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L'ANNIVERSARIO

Aldo Protti, un cremonese fra i grandi

Domenica ricorrono i 30 anni dalla morte del baritono. Interpretò Rigoletto 148 volte, ma non amò solo Verdi

Mariagrazia Teschi

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mteschi@laprovinciacr.it

08 Agosto 2025 - 12:48

Aldo Protti, un cremonese fra i grandi

Sotto il titolo Aldo Protti con la moglie Masako Tanaka e i figli Takayuki Aldo e Takanori Bruno

CREMONA - L’anima popolare, il suo essere sempre con la gente, l’orgoglio di essere arrivato fra i grandi contando solamente sulle sue doti: nella Cremona che si nutriva di musica lirica Aldo Protti era semplicemente ‘Aldo’, uno dei più grandi cantanti lirici cremonesi di sempre e – in assoluto – uno dei maggiori baritoni del ventesimo secolo. Ha calcato i maggiori palcoscenici del mondo ed è stato protagonista di produzioni operistiche entrate nella storia.

«La sua figura di artista non è stata (e non è) celebrata come meriterebbe, forse perché le sue origini popolari l’hanno indotto a ‘sporcarsi le mani’ anche in teatri di provincia, tra una recita e l’altra alla Scala di Milano e all’Opera di Vienna, ma soprattutto perché le sue idee politiche manifestamente di destra non l’hanno certo favorito in anni in cui la politica culturale italiana era appannaggio della sinistra, come ha sovente sottolineato nei suoi scritti anche Evelino Abeni, che non può essere certo accusato di essere un pericoloso fascista», scriveva su queste colonne Roberto Codazzi in occasione del 25º della scomparsa. Il 19 luglio sono caduti i 105 anni della nascita di Protti, domenica ricorrerà il 30º della sua scomparsa.

Protti con Maria Callas in Andrea Chenier alla Scala nel 1955


Aveva debuttato nel 1948 al Teatro Pergolesi di Jesi nel barbiere di Siviglia, due anni dopo sarà alla Scala con Aida (al suo fianco Maria Callas, anche lei al debutto scaligero), trampolino di lancio di una carriera internazionale che lo porterà nei più importanti teatri del mondo. «L’artista cremonese — che si sarebbe affermato, nel corso di oltre un quarantennio, come uno dei più grandi interpreti del repertorio operistico verdiano — nacque artisticamente come interprete del più famoso personaggio rossiniano: Figaro, l’intraprendente e vulcanico protagonista de Il Barbiere di Siviglia», ricorda Abeni nel suo libro ‘Aldo Protti e i suoi personaggi’.

«Lo cantava con facilità, ma non lo amava particolarmente, non sentendosi pienamente coinvolto sul piano interpretativo. Doveva molto recitare questo personaggio, del quale avvertiva la profonda diversità rispetto alla sua vocazione verdiana. Il Barbiere di Siviglia è rimasta, peraltro, l’unica opera di Rossini a far parte del repertorio interpretativo di Protti, per tre volte interprete anche nel nostro Ponchielli».

Aldo Protti nei panni di Rigoletto in scena con Luciano Pavarotti

Rigoletto invece lo ha interpretato 418 volte e per lunghi anni questo ha costituito un vero e proprio primato mondiale, prima che Leo Nucci – in tempi recenti – arrivasse a superare quota 500. Per descriverne la carriera artistica bisognerebbe «mettere in fila una serie di aggettivi, per lo più al superlativo» e una serie di numeri che testimoniano l’eccezionalità del suo percorso artistico. Aveva in repertorio 52 opere di cui 47 interpretate nei teatri lirici e in trasmissioni radiofoniche della RAI. Ha cantato in circa duemila recite operistiche e in trecento concerti.


A soli cinque anni dal debutto, il baritono cremonese si era già affermato nel mondo del melodramma in un momento in cui «erano protagonisti delle scene operistiche nomi importanti nel campo dei baritoni: Carlo Tagliabue, Gino Bechi, Tito Gobbi, per citarne alcuni particolarmente significativi» e aveva cantato nei templi della lirica: l’Arena di Verona e la Scala, al teatro dell’Opera di Roma nelle manifestazioni celebrative del Cinquantenario della morte di Giuseppe Verdi, alla radio nei famosi Concerti Martini e Rossi.

Particolarmente fortunata la collaborazione con Herbert von Karajan alla Staatsoper di Vienna, sarà poi a fianco dei più celebri maestri e dei più grandi cantanti del suo tempo, ‘agganciando’ «anche quelli della generazione precedente alla sua e che avevano dominato i teatri lirici già negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, come Beniamino Gigli, Giacomo Lauri Volpi, Maria Caniglia e Tancredi Pasero».

Amava soprattutto Verdi ma ciò non gli ha impedito di raggiungere esiti entusiasmanti per le sue interpretazioni di Tonio nei Pagliacci di Leoncavallo, Scarpia nella Tosca di Puccini, Barnaba nella Gioconda di Ponchielli, Gérard nell’Andrea Chénier di Giordano, Gianciotto nella Francesca da Rimini di Zandonai, Escamillo nella Carmen di Bizet, Riccardo nei Puritani di Bellini. Nulla era dovuto al caso, Protti era rigorosissimo e tenace nello studio.

Protti in un ritratto privato 

I sacrifici compiuti in gioventù erano uno stimolo continuo «alla ricerca del meglio delle interpretazioni ed anche dopo aver abbandonato l’attività in teatro aveva un atteggiamento severo nei confronti dei pressapochismi con cui talvolta si faceva l’opera lirica». Una carriera di prim’ordine, quella di Protti: «Ricordandola nei suoi aspetti fondamentali, poco dopo la sua scomparsa, scrive ancora Abeni, «Aldo me ne parlava senza vanteria, ma con il giustificato orgoglio di chi sapeva di avere dato tanto al melodramma e di essere stato ripagato con grandissime soddisfazioni, tanto da occupare un posto particolarmente significativo nella sua storia».


Dà l’addio alle scene nel 1989 con una recita di Nabucco a Roncole Verdi, davanti alla casa natale del maestro, nell’ambito del Verdianeum Festival che aveva contribuito ad organizzare. Canta l’ultima volta in pubblico il 15 luglio 1995, poche settimane prima della morte, a Lastra a Signa, vicino a Firenze, in occasione del conferimento del premio intitolato a Enrico Caruso. «Aveva 75 anni, ma chi era presente alla manifestazione giura che la voce del baritono cremonese fosse ancora bella come un tempo».

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