dalle 19 alla birreria La Ciocco di piazza Roma, il volume Big Cream. Cronache urbane di una città di fiume. Un libro senza autore, affidato alla ricostruzione di alcuni dei protagonisti della galassia hip hop cremonese, dai vecchi membri di una nota crew di graffitari a chi, come Giorgio Jad Coppiardi, ha sempre intrecciato il proprio lavoro educativo con l’arte delle bombolette come forma d’espressione spontanea.

Come nasce l’idea di pubblicare questo libro?
«Per rispondere devo fare qualche passo indietro. Una decina di anni fa incontrai questa crew, un gruppo di ragazzi molto attivo in città, con i quali nacque il progetto di una rivista auto-pubblicata, una fanzine. La intitolammo ‘Big Cream’, un omaggio in stile hip hop alla nostra città: era una vera e propria rivista specializzata, nata per diffondere anche qui il linguaggio delle arti urbane in città, dallo skate ai tatuaggi, dalla street art al rap. Ne uscirono quattro numeri, poi ci fu un po’ di dispersione. Quando ci siamo trovati a dieci anni di distanza abbiamo deciso di riprendere in mano il progetto: inizialmente pensavamo a un ‘numero 5’, poi abbiamo scelto di realizzare un libro per tenere traccia e mettere su carta quel che a volte sui muri resiste poche settimane. Per questo dobbiamo ringraziare anche Tommaso Giorgi e Serena Carpaneto di CrArT che ci hanno supportato in tutti gli aspetti per noi più ostici».

Come è organizzato questo volume?
«Abbiamo scelto di concentrarci sull’essenza di quel movimento artistico, sbarcato in città negli anni ‘90 come forma di espressione libera, esercitata dai giovani quasi sempre in maniera illegale. Quindi abbiamo raccolto le opere non tanto seguendo un ordine temporale ma spaziale, presentando i luoghi che sono stati la ‘palestra’ di noi graffitari: sottopassi, centri sociali ed edifici abbandonati. Oltre al lavoro di raccolta del materiale fotografico, che è stato imponente, abbiamo inserito alcune testimonianze raccolte tra chi, cremonese o no, ha frequentato la nostra città per dipingere. Riflessioni e memorie, ma anche dialoghi e racconti».

Può considerarsi una sorta di antologia quindi?
«Non proprio, non potrebbe mai essere un lavoro esaustivo: mancano tanti ‘pezzi’ un po’ perché negli anni Novanta/Duemila scattare foto alle opere non era immediato come oggi che abbiamo i cellulari sempre in tasca, un po’ per la natura stessa della street art. Non è come quando devi documentare i monumenti di una città, che sono quelli e quelli restano. La street art è un movimento molto più dinamico, le opere appaiono, scompaiono, vengono rigenerate e spesso non resta nemmeno una foto a documentarle. Insomma abbiamo fatto un volume di 400 pagine, ma sarebbero potute essere anche 800, 1000».

Come è nato il movimento dei graffiti a Cremona e come è cambiato negli anni?
«In città il fenomeno comincia a prendere piede nei primi anni ’90, il libro copre l’arco 1993-2023. Era la forma d’espressione libera per eccellenza, colma di rivendicazioni di quei ragazzi che spesso venivano da contesti marginali e si prendevano uno spazio di protagonismo. Nel ’95/’96 il movimento era cresciuto e così ottenemmo il primo muro libero, nel quartiere Zaist, anche se il grosso delle opere continuavano ad apparire ‘spontaneamente’ nei sottopassi, sui treni e in zone abbandonate. Da quel momento, di generazione in generazione, alternando picchi di iperattività a periodi di apatia, il movimento dei graffiti ha perseverato a Cremona».

Com’era dipingere nei primi tempi? Qual era il vostro messaggio?
«Che si riconoscesse l’arte per quella che era, al di là del supporto che si sceglie. Cremona per molti anni ha guardato con sospetto alla street art, considerandola una forma artistica di serie b, confondendola con il vandalismo e le tag, senza prenderla mai troppo sul serio. Eppure, nonostante la scarsa legittimazione, questa forma di espressione ha trovato sempre nuovi interpreti, creativi e appassionati, che per oltre trent’anni hanno continuato a dipingere i muri di questa città».

E oggi? L’approccio è cambiato?
«Attualmente siamo in un momento molto fortunato, direi di rinascita, per diversi motivi. Ci sono tanti giovani, come non se ne vedevano da anni anche grazie a progetti messi in campo da realtà educative per promuovere la street art come mezzo di espressione e incontro. E il cambiamento di approccio è stato sancito dall’approvazione della nuova mappa dei muri liberi del Comune: gli spazi si moltiplicano e i ragazzi possono trovarsi in tutta tranquillità, di giorno, per dipingere e conoscersi».

Dall’altro lato della bomboletta, per i writers, come è cambiato l’approccio?
«Per gli adolescenti il graffito è ancora molto legato a una necessità espressiva e di protagonismo, un altro modo per ‘far sentire la propria voce’ e lasciare un segno. Però si avvicinano anche tanti giovani adulti che cercano una forma d’arte a tutti gli effetti: scelgono lo spray come potrebbero scegliere gli acquerelli. Penso che questo sia molto interessante: per la nostra generazione andare a dipingere delle lettere su un muro era un’esperienza inedita, elettrizzante per certi versi rivoluzionaria. Ormai è invece una forma d’arte (quasi) come le altre, non direi nemmeno più contemporanea ma piuttosto moderna. Anche se il fatto di essere ‘esposta’ in strada mantiene una potenza tutta sua».

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