L'ANALISI
CREMONA CITTÀ D'ARTE
16 Marzo 2025 - 19:25
Gilles Bachelet con Fabio ‘French’ Toninelli (FOTOLIVE/Paolo Cisi)
CREMONA - Sul suo telefono alla voce ‘chat’ (gatto) risponde il figlio, ha un gatto di nome Souris (topo) e il suo personaggio più famoso è un micione ingombrante come un elefante: Gilles Bachelet è un illustratore di libri per l’infanzia amato dai bambini (e dagli adulti) di mezzo mondo. Ospite speciale della mostra Voilà - organizzata da Tapirulan e aperta da sabato al Museo del Violino -, Bachelet si è raccontato a ruota libera, incalzato dalle domande di Fabio ‘French’ Toninelli, impeccabile in un completo ciclamino e con indosso una tuba che piacerebbe al Cappellaio matto di Alice.
«Ho cominciato tardi a disegnare e ho cominciato tardi a illustrare libri», ammette. Figlio di un pittore, Gilles ha da ragazzino una sorta di rigetto nei confronti di tutto ciò che è arte, salvo scoprire la pittura a scuola, verso i 18-19 anni. È un colpo di fulmine, un professore gli fa amare l’acquerello, «una tecnica che ti obbliga a essere perfetto perché è molto difficile ritoccare eventuali errori. Quando ho cominciato - spiega - non c’era il digitale e in seguito ho usato Photoshop solo per esigenze editoriali».
Ma siamo ancora nella prima vita di Bachelet, che lo ha visto lavorare nell’editoria e in pubblicità, soggetto a commissioni precise e date di consegna inderogabili. Alla soglia dei cinquant’anni, ha voltato pagina ed è cominciata la sua seconda vita, quella vera. E ha cominciato a dare vita ai personaggi strambi e un po’ surreali che affollano i suoi libri dedicati ai bambini. O agli adulti, che riconoscono le tantissime citazioni dall’immaginario visivo e artistico o che ne intuiscono l’erotismo sottotraccia. È il caso delle storie di Hôtel des voyageurs (Hotel dei viaggiatori, tra i più comuni nomi di albergo in Francia), in cui i protagonisti sono cuscini più o meno avvinghiati.
«Quando mio figlio aveva 5 o 6 anni - ricorda - nelle tavole vedeva solo delle battaglie di cuscini, mentre tempo dopo un suo amico di 13-14 ha notato che quelle lotte potevano indicare anche scene di sesso». Bocciata la traduzione italiana dell’albo - Il Kamasutra morbido - e bocciato anche il titolo del libro più famoso di Bachelet: Il mio gatto è proprio matto, versione italiana del più impietoso Mon chat le plus bête du monde originale, dove per bête si intende stupido. Il personaggio - un elefante inconsapevole della sua mole - nasce da un gatto vero, tanto gigantesco quanto tonto.
«Non stava neppure nella lettiera - dice Bachelet - e faceva la cacca di fuori». Tra gli altri personaggi usciti dalla creatività Bachelet, c’è Madame Le Lapin Blanc: è la moglie del Bianconiglio, avrebbe ambizioni femministe ma ha una pletora di figli, un marito distratto e sempre in ritardo e perciò affoga nei lavori domestici i suoi sogni di emancipazione. E che dire di Napoleone Champignon? «L’idea - spiega Bachelet - mi è venuta dal cappello di Napoleone, l’ho immaginato come un fungo». Così l’Empereur e il suo esercito, nelle pagine di Bachelet, vivono in un mondo fatto di funghi. La guerra dovrebbe farla anche il Cavaliere Panciaterra, ma ogni scusa è buona per rimandare.
«È un personaggio molto divertente - interviene Toninelli, presidente di Tapirulan -, è impossibile non immedesimarsi. Quanti di voi sono procrastinatori? Ecco: leggete la storia di Panciaterra e direte: ‘ma quello sono io’». Il cavaliere dovrebbe andare in battaglia, ma ogni mattina al risveglio fa colazione, poi saluta moglie e figli e quando arriva al campo di battaglia è ora di pranzo e poi c’è da fare il riposino e in un attimo è sera e il giorno dopo tutto ricomincia dall’inizio».
Bachelet snocciola altri aneddoti, il pubblico è curioso. «La tazza di camomilla sul comodino e le parole crociate prima di dormire sono un ricordo di mio papà», ammette. E ancora: «Il momento più difficile del lavoro è quando devo pensare a una storia, una storia lunga che regga un albo, non solo qualche episodio. Il momento più bello, invece, è quando coloro. Quello è il mio mondo, mi sento bene, là je suis à mon aise».
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