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STAGIONE LIRICA 2025/2026

Nel dramma di Carmen il pensiero va a Gaza

‘Prima’ interrotta per pochi minuti. Piace la regia di Vizioli, nel cast vocale spicca Rocio Faus

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

04 Ottobre 2025 - 10:22

Nel dramma di Carmen il pensiero va a Gaza

CREMONA - Il buio, la scena aperta, l’attacco del Prélude bruscamente interrotto tra lo stupore del pubblico. Le luci si riaccendono in sala. Chi va a teatro «per sognare» e magari «staccare dalla realtà» deve accettare che il teatro, da duemila e cinquecento anni, sia il luogo della politica, del cittadino, dello scontro, della catarsi, della morale e della sua infrazione. Sul palco tutto lo staff del Ponchielli con bandiera palestinese e cartello pacifista.

gaza

La lettura del comunicato di solidarietà alla popolazione di Gaza e ai naviganti della Global Sumud Flotilla fermati in acque internazionali mercoledì scorso dalla marina di Israele e ancora trattenuti in territorio straniero. Un’adesione simbolica allo sciopero che ieri ha «bloccato tutto», senza però interrompere per non più di pochi minuti la recita. Un minuto di silenzio e le parole di Pier Paolo Pasolini: «Vi sono momenti nella storia in cui non si può essere inconsapevoli. Bisogna essere consapevoli e non esserlo equivale a essere colpevoli».

Gioco della Provvidenza, proprio all’inizio dell’opera, il mitico coretto dei bambini che sbeffeggiano il grigiore dei soldati alle loro spalle. L’amore è un uccello ribelle, dice Carmen.

E i ribelli, spesso e volentieri, sono soli. Estendiamo pure: tutti sono soli. O tali si sentono. Sicuramente vale per i quattro personaggi di questa Carmen pensata da Stefano Vizioli: emarginati, scissi, separati dal resto del mondo da un sipario nero che si scurisce. Drammaticamente soli, insomma. Prima fra tutti, sola e raminga, è la zingara Carmen. Sola anche nel ricevere dalle carte il presagio di morte. Una metafora corretta: chi troppo arde d’amore finisce per bruciare sé stesso o chi gli sta intorno. O entrambi. Così l’amore di José si tramuta ben presto in un incendio ben poco amoroso e assai violento. L’ambientazione scelta di Vizioli rimanda al realismo di Rossellini o di Moravia.

L’idea è buona e trova una realizzazione coerente soprattutto nell’insistenza sui simboli del destino e della morte ineluttabile. Lo spazio è sfruttato interamente e con sapienza: le scene fisse, austere e ben congegnate sono di Emanuele Sinisi, valorizzate dalle luci di Vincenzo Raponi. Completano l’allestimento le proiezioni di Imaginarium Studio, le coreografie di Pierluigi Vanelli e i costumi di Annamaria Heinrich. Buon lavoro sulla fisionomia dei personaggi. Carmen rifugge le civetterie di maniera e incarna invece una femminilità statuaria e quasi eroica. Di José si assiste alla metamorfosi: il soldatino caricato a molla che marcia a tempo di chanson, ora infrange le regole ed è servo delle sue passioni. Micäela è prima sciocchina e ingenua morosina, poi donna coraggiosa e matura. Escamillo, più che il valoroso torero della tradizione, risulta un domatore di vitellini dall’ego gonfio e tronfio.

Il cast è discretamente assemblato. Emanuela Pascu nel ruolo eponimo regala grandi momenti, impersonando alla perfezione l’incandescente anima gitana. Se il timbro è bello e brunito e il registro grave è particolarmente convincente, a mancare talvolta è il fiato. Ma la parte è difficile e stancante. Non convince del tutto Joseph Dahdah come Don José. Il timbro è anche piacevole ma è del tutto offuscato da un fraseggio aspro e una messa in voce grezza. La Micaëla di Rocio Faus è certamente la più convincente della serata, già dal suo ingresso. Da brividi. Pablo Ruiz è un Escamillo corretto ma senza guizzi particolari e sempre un po’ affaticato. Completano il cast la Mercédès di Aoxue Zhu, la Frasquita di Soraya Méncid (entrambe ottime), il Morales di Matteo Torcaso, la Zuniga di Nicola Ciancio, il Dancairo di William Allione e il Remendado di Gianluca Moro.

Tra i figuranti, c’è anche il giovane cremonese Simone Bodini. Nel golfo mistico trova posto un’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano non nella sua migliore forma, complice la concertazione complessivamente poco ispirata di Sergio Alapont, che sceglie tempi sbrigativi, rinunciando tra l’altro a sfumature e variazioni dinamiche degne di nota, in favore di un inspiegabile eccesso di volume. Spesso non governati gli ottoni e i fiati. Splendide le voci bianche I piccoli musici di Casazza, preparati da Mario Mora. Sempre preciso e compatto il coro di OperaLombardia preparato da Diego Maccagnola. Teatro tutto esaurito e pubblico entusiasta. Si replica domani alle 16.

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