L'ANALISI
10 Gennaio 2025 - 10:52
La piccola Rosalba, mamma Adriana, papà Aldo e nonna Rosalinda
CREMONA - C’è, in sintesi, la sua prestigiosa carriera artistica, ma c'è soprattutto un ritratto familiare del baritono cremonese Aldo Protti (1920-1995) nel volumetto di una trentina di pagine intitolato Ricordi di mio padre, edito da Fantigrafica. Lo firma Rosalba Protti, figlia adottiva di Aldo e della sua prima moglie Adriana Verzellesi, e ha curato la pubblicazione Antonio Beltrami, appassionato di musica lirica e autore, negli scorsi anni, di diversi libri su personaggi, istituzioni ed attività che hanno contrassegnato la storia contemporanea della nostra città e provincia.
Beltrami ricorda, nella presentazione, di aver nutrito, fin dall’adolescenza, un’autentica ammirazione per Protti, poi incontrato nel 1955, e di avere conosciuto in tempi più recenti la figlia Rosalba. I cui scritti, raccolgono «ricordi affettuosi» e aneddoti di vita «in una famiglia sicuramente eccezionale, ma altresì accogliente e generosa», quella – scrive citando Franco Mannino – di un artista che «pur essendo grandissimo, era l’uomo più umile e buono di questa terra».
Rosalba Protti, in queste pagine arricchite da fotografie dell’archivio privato che illustrano tanto la vita familiare quanto le interpretazioni liriche di Protti nei teatri internazionali, incomincia con il raccontare se stessa, affetta da sordità fin dalla nascita, a Crema, e adottata quando aveva sei mesi dai coniugi Protti, che la prelevarono da un orfanotrofio gestito dalle suore, grazie all’intermediazione del medico ginecologo Gino Lupi. Accanto al padre e alla madre, Rosalba ricorda altre persone della famiglia alle quali si affezionò, come lo zio Bruno, fratello di Aldo, e la nonna paterna Rosalinda.
Fra i personaggi resi sulle scene dal baritono, il preferito di Rosalba «era quello di Rigoletto nell’omonima opera verdiana. Mi divertiva la sua interpretazione, anche fisica, del personaggio, il suo modo di muoversi e di atteggiarsi, davvero fantastico. Purtroppo non ero in grado di sentire la sua voce, avvertivo unicamente delle vibrazioni». Protti era anche un appassionato sportivo (dalla ginnastica artistica al motociclismo al motoscafo), portava con sè la figlioletta alla Mac in riva al Po, e fu il modello di Rosalba per la sua carriera atletica di podista dal 1974 al 1992 (divenne anche campionessa italiana nei 1.500 metri e conseguì un Record mondiale ed europeo nella pista per sordi).
Quando si alterava, Aldo Protti, «diventava rosso in viso, alzava il tono della sua voce potente, si esprimeva in dialetto e batteva i pugni sul tavolo», ma era, in realtà, un uomo «buono e un padre affettuoso, allegro, gioioso e generoso». Potendo, accompagnava volentieri Rosalba a scuola, prima dalle Canossiane, poi alla Beata Vergine. Non manca il ricordo degli amici del padre, nell’arte e nella vita, da Mario Del Monaco a Carlo Bergonzi, da Giuseppe Modesti a Leo Nucci, da Renata Tebaldi a Maria Callas, con la quale condivise più volte il palcoscenico della Scala a Milano.
Fra i cremonesi anche Giuseppe Gemmi, presidente del club Amici della lirica, il critico musicale Luciano Panena e il recentemente scomparso Evelino Abeni, ampiamente citato nella bibliografia, e con il quale le idee politiche opposte mai inficiarono l’affettuosità dei rapporti. Chiude il volumetto la testimonianza di Luciano Pavarotti, che debuttò a fianco di Protti nei Puritani al teatro Bellini di Catania nel 1968, raccolta da Roberto Codazzi in occasione della morte del baritono cremonese: «Era un grandissimo professionista e un grande uomo. Geloso di nessuno, aiutava sempre tutti. In teatro non parlava mai male di nessuno ed era felice quando cantavano bene gli altri. Anche per questo era un personaggio raro, anzi unico nel panorama teatrale».
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