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IL COMMENTO AL VANGELO

Gesù e l’intelligenza dei discepoli

Un brano di Luca invita a vivere la fede con consapevolezza e lungimiranza, affrontando le sfide della vita quotidiana con astuzia e discernimento senza rinunciare ai valori morali

Don Paolo Arienti

21 Settembre 2025 - 05:05

Gesù e l’intelligenza dei discepoli

Mani che si aprono verso la luce evocano l’apertura alla fede, all’amore e alla scaltrezza illuminata

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
(Lc 16,1-13)

Dopo la pausa di domenica scorsa, legata alla contemplazione del mistero della croce tramite un notissimo brano di Giovanni, Luca torna a provocarci con un passaggio decisamente ambiguo. Se ricordiamo, il filo conduttore che stava legando i passi domenicali delle comunità cristiane giocava attorno alla libertà del discepolo. Venivano di volta in volta illuminate le condizioni di possibilità per un suo passare oltre, per un suo varcare una porta stretta che richiede leggerezza, sgravamento di zavorre inutili… appunto libertà.

Intelligenza e scaltrezza
Si potrebbe azzardare che anche il brano odierno si muova sulla stessa lunghezza d’onda. Alla libertà (dalle cose, dal potere e dal fascino idolatrico delle ricchezze) oggi sembra aggiungersi un’ulteriore condizione essenziale per Gesù: l’intelligenza, quasi la furbizia… insomma quella capacità che consente al discepolo di non fare la parte del fesso, del sempliciotto, soprattutto davanti e dentro questioni complesse. La concorrenza, quella esercitata dai “figli delle tenebre”, sembra dirci Gesù, è spietata: questi ultimi sono paradossalmente più acuti, forse perché il male rende scaltri, preparati anche alle conseguenze della violenza e della prepotenza.

Fede e discernimento
I figli della luce, quelli che hanno interiorizzato lo spirito delle Beatitudini e professano l’amore di Dio, rischiano di passare per deboli, come portatori di uno stile di vita non intelligente, remissivo, passivo. Gesù tramite il discorso parabolico che Luca ci presenta, pensa a tutt’altro. Lo dimostra la chiusa del brano che ci riconduce al tema generale della libertà e della decisione da assumere perché essa sia davvero tale: si tratta di un fatto di amore, di affezione, di fedeltà… all’uno o all’altro padrone, al padrone terreno e materiale della ricchezza o al padrone liberante che è Dio stesso.

L’esempio dell’amministratore
Gesù sembra dire che per giungere al bivio, per riconoscerlo e saperlo gestire con coerenza, occorre far propria una certa dose di scaltrezza ed entrare nell’ottica che anche il credente, anche il misericordioso e l’operatore di pace secondo Dio è… intelligente, possiede una visione, ragiona sulle cose e si serve di tutti gli strumenti che ha a disposizione l’essere umano; non derubrica alla sua capacità di pensare; non occupa il posticino dimesso del fesso. Nell’esempio che Gesù porta si evoca un amministratore che opera sconti e che si fa amici con la disonesta ricchezza. Moralmente discutibile, eppure centrato rispetto allo scopo della parabola che – vale la pena ricordarlo – non è un trattato razionale di etica, ma un racconto paradossale che illumina una verità centrale.

Applicazioni quotidiane
Oggi sarebbe legittimo applicare la stessa richiesta di intelligenza e scaltrezza in tanti altri ambiti di vita. Quante volte i credenti, le chiese, le parrocchie… assomigliano o vengono fatti assomigliare a masse sciocche, incapaci di segni profetici, solo proni o inginocchiati… chiusi nelle sacrestie! Il Vangelo – si dice – è per i semplici. Certamente! Ma una volta che prende casa nei credenti, una volta che viene assimilato come linfa vitale, non si dimostra come un gas narcotizzante, non addormenta le coscienze né accontenta gli animi. Al contrario, provoca alla vita, all’azione, alla dedizione.

La sfida della fede
Più di un secolo fa il celebre filosofo tedesco Nietzsche muoveva un’accusa più o meno simile: dimostratemi – diceva davanti alle chiese, mentre la gente usciva dalle celebrazioni – che avete incontrato la vita. Dimostratemi che siete veri esseri umani e non cadaveri deambulanti. E oggi? Anche oggi la fede richiede l’applicazione dell’intelligenza, perché credere non significa chiudersi in un castello religioso asettico. Quale intelligenza serve oggi davanti alla terribile alternativa tra pace e guerra? Quale intelligenza, quale scaltrezza davanti alle strategie di male che vengono fatte “bere” a chi placidamente pensa a se stesso?

Scelta tra Dio e la ricchezza
Se non si può servire contemporaneamente Dio e la ricchezza, non si può servire contemporaneamente Dio e l’ingiustizia, Dio e l’arroganza, Dio e la prepotenza. A ciascuno il compito di riscrivere la furbizia che Gesù chiede ai suoi oggi. Proprio oggi.

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