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TRAGEDIA DI EMIGRAZIONE E GUERRA

Il suonatore di violino annegato nel naufragio

Ettore Feraboli, originario di Pessina, tra le vittime cremonesi. Viveva a Londra dagli anni ’20

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

01 Gennaio 2025 - 14:05

Il suonatore di violino annegato nel naufragio

Ettore Feraboli con la figlia Graziella, dietro l'Arandora Star

CREMONA - Era un bravo violinista, Ettore Feraboli. Si era innamorato della musica da bambino e da allora talento e passione lo avevano guidato. Feraboli è una delle vittime cremonesi del siluramento dell’Arandora Star. Con lui, in una tragica giornata di luglio, morirono anche Carlo Bissolotti, 40 anni, di Soresina; Gaetano Fracassi, 64 anni di Pescarolo; Battista Piloni, 43 anni, di Crema; Petracco Rivaldi, 61 anni, di Cremona. Feraboli aveva 55 anni ed era di Pessina Cremonese. Quattrocentoquarantasei le vittime italiane, circa ottocento il numero complessivo dei morti in una tragedia assurda, prima strage di civili del secondo conflitto mondiale.

Ettore Feraboli (© Archivio famiglia Feraboli)

PASSIONE PER LA MUSICA

Non era stato facile per Ettore. Nato nel 1885, aveva studiato in un collegio di città prima di frequentare il conservatorio di Milano. Si era diplomato con il mitico Ariodante Coggi - cremonese di nascita e bustese d’adozione -, primo violino al Teatro alla Scala sotto la guida di Arturo Toscanini. Per un po’ Ettore aveva lavorato a Milano, poi si era spostato in Belgio e infine in Gran Bretagna, a partire dai primi anni Venti del secolo scorso. Londra era diventata la sua città. Si sentiva italiano, certo. Ma anche un po’ inglese. A Londra suonava in un’orchestra da camera che si esibiva regolarmente al Waldorf e al Russell, hotel frequentati dal bel mondo. E poi aveva aperto uno studio in cui insegnava ad amare la musica e a suonare il violino ai ragazzini.

Era una persona perbene, Ettore Feraboli. Amato, apprezzato e stimato dalla comunità italiana che viveva a Londra, ma anche dai tanti inglesi con cui negli anni era entrato in contatto. Era anche un buon marito, Ettore Feraboli. E un buon padre, un ottimo padre. Nel 1923 aveva sposato Tina Morini, una giovane pianista fiorentina che il lavoro aveva portato a Londra. Due anni dopo, il 6 gennaio del 1925, era nata Graziella, la loro unica, amatissima figlia. Anche Tina suonava e insegnava musica e animava la Casa del Fascio, un bell’edificio a pochi passi da Trafalgar Square dove si riuniva buona parte della comunità italiana.

Non erano fascisti Ettore e Tina, non hanno mai preso la tessera del partito nazionale fascista e oltretutto avevano lasciato l’Italia prima che Mussolini arrivasse al potere. Ma la Casa era un punto di riferimento per molti, ospitava concerti e attività culturali e ci andavano in tanti. Erano felici, Ettore e Tina. Graziella cresceva a vista d’occhio e loro vivevano di musica, nella musica e per la musica. Tutto si incrina però nell’autunno del 1939, quando comincia la guerra.

Graziella, come molti bambini e ragazzi londinesi, viene allontanata dalla capitale ritenuta pericolosa. La mandano a Portsmouth, studia in un collegio di suore. A Londra, intanto, si ripetono gli allarmi aerei, cominciano i razionamenti e anche il tè diventa un lusso. La National Gallery viene chiusa, i quadri trasferiti in Galles anche se all’ora di pranzo ogni giorno una pianista tiene un concerto. Anche in tempo di guerra la vita continua e anche Ettore e Tina vanno avanti. Sono italiani, si sentono inglesi.

Una cabina dell’Arandora Star quando era una nave da crociera

LE DECISIONI IRREVOCABILI

Anche l’Italia, tuttavia, entra in guerra. Il 10 giugno del 1940 Mussolini si affaccia al balcone di palazzo Venezia e annuncia che «l’ora delle decisioni irrevocabili» è arrivata. Il giorno successivo, due poliziotti in borghese bussano a casa Feraboli. Sono le 6.30 del mattino, i due agenti - ricordati come gentili ed educati - chiedono al capofamiglia di raccogliere le sue cose in una valigetta e di seguirli. Ettore Feraboli, come tutti gli italiani residenti in Gran Bretagna, è considerato un ‘enemy alien’, nemico in quanto straniero.

Non importa da quanto tempo sia residente a Londra, cosa faccia e cosa pensi. Ettore è inghiottito nel nulla e nessuno della sua famiglia lo vedrà più. La decisione di Winston Churchill è drastica: chi proviene da Paesi che hanno dichiarato guerra alla Gran Bretagna deve essere imprigionato o internato e successivamente trasferito in Canada in un campo di internamento fino alla fine del conflitto. Si organizzano le spedizioni navali e paradossalmente i primi italiani a partire sono i fascisti veri, a cominciare dai diplomatici e dagli addetti al consolato, imbarcati su una nave con i simboli della Croce rossa ben evidenza.

Una lettera scritta da Feraboli ai vicini di casa

«PAPÀ NON È PIÙ A CASA»

Graziella intanto è rientrata subito da Portsmouth e già a Victoria Station la mamma non le nasconde la verità: «Tuo padre non è più a casa», le dice. «La mia casa era vuota - ricorderà Graziella a Maria Serena Balestracci, autrice di Arandora Star, il libro più intenso ed esaustivo sulla tragedia -, senza papà, mia madre non aveva risposte certe». La ragazzina sale nello studio di papà dove il tempo si è fermato: «C’era ancora la sua giacca attaccata alla porta. Come se fosse uscito solo per rientrare subito. L’ho presa in mano, ho pianto, ho rivisto tutte le sue cose. Da quel momento, è stato come un addio prima del tempo».

Passano poche settimane e si compie la tragedia. Le notizie sono incerte, le autorità inglesi non sanno cosa dire o più probabilmente non vogliono. Mamma e figlia vanno più volte al War Office, fino al giorno in cui vengono ricevute: «Un funzionario - ricorderà anni dopo Graziella a Balestracci -, seduto ad una scrivania, consultava un elenco e chiedeva il nome o il numero del prigioniero. Ci chiese il nome e il numero dell’internato, consultò l’elenco e freddamente disse: ‘Ettore Feraboli, n. 58123: missing, presumed drowned’». «Con tutta la rabbia che un’adolescente può provare alla notizia che il padre era scomparso, mi scagliai contro il funzionario. ‘Che cosa vuol dire questo? Che mio padre è annegato?’ gridai. ‘Lo avete ucciso voi! Perché lo avete fatto?’». Non c’è mai stata risposta, l’Arandora Star e le sue vittime sono scivolate nel mare della dimenticanza.

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