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LA STORIA SI FA A TAVOLA

Il gusto della memoria: un viaggio tra i sapori cremonesi della carne

Il nuovo quaderno dell’Accademia Italiana della Cucina racconta come le abitudini alimentari siano cambiate nel tempo, tra ricordi di povertà e piatti che diventano identità collettiva

Barbara Caffi

Email:

bcaffi@laprovinciacr.it

12 Novembre 2025 - 13:26

Il gusto della memoria: un viaggio tra i sapori cremonesi della carne

Pieter Aertsen, Incontro di Gesù con Marta e Maria (1552, Kunsthistorisches Museum, Vienna)

CREMONA - Natale, Pasqua, il giorno della sagra: non c’erano molte occasioni, fino a qualche decennio fa, per mangiare la carne, tanto meno quella rossa. Si poteva fare eccezione per una puerpera o per un bambino in convalescenza: chi poteva permetterselo si tirava su con una tazza di brodo o un pezzetto di gallina. Eppure siamo terra di bolliti e l’arrosto della domenica è per molti un rito familiare

carla

Proprio a “Le Carni: un Viaggio tra Sapori, Memorie e Tradizioni Cremonesi” è dedicata l’edizione 2025 del quaderno curato da Carla Bertinelli Spotti (nella foto) per l’Accademia Italiana della Cucina. Un modo per esplorare, attraverso le consuetudini culinarie del territorio, uno spaccato che è al contempo sociale ed economico, legato al costume, alle conoscenze nutrizionali, al modo di vivere e di parlare.

Il quaderno, che racconta il mondo delle carni nella tradizione cremonese, tra storia, cultura e gusto, è il risultato della ricerca condotta nell’ambito del tema suggerito dal Centro Studi Franco Marenghi dell’Accademia. Il disegno in copertina si deve a Franco Cimardi.

«Questo è il diciannovesimo quaderno cremonese – scrive Bertinelli Spotti –, frutto di un percorso iniziato nel 2006 con la cucina del pesce e proseguito, anno dopo anno, esplorando pasta, riso, formaggi, dolci e altre eccellenze locali. L’approccio è sempre lo stesso: legare il cibo alle vicende storiche, alla lingua, alla vita quotidiana, raccontando come le **tradizioni cambiano senza svanire del tutto». 

copertina

Le fonti, come sempre, sono storiche e archeologiche – gli scavi di Bedriacum-Calvatone hanno rivelato molto – e archivistiche, ma informazioni sono state desunte anche da ricettari e ricordi familiari. Ricordi che riportano inevitabilmente a un passato povero.

Prosegue Bertinelli Spotti: «In generale emerge che, fino al secondo dopoguerra, sia in città che in campagna, per la situazione socio-economica, raramente compariva in tavola la carne: uniche eccezioni le feste familiari e religiose». Erano rari anche conigli e pollame, e di ogni animale non si buttava via niente: frattaglie, zampe, ossa, creste e bargigli venivano in qualche modo utilizzati. Il poco che avanzava tornava in tavola il lunedì.

In campagna, fino alla metà del secolo scorso, non era infrequente soddisfare il fabbisogno proteico con lumache, tassi, talpe o un po’ di selvaggina presa di frodo. A volte si facevano miracoli: Luisa ricorda che tutti e quattro i nipoti, a Natale, trovavano in tavola una coscia grazie alla magia di nonna Palmira.

Questo non ha impedito che Cremona diventasse terra del gran bollito: Ugo Tognazzi ricordava che «Il bollito è un culto, un rito. O è solo vile carne lessata». La lunghezza dei tempi di cottura fa sì che anche oggi il bollito in famiglia si consumi raramente – e con mostarda, salsa verde, puré, spinaci, lenticchie, cren –, lasciandone la diffusione a trattorie e ristoranti.

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Vincenzo Campi, La cucina (particolare)

Il cibo e la sua abbondanza, segni dell’eccezionalità del momento, restano simboli di una convivialità affettuosa che si fa memoria. Conferma Valerio Ferrari, autore della ricerca storica: «Nel passato delle nostre comunità, i piatti di carne rappresentavano l’occasione di riscatto dalla frugalità alimentare osservata per gran parte dell’anno».

Ma non di solo bollito vive il territorio cremonese: la carne può essere arrostita, brasata, cotta in umido o alla brace, insaporita con verdure, aromi e spezie. E ogni cottura si moltiplica, come nelle differenze tra brasato, stracotto e stufato.

Non esiste una ricetta uguale all’altra: bastano una foglia d’alloro, qualche bacca di ginepro o una spolverata di cacao amaro per dare un tocco in più a un piatto della tradizione. Le contaminazioni familiari – una nonna piacentina o una cognata piemontese – arricchiscono le varianti destinate a essere tramandate.

Anche nell’edizione 2025 del quaderno non mancano i consigli nutrizionali della dottoressa Giuseppina Palazzoli, medico specializzato in scienza dell’alimentazione, e abbondano ricette, aneddoti e ricordi.

Il quaderno sarà presentato domani alle 17 nella saletta Mercanti della Camera di Commercio.


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