Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

UNA VITA IN SCENA

«Sono nato e recitavo», in festa per Cantarelli

Il 16 settembre l’attore cremonese compie 80 anni e si racconta in un libro intervista di Arrigoni

Barbara Caffi

Email:

bcaffi@laprovinciacr.it

04 Settembre 2025 - 05:10

 «Sono nato e recitavo», in festa per Cantarelli

CREMONA - Ottant’anni: un compleanno tondo tondo e quasi altrettanto tempo trascorso in scena perché «sono venuto fuori e già recitavo». Il prossimo 16 settembre per Dario Cantarelli sarà festa grande.

Alle 18, presso la Società Filodrammatica Cremonese (piazza Filodrammatici) sarà presentato il libro intervista Io Dario Cantarelli, curato da Nicola Arrigoni ed edito da cremonabooks. Con l’autore e Cantarelli interverranno anche l’editore Fausto Cacciatori e Paolo Gualandris, direttore del quotidiano La Provincia.

Dal giorno successivo, un rassegna cinematografica al Filo permetterà al pubblico di (ri)vedere alcuni dei film che hanno visto la partecipazione di Cantarelli.

La sua è una storia incredibile - potrebbe uscirne anche un film, volendo -, che il libro di Arrigoni ripercorre inseguendo aneddoti e consegnando alla narrazione un ritmo volutamente poco lineare come è giusto che sia quando i ricordi ricompongono le tessere di un mosaico.

Cantarelli nasce il 16 settembre 1945 a Isola Dovarese, paese che all’epoca contava più o meno duemila abitanti. Dario cresce in una famiglia di donne - il papà e il fratellino muoiono troppo presto - e sono la mamma, la sorella e la zia le prime spettatrici di recite e spettacolini improvvisati in cui spesso sono coinvolti gli altri bambini del paese. «Mi prendevano un po’ per matto. È sempre stato così. Ero un poco quello strano, ma mi trovavo a mio agio a travestirmi», ricorda l’attore, che dagli armadi e dai cassetti di casa recupera per le sue messinscene gonne e scialli, qualche camicetta e altri indumenti che sono ovviamente da donna.

Il debutto vero e proprio è all’oratorio, nel 1968, con una commedia che fa sbellicare le suore. È solo l’inizio. Da una parte c’è il ragazzo che prima viene messo in collegio e poi si iscrive alla Punsunà, l’Ala Ponzone, la scuola che garantisce un lavoro immediato. Dall’altra c’è il giovane che continua a sognare il palcoscenico e che appena può si iscrive al Gruppo Studio Teatro di Walter Benzoni.

Il posto fisso alla Pirelli di Pizzighettone corona il sogno della famiglia, ma non quello di Cantarelli, che a 27 anni fa una pazzia: si licenzia, molla tutto e parte per Roma. In tasca ha 50mila lire e una lettera di Domenico Negri, attore del Gst e poi critico per «La Provincia», per Erio Magnani, amministratore del Teatro di Roma.

Non è solo nelle favole che i sogni si avverano. Può succedere anche a un ragazzo di Isola che ancora adesso, quando può, si rifugia nel dialetto, che è lingua materna e lingua dell’Io più profondo. Può succedere anche a un giovane pieno di speranze, che arriva a calcare i tappeti rossi dei festival internazionali, ma non disdegna di andare ad applaudire il saggio dei ragazzini di una scuola media. I sogni si avverano, sì.

In quei primi anni Settanta ricchi di fermenti sociali e culturali, Cantarelli entra nella compagnia di Carlo Cecchi e da quel momento entra a far parte a buon diritto della storia del teatro.

Il testo raccolto da Arrigoni (che oltre a essere il critico teatrale de «La Provincia» è, tra l’altro, nella giuria dei premi Ubu) racconta di rapporti professionali importanti e di amicizie profonde con Valeria Moriconi, Elsa Morante, Glauco Mauri, Egisto Marcucci, Nicola Piovani, Marcello Bartoli, Giancarlo Cobelli e molti altri ancora.

«Il teatro per Cantarelli è, da subito, vocazione, una necessità tanto da dedicargli non solo l’intera esistenza, ma anche sacrificargli ogni altra forma d’arte espressiva», scrive Arrigoni. Ed è verissimo anche se «il teatro è la moglie e il cinema l’amante», ripete spesso Cantarelli.

Dario ha lavorato con Marco Bellocchio, i fratelli Vittorio e Paolo Taviani, Paolo Sorrentino (con cui ha girato La grande bellezza, film Premio Oscar), Pupi Avati, Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti e Gabriele Salvatores, in parti talvolta piccole ma sempre luminose e illuminanti.

Però è soprattutto a Nanni Moretti che ha legato il suo nome e la sua carriera. La loro è «un’unione che va al di là del tempo e dei film e che è nata immediatamente sotto il segno di una familiarità smaccata, di una fascinazione reciproca che solo le amicizie vere sanno rendere non momentanea, ma coltivare e far crescere nel tempo». Da Sogni d’oro a Bianca, da La Messa è finita a La stanza del figlio fino all’apoteosi di Habemus Papam, dove Cantarelli - interprete nel finale di un piano sequenza che toglie il fiato - è coprotagonista al fianco di Michel Piccoli.

Soddisfatto, dopo una vita di lavoro? «Non amo i bilanci, ma a una certa età arrivano, inevitabilmente. Credo in ogni mio ruolo, di aver cercato sempre di dare il massimo per rispetto del mestiere, dei colleghi e in fondo anche di me stesso», risponde. E non potrebbe essere altrimenti.

Da ‘Bianca’ a ‘La grande bellezza’. E al Filo la rassegna ‘Caro Dario’

Si intitola Caro Dario e prende in prestito la locandina del film di Nanni Moretti, Caro Diario. «È bastato cancellare la i per condividere l’affetto per Cantarelli con la sua lunga storia morettiana», raccontano Giovanni Schintu e Luca Beltrami del Filo, lanciando la rassegna che vuole rendere omaggio all’attore cremonese che il 16 settembre compirà 80 anni.

«Non si poteva che iniziare con Bianca, il film in cui Cantarelli interpreta il ruolo del preside del liceo Marilyn Monroe — spiegano —. L’appuntamento sarà il 17 settembre alle 20.30. Interverranno Dario Cantarelli insieme a Nicola Arrigoni, autore del libro intervista Io Dario Cantarelli, e il regista Antonio Capra. Se tutto andrà come promesso, avremo un collegamento telefonico con Nanni Moretti, impegnato in questi giorni a girare il suo ultimo film a Torino. È stato proprio Moretti a plaudire all’iniziativa e a concederci i film per la rassegna. Il 15 proietteremo La Messa è finita, mentre il 12 novembre Habemus Papam dove Dario Cantarelli regala una prova davvero magistrale che coniuga sapienza cinematografica e arte teatrale. La rassegna non poteva che concludersi con La grande bellezza di Paolo Sorrentino il 17 dicembre».

«In questo modo vogliamo festeggiare con Dario i suoi ottant’anni e ripercorrere con lui l’oltre mezzo secolo di carriera sul set e sul palcoscenico. E poi rivedere alcuni suoi film sul grande schermo sarà un’emozione e non solo per i morettiani di prima data», concludono Schintu e Beltrami.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400