L'ANALISI
04 Giugno 2025 - 12:07
Nel riquadro Gilles Bachelet e la mostra Voilà
CREMONA - Gilles Bachelet, nato nel 1952 a Saint-Quentin, nel nord della Francia, è uno dei più importanti autori e illustratori contemporanei. Nella sua carriera ha lavorato per la stampa, la comunicazione e la pubblicità, prima di approdare all’editoria per ragazzi. Ha scritto e illustrato decine di albi, tradotti in tutto il mondo. Si è fatto conoscere anche in Italia con Il mio gatto è proprio matto (edito da Il Castoro) a cui è dedicata una serie di tre storie. Ha poi pubblicato Napoleon Champignon (Motta Junior), La signora Coniglio Bianco (Rizzoli). Ha vinto il Premio Andersen con Il cavaliere Panciaterra e il Premio Orbil per Una vacanza da unicorni (Terre di mezzo). Attualmente vive e lavora a Parigi. Fino a domenica oltre duecento opere originali di Bachelet sono esposte al Museo del Violino, come sezione speciale di Voilà. 20ª Mostra internazionale di illustratori contemporanei, organizzata dall’Associazione Tapirulan con la collaborazione del Comune di Cremona.
Come è nata la passione per il disegno?
«La vocazione per l’illustrazione è nata tardi. Mio padre, che era un pittore, aprì una scuola di disegno per bambini nel villaggio dove abitavamo. Da piccolo ero obbligato a frequentare le sue lezioni, che erano un po’ troppo accademiche e non riuscirono a farmi appassionare al disegno. Anche da ragazzo volevo in realtà diventare veterinario, ma non ero portato per le materie scientifiche e non riuscii a entrare nella facoltà di Veterinaria. Solo allora cominciai a interessarmi al disegno e senza avere le idee particolarmente chiare mi buttai sugli studi artistici. Al termine degli studi ho iniziato subito a collaborare con la stampa periodica, sia per adulti che per ragazzi».
Ci racconti dei suoi esordi professionali, come sono avvenuti?
«Ero ancora uno studente quando ebbi l’occasione di sottoporre alcuni miei disegni a Philippe Weisbecker, che insegnava nella scuola che frequentavo, l’École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs. Anche se in realtà non era un mio insegnante, egli aveva buone conoscenze nel mondo dell’editoria periodica e mi diede subito alcuni indirizzi a cui rivolgermi. In pratica mi ha aperto la sua rubrica... Di lì a poco avevo già diversi appuntamenti con i referenti di Okapi, L’Expansion, Lire, Marie Claire e qualche altro giornale. Fu il mio passaporto per i successivi venticinque anni di professione. Con Marie Claire in particolare ho collaborato per oltre vent’anni affrontando argomenti di tutti i tipi: società, salute, sessualità, economia, oroscopi, insomma tutto quello che si può trovare in una rivista di quel tipo, a eccezione delle immagini di moda che non sono capace di fare».
Per diversi anni ha lavorato soprattutto per giornali, riviste e pubblicità, i libri illustrati ancora non le interessavano?
«Negli anni ’70 avevo iniziato alcuni progetti di albi per bambini senza mai portarli a termine ed ero giunto alla conclusione di non essere in grado di scrivere una storia da solo. Ma a volte capitava che un editore, dopo aver visto i miei disegni su una rivista, mi offrisse un testo da illustrare. Non ho mai ricevuto testi di cui mi sia innamorato veramente, tuttavia il desiderio di fare qualcosa di un po’ più duraturo delle immagini per i magazine mi ha fatto accettare alcune di queste esperienze, che però mi hanno sempre lasciato insoddisfatto».
Come ha iniziato allora a pubblicare libri suoi?
«Nel 2001 c’è stata una svolta nella mia vita: la condizione di illustratore freelance cominciava a pesarmi seriamente, ma in seguito a un annuncio trovai un posto come professore di illustrazione all’École Supérieure d’Art di Cambrai. Per me è stata un’opportunità per cambiare completamente il mio modo di lavorare. Avere uno stipendio modesto ma regolare mi ha restituito la libertà che non avevo con i lavori su commissione, e così da lì in avanti li rifiutai tutti per dedicarmi completamente a scrivere e illustrare i miei libri».
E quasi subito è arrivato il grande successo de Il mio gatto è proprio matto. Com’è nata l’idea per questo libro?
«Il punto di partenza per la storia è stato il mio gatto Réglisse, che all’epoca avevo appena adottato. Pesava quasi 10 chili (poi l’ho messo a dieta), era adorabile ma stupido. Arrivato a casa, la prima cosa che ha fatto, dato che era un gatto pulito, è stata quella di usare la lettiera che avevo preparato per lui, ma siccome era enorme non si accorse che gli sporgeva il posteriore, così i suoi bisogni finirono sul pavimento. Fu la piccola scintilla che diede inizio a tutto il resto. Cominciai ad annotare il suo comportamento su un quaderno. Sullo stesso quaderno, ma senza che vi fosse alcun collegamento, scarabocchiavo come passatempo dei piccoli elefanti. L’accostamento dei due mi divertiva e così mi è venuta l’idea di rappresentare il mio gatto come un elefante. Visitando la mostra si nota anche una certa passione per gli animali (in particolare elefanti e conigli), i funghi e le carote... Mi piace inserire alcuni oggetti feticcio nelle mie immagini. La carota è diventata una piccola firma in ognuno dei miei libri. Un po’ come faceva con le sue lische di pesce Jacovitti, un artista italiano che ammiro molto. Inoltre non sono per niente portato a disegnare personaggi umani. Disegnare i bambini in particolare è una cosa che non so proprio fare, mi sento più a mio agio con gli animali».
E con i funghi ha inventato Napoleon Champignon, che compare anche nel manifesto della mostra. Ci racconta qualcosa di questo bellissimo libro?
«Per diversi anni ho lavorato con Patrick Couratin, che purtroppo non c’è più ma è stato un grande amico oltre che editore. Pranzavamo insieme quasi tutti i giorni, parlavamo di tutto e, per fortuna, non solo di libri. Un giorno mi disse: «Sarebbe divertente fare un libro su Napoleone, ma con gli animali al posto degli uomini». Non ero convinto, ma iniziai a lavorare sul personaggio di Napoleone e, semplicemente, il suo cappello mi ricordava un fungo: così è nato il libro Napoleon Champignon. Vivo in città da molto tempo, ma ho sempre amato raccogliere funghi. Ci andavo da bambino e ci torno ogni volta che ne ho l’occasione. Adoro tutto dei funghi: raccoglierli, disegnarli, cucinarli e mangiarli».
Qual è l’aspetto più importante del suo lavoro di autore e illustratore?
«Il mio obiettivo è quello di creare storie divertenti, dopo di che cerco ovviamente di raccontarle con disegni il più possibile gradevoli dal punto di vista estetico, ma principalmente mi piace che le persone si divertano».
Entrando nella sala della mostra che sensazione ha provato vedendo raccolti così tanti suoi disegni?
«Sono rimasto incantato dal bellissimo spazio e dall’allestimento della mostra, anche gli ingrandimenti dei miei disegni mi hanno stupito molto. E poi mi è rimasta nel cuore la magnifica accoglienza durante l’inaugurazione con tutte le persone che indossavano le orecchie da coniglio e le carote da sgranocchiare... Una meraviglia»!
La mostra di Gilles Bachelet che ripercorre tutta la sua carriera, è una sezione speciale della mostra Voilà, in cui sono esposti 52 autori internazionali selezionati attraverso l’annuale concorso di Tapirulan. L’edizione di quest’anno si diffonde anche in altri due luoghi della città: il Museo Archeologico ospita la mostra The winner is, dedicata a tutti i vincitori delle passate edizioni; presso lo Spazio Tapirulan (corso XX Settembre) si può visitare la quarta e ultima mostra, la personale di Jacques & Lise, vincitori dell’ultima edizione del concorso.
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